Nella Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Povertà, e in vista del Giubileo dei poveri, cronaca e dati Istat rivelano un’Italia sempre più fragile: sfratti, tragedie, quasi 6 milioni in povertà assoluta. È ora di praticare condono dei debiti, cura e diritti.

Mentre il governo Meloni sta per varare una ennesima finanziaria ispirata all’austerità e al riarmo, la cronaca nera e i rapporti Istat ci restituiscono, alla vigilia della Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Povertà, le dimensioni di un’Italia che non riesce più a nascondere sotto il tappeto milioni di vite sempre più povere e precarie. Un Paese sempre più fragile e crudele.
L’8 ottobre, alle porte di Milano, un settantunenne si è lanciato dal sesto piano durante lo sfratto che stava subendo, sei giorni dopo, in provincia di Verona, la miscela tra disagio mentale, emarginazione e povertà è diventata letteralmente esplosiva causando la morte di tre carabinieri e il ferimento di altri 13 membri delle forze dell’ordine.
Quasi 6 milioni di persone versano in condizioni di povertà assoluta ovvero non riescono neppure a far fronte alle spese per i beni e servizi essenziali – cibo, casa, cure, trasporti, istruzione. Quelli messi peggio sono gli stranieri, uno su tre, 1 milione e 800mila persone. E poi ci sono le famiglie di operai e quelle più numerose, o chi ha meno titoli di studio oltre a chi risiede al sud del Paese. La quota di bambini e ragazzi che vivono in povertà assoluta in Italia (13,8% a livello nazionale) peggiora nel Mezzogiorno, dove raggiunge il 16,4%, mentre nel Centro Italia è al 12,1%.
Nei primi otto mesi dell’anno, i casi di infortuni mortali (esclusi gli studenti) denunciati all’Inail sono stati in totale 674. Anche qui a crepare sono troppo spesso lavoratori over 65, ossia lavoratori poveri che non possono andare in pensione e sono costretti ad accettare il ricatto di un’impresa libera di risparmiare sulla sicurezza nei cantieri, nei campi, nella logistica.
I costi elevati delle prestazioni e le liste d’attesa prodotte dai ripetuti tagli causano la rinuncia alle cure per un numero sempre più elevato di persone. Accanto alla povertà assoluta, le povertà relative – situazionale, educativa, energetica, generazionale, urbana, rurale – disegnano un tessuto sociale sempre più logorato da trent’anni di neoliberismo, di retoriche securitarie e di vera e propria guerra ai poveri condotta deformando il senso comune, distorcendo il significato di valori come legalità, decoro, sicurezza che andrebbero declinati alla luce dei principi costituzionali piuttosto che nell’ottica di un liberismo che non altro che la paura da offrire come collante sociale.
Eppure solo cinque anni fa, la pandemia di covid aveva rivelato che i soldi ci sono e che basterebbe liberarsi dai vincoli della trappola del debito, dei patti di stabilità, di quel “pilota automatico” del liberismo che ha immiserito anche la capacità di fare politica.
Ancora quell’esperienza ci aveva dato la possibilità di immaginare e praticare una società della cura. Le reti sociali – Roma è stato un laboratorio formidabile – hanno avuto la forza di attivarsi dal basso per intervenire nell’immediato dell’emergenza, rompendo in molti casi la cappa del distanziamento sociale.
L’irruzione della guerra nel cuore dell’Europa, e poi del genocidio in Palestina con la complicità diretta dei governi occidentali, è stata invece la risposta dall’alto, la controffensiva neoliberale, con la demolizione del diritto internazionale e la ripresa di una guerra ai poveri, all’ambiente e ai territori che in Italia si è sviluppata prima con l’abolizione dell’esperimento del reddito di cittadinanza, poi con la ripresa del definanziamento di istruzione e sanità e l’emanazione di un pacchetto sicurezza che colpisce direttamente il diritto all’abitare, la libertà di movimento e il diritto a esercitare il dissenso.
È il momento di dichiarare guerra alla guerra ai poveri. Il Giubileo in origine serviva proprio a questo: un anno speciale, di grazia e redenzione, nel quale ci si impegna a far riposare la terra, a condonare i debiti, a liberare gli schiavi. Questo mi pare un bel programma minimo per donne e uomini di buona volontà.
