Gli appetiti di Roma: a chi fa gola la Cristoforo Colombo?

Era il 2007 quando la giunta Veltroni chiuse la Fiera di Roma su via Cristoforo Colombo. Motivo? La Capitale doveva essere dotata di un hub all’altezza: più parcheggi, più spazi, più vicinanza con l’Aeroporto Leonardo da Vinci e con il Grande Raccordo Anulare. La nuova Fiera venne costruita un anno prima, siamo nel 2006 dunque, sulla Roma-Fiumicino, capienza trentamila persone, 13 sale meeting. Costo 335 milioni, con la firma dell’architetto Tommaso Valle, figlio di Cesare chiamato in causa solo per ragioni di prossimità con il delitto Cesaroni in via Poma. Peccato che la struttura presenti ancora numerosi problemi. A parte le erbacce e una sequenza di discariche a cielo aperto, c’è dell’altro. Le perizie tecniche del Tribunale di Roma effettuate a marzo 2023 parlano di “cedimenti di consolidazione e difettosa impermeabilizzazione per errore di progettazione strutturale con posa in opera di rinterro in sabbia». Allarmismo? Vedremo. Certo, qualcosa purtroppo non funziona.

E la vecchia Fiera di Roma? Caduta in disgrazia da 17 anni, oggi ospita soltanto il Museo (mai accessibile) delle auto storiche della Polizia. All’interno oltre gli stand in rovina anche un bellissimo Auditorium chiuso da allora. Parliamo di 44mila quadri lungo la via Cristoforo Colombo, un’autostrada a 10 corsie che divide San Paolo/Garbatella/Marconi da Montagnola/Ardeatino/Tor Marancia/Eur. Un’area altamente appetibile visto che dista meno di 3 km dal Circo Massimo, e a meno di 8 da Piazza Venezia, un quasi centro insomma, densamente popolato nonostante i pochi servizi e la scientifica dismissione di alcune eccellenze, come l’Ospedale Cto Alesini.

Dal 2007 questo spazio, che ora cade a pezzi, avrebbe dovuto diventare “città dei bambini”, poi succursale del Teatro di Roma, poi aule e biblioteche per l’Università Roma Tre e soprattutto alloggi per gli studenti ma, è evidente, che le cordate di palazzinari avessero altre mire. Quando in Campidoglio arrivò Alemanno sparirono dal progetto tutte le belle idee, furono cambiate la destinazione d’uso e la variante urbanistica per concedere il 50% agli uffici della Regione Lazio, il 40% a residenze, il 10% a commerciale di vicinato. Sempre Alemanno pensò di inaugurare accanto alla ex Fiera una “cittadella del nuoto”, ma le piscine furono bloccate per vizio di forma dalla Magistratura. Fatto sta che quel quadrante è oggi un monumento al degrado: la ex Fiera che cade a pezzi e a ridosso due olimpionici buchi rettangolari senza acqua, mentre i comitati dei quartieri coinvolti continuano a chiedere attenzione e ascolto contro l’ennesimo sacco di Roma.

Ma oggi ci siamo, l’elefante ha partorito il topolino che sembra parecchio vorace. Il sindaco di centrosinistra Gualtieri ha presentato il rendering prescelto tra i vari progetti presentati in un concorso pubblico. Ad aggiudicarsi la vittoria è l’idea sviluppata da Acpv Architects, Arup, Asset e P’Arcnouveau che prevede l’80 % (oltre 35mila mq) a uso abitativo, di cui oltre 7mila mq vincolati per housing sociale; il 20% (oltre 8.800mq) destinato a uso non residenziale, di cui circa 6.800mq a servizi direzionali e 2000mq a commerciale. Si chiamerà – attenzione – “La città della gioia” come il romanzo di Dominique Lapierre (che, andrebbe ricordato, è però ambientato nella peggiore bidonville di Calcutta).

Quindi altri palazzi (“ma saranno bassi”, dice il Comune) a ridosso dell’autostrada Colombo con tutto lo smog, il rumore e i disservizi che peseranno sui futuri “gioiosi” residenti e con tutto il carico di pressione per gli attuali abitanti.
Case, case, case, macchine, macchine, macchine in un quadrante della città che, per esempio, non dispone di navette per raggiungere agevolmente le stazioni della metro, ha un’unica pista ciclabile in pessime condizioni, ha pochissimi servizi, grosse sacche di marginalità, ha detto addio al suo unico cinema, l’Ambassade, non si occupa del verde (lasciato alla buona volontà di singoli cittadini o Comitati) per fare posto  ad altri palazzi. Vedi il caso devastante di via di Grotta Perfetta, un grande polmone naturale completamente cementificato, come un piccolo giardino all’altezza di via Tiberio Imperatore, dove i pini secolari sono stati letteralmente segati per creare un parcheggio.  Zona che però inizia a fare gola, a giudicare da una serie di inequivocabili segnali: la Rai che sembra si sposti sulla Colombo  (ex palazzo Wind) per la bonifica dall’amianto di viale Mazzini, l’albergo detto “Bidet” in via Costantino, 22 mila quadri di non morbidezza in disgrazia, costruito e abbandonato, pare  venduto per 10 milioni di euro a un magnate dell’alberghiero per il Giubileo, la Foresta Romana, una specie di risposta “de noantri” al Bosco Verticale di Milano.

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