Caracalla e le foto: la magnifica coppia
E poi succede che dopo un caldo asfissiante durato settanta giorni, minuto più minuto meno, a un certo punto la temperatura scende di colpo, e diventa una buona volta possibile andare a vedere Narciso. La fotografia allo specchio, la collettiva allestita all’interno delle Terme di Caracalla, senza paura di stramazzare sotto il sole.
Sta lì da meta maggio, che forse ancora non faceva caldissimo, ma tu l’hai saputo che era già giugno, e dunque aspettavi.
E soprattutto starà lì fino al 3 novembre, e questa è una bella notizia, perché la mostra è molto interessante. E la location, parola adatta alle frotte di turisti in visita, è unica al mondo, ma non per modo di dire.
“Stunning”, la definiscono tra di loro gli anglofoni. Ma pure a chi è di qua, e dunque più aduso, viene fuori almeno un “mamma mia”, a riprova che pure se te lo ricordavi, pure se ti viene in mente ogni volta che ci passi vicino in macchina, stare in mezzo alle enormi rovine di un luogo che Roma dedicava al sollazzo acquatico produce ogni volta un’emozione.
Le foto, per giunta, sembrano fatte per stare lì, offrendo perfino un appiglio di concretezza all’espressione ritrita che chiama splendida cornice ciò che le circonda.
S’era già visto l’anno scorso con la personale dedicata a Letizia Battaglia. Si rivede adesso, con questa esposizione a tema che mette insieme trentacinque fotografi tra cui figura un certo numero di giganti.
È proprio che ci stanno bene, insieme al rossiccio delle rovine, queste immagini quasi tutte in bianco e nero, stampate grandi come si conviene a una mostra di buona caratura, e montate su pannelli di plexiglas semplici e moderni come il blocchetto di cemento che li zavorra. Benissimo. Senza contare l’azzurro là sopra e il verde degli alberi, o di qualche pratarello circostante.
È così da un pezzo: lo è stato decenni fa col cinema alla Basilica di Massenzio, o con l’arte nelle mura a ridosso di Porta Metronia, tanto per richiamare esperienze ormai d’epoca, ma seminali.
Fa piacere perciò immaginare che l’incontro tra Caracalla e le foto diventi una costante, a celebrazione sempre nuova di un’evidenza, e cioè che l’abbinamento tra i resti della Roma imperiale e l’arte di oggi (ma pure il Novecento va benissimo) è coppia come lo sono, per quasi ovvia elezione, burro e alici.
Non cambia, il risultato, all’eventuale mutare delle arti, che pure le grandi sculture di Giuseppe Penone esposte tra 2022 e 2023 traevano dai resti delle antiche terme suggestione aggiunta.
L’importante è tenere alto il livello. Narciso. La fotografia allo specchio dà l’impressione di farlo, sia pure al netto di un’analisi critica che richiederebbe altre competenze.
Per certo la mostra sta dentro il programma che celebra il ritorno dell’acqua alle Terme di Caracalla, anche dette Antoniniane. Da qui Narciso, il giovane invaghito della sua stessa immagine, che proprio nell’acqua vede riflessa, al punto di morire cadendo nel lago che gli fa da specchio.
“Il tema del doppio – recita il pannello che apre la mostra – è inscritto nei meccanismi più profondi della letteratura e delle arti che ne sono state da sempre affascinate per le sue implicazioni antropologiche e psicologiche”.
Ne derivano, fotograficamente parlando, autoritratti con e senza specchio, foto in cui il soggetto si specchia, duplicazioni di volti, triplicazioni e via riflettendo immagini. Nonché, certo, riflettendo “sulle” immagini.
Mito, in senso classico, che alimenta mito, in senso fotografico. Cecil Beaton, Robert Capa, Lisetta Carmi, Robert Doisneau, Frank Horvat, Inge Morath, Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Jeanloup Sieff, Wanda Wulz sono alcuni degli autori esposti, mentre nelle foto campeggiano tra gli altri Andy Warhol, David Bowie, Vittorio Gassmann, Kevin Spacey, Tilda Swinton.
Lei l’ha ritratta, con specchio a tre facce, Fabio Lovino, cui va una menzione speciale per essere l’unico nato a Roma tra i fotografi in mostra. È pure suo, oltre allo specchio, lo scatto che ritrae Nanni Moretti, al tempo di Caro Diario, con opera di Giuseppe Capogrossi sullo sfondo, e sarebbe terno tutto locale se non fosse che il regista è nato a Brunico.
Ma romani si diventa. Dunque lo sono, per contagio col sito ospitante, le foto di questa mostra che si completa con misurate riflessioni scritte e qualche opportuna citazione, tra cui il fondamentale Ovidio delle Metamorfosi.
Divertenti invece i grandi pannelli-specchio in cui chi visita inevitabilmente si rivede e se vuole si fotografa, raddoppio ennesimo – nell’epoca dei selfie – del grande gioco di guardare e guardarsi.
Sono sito statale, le Terme di Caracalla, dunque a quanto pare non c’è per legge possibilità di un biglietto agevolato per chi risiede a Roma. Rimane il fatto che sarebbe bello.