L’articolo, firmato da Giulia Gigante su FOGLIeVIAGGI, racconta in modo vivace la storia delle comunità di beghine. Donne che, fra XII e XVII secolo, escogitarono una “terza via” fra matrimonio e clausura fondando i béguinage, villaggi recintati dove potevano vivere una relativa autonomia pur rispettando regole religiose; nate per lo più come vedove dei crociati o donne sole, queste comunità si distinsero per solidarietà (assistenza a orfani, poveri e anziani) e furono talmente libere da attrarre perfino accuse di stregoneria.
L’autrice ne descrive anche il fascino architettonico: micro‑città raccolte intorno a un cortile centrale o veri quartieri completi di strade, infermerie, laboratori e persino birrifici, i cui esempi meglio conservati—Bruges, Mechelen e soprattutto il grande béguinage di Lovanio oggi patrimonio UNESCO—offrono ancora atmosfere di quiete nonostante il turismo o l’attuale rifunzionalizzazione (a Lovanio gli edifici ospitano studenti universitari). Il pezzo è interessante perché illumina un modello medioevale di emancipazione femminile ante‑litteram e, insieme, invita a riscoprire luoghi in cui la pietra racconta secoli di utopia sociale e di resilienza architettonica.