La “finta” di papa Francesco
Con una finta da calciatore, capace di ingannare tutti, anche i compagni di squadra, Francesco se n’andato e sabato verranno celebrati i suoi funerali, con un afflusso di gente in piazza San Pietro che sarà memorabile.
Una sorpresa il suo arrivo dalla “fine del mondo”, una sorpresa la sua partenza da questo mondo, senza però rinunciare di collegare l’inizio con la fine: l’incontro con il popolo con la semplicità del linguaggio dal balcone della loggia centrale della basilica vaticana, l’oramai noto “buonasera”, fino all’ultimo saluto in piazza la domenica di Pasqua, accompagnato dal fido infermiere Massimiliano Strappetti, al suo fianco da tempo ma che in queste ultime settimane era diventato la sua ombra.
“Credi che posso farlo?”, chiede Francesco all’infermiere, che lo ha rassicurato. Insieme il giorno prima avevano fatto il percorso per raggiungere la loggia delle benedizioni dove avrebbe impartito l’Urbi et Orbi e poi il giro in papamobile, con il Papa che ringrazia il suo assistente sanitario personale: “Grazie per avermi riportato in piazza”.
Altrettanto significativa l’uscita del giovedì santo al carcere romano di Regina Coeli, per incontrare i detenuti. Le ultime ore devono essere state difficili, pur con tutta la serenità con cui il Papa ha sempre accettato la morte. Il risveglio per un malore alle 5.35, con l’intervento veloce di chi stava con lui. Più di un’ora dopo l’ultimo saluto a Massimiliano Strappetti, sdraiato sul letto, con un gesto della mano. Poi è entrato in coma, alle 7.35 il decesso.
Tra il coma e il decesso si è tentato qualcosa? Non lo sappiamo.
Un papato lungo 11 anni, segnato da un’energica volontà riformatrice della Chiesa, come se essere arrivato al soglio di Pietro all’età 77 anni gli avesse dato una super dose di vitamine da spendere, per uomo che in sostanza si preparava per andare in pensione. Il biglietto di ritorno era pronto. E nulla, o quasi nulla, aveva portato con sé in valigia.
Invece le cose sono andate diversamente.
Abbiamo così avuto modo di conoscere la testimonianza evangelica di Bergoglio, iniziata nelle villas miseria argentine (costruzione improvvisate, case precarie, insediamenti informali alla periferia della capitale argentina), quel suo desiderio di portare Gesù in strada e farlo uscire dalle sagrestie. Papa Francesco aveva una capacità speciale di stare con gli ultimi, con le persone scartate socialmente, quando stava con loro era felice, si sentiva a casa. Il suo era uno sguardo orizzontale, l’altro si sentiva riconosciuto, e le parole non sono sufficienti per raccontare questo tipo di relazione. La misericordia, la carità, l’amore veniva prima di ogni altra cosa, perché la vita è dura, spesso è una lotta, e la Chiesa è un “ospedale da campo”, che deve curare le ferite.
La dimensione sociale di Francesco che viene dritta dritta dal Vangelo si deve tradurre nel considerare le persone in concreto, non esistono i poveri in astratto, esistono nomi e cognomi, che devono essere toccati, e solo l’amicizia con loro converte il cuore, ed è una grazia per chi ne è coinvolto. Questo non è frutto certamente di spontaneismo, ma anche di organizzazione, sempre però con questo tratto caratteristico, che evidentemente si estendente ai migranti. Se la radice è questa la collaborazione, la vicinanza, e l’amicizia sono cardini di ogni azione sociale, al di là di qualsiasi credo o religione, verso quella fratellanza e sorellanza tra tutti gli esseri umani.
Papa Francesco verrà sepolto nella basilica di Santa Maria Maggiore, come scritto nel testamento da lui redatto, un luogo caro e meta di preghiera per Bergoglio al termine di ogni viaggio pastorale.
In questa scelta c’è la devozione a Maria, che lì prende il nome della Salus Populi Romani, quindi protettrice di Roma, a lei si rivolge il vescovo della città eterna.
La mamma di Gesù è stata per Francesco sostegno, aiuto e consolazione. Ma non solo. Quella giovane donna palestinese, spaventata dall’annuncio dell’Angelo che le dice che sarà madre del figlio di Dio, rappresenta un legame con il tema della giustizia sociale, che stava particolarmente a cuore al Papa che conosce le disuguaglianze tra Sud e Nord del mondo, che ha fatto esperienza degli effetti deleteri del neoliberismo, che sa cosa significa togliere dall’ecologia la questione degli ultimi della terra, i quali pagano le conseguenze ambientali del benessere ricco occidentale.
Infatti la Maria di Papa Francesca assomiglia molto a quella donna, lei stessa, del Magnificat, lì dove dice: Dio “Ha spiegato la potenza del suo braccio, /ha disperso i superbi nei pensieri / del loro cuore; / ha rovesciato i potenti dai troni, /ha innalzato gli umili; /ha ricolmato di beni gli affamati, /ha rimandato i ricchi a mani vuote“.
Vi sono molte altre cose compiute e dette da Papa Francesco, che se fossero scritte una per una, penso che staremmo qui fino a non so quando. Potremmo scrivere delle sue contraddizioni, dei suoi errori, del suo carattere, degli slanci e delle ritirate, dei limiti rispetto al ruolo delle donne nella Chiesa, senza però cogliere il senso profondo di un uomo fedele al Vangelo fino all’ultimo.
Francesco come Mosè ha portato la Chiesa cattolica sino alle soglie della Terra Promessa, l’ha fatta uscire dalla cattività in cui si era ficcata da sola, perché più che arrivare voleva avviare processi, e perché voleva dare un linguaggio moderno alla “sostanza dell’antica dottrina” (Giovannni XXIII). Viva Papa Francesco!
