8 Luglio 2025

Il presidente isolazionista, anzi no

Il presidente isolazionista que no fué.

Tre cose su questo bombardamento, sapendo che non ne conosciamo ancora la gran parte dei dettagli.

 
1. Credo che Trump abbia fatto il seguente calcolo: Israele ha fatto il lavoro sporco (come ci ha spiegato quel genio di Merz) e le possibilità di colpire le basi e navi USA a questo punto sono limitate, tanto più con la struttura messa in allerta e non come capitato qui e la nella storia recente quando gli attacchi contro navi USA erano una sorpresa (la USS Cole nel 2000). Trump spera di poter dire “ho finito la guerra, distrutto il programma nucleare, senza un soldato e con una sola azione che mostra la superiorità nostra e dei nostri alleati israeliani”. Potrebbe anche darsi che il calcolo funzioni, viste le difficoltà oggettive del regime iraniano, colpito nella regione e colpito in casa. Ma può anche darsi che gli USA si trovino invischiati in qualche tipo di problema, in Yemen o in Iraq dove le basi sono ancora molte e i gruppi armati filoiraniani attivi. C’è poi il caso che l’uranio arricchito non fosse più dove era, perché a Tehehran si aspettavano l’attacco.
Che tipo di esercizio della forza è questo? Credo che funzioni quel che mi ha detto Beverly Silver in un’intervista in attesa di pubblicazione, e molto più teorica che non di commento alle cose del giorno: gli USA stanno passando dall’egemonia (semplificando molto carota e bastone) a forme di esercizio del potere che somigliano a quelle delle organizzazioni criminali (protezione a pagamento e messaggi violenti come quello di stanotte). È la fine di un’era, un lungo addio cominciato probabilmente dopo il 9/11, passato per la crisi finanziaria del 2008, il Covid, la prima presidenza Trump, il balbettio di Joe Biden di fronte a Gaza.
 
2. Per portare a casa una vittoria senza dover combattere o quasi, Trump bypassa il Congresso attaccando un paese che non rappresentava una minaccia imminente, non chiede autorizzazioni e potenzialmente spacca la sua base, allontanandosi da una parte dei suoi alleati interni: nei giorni scorsi sia Steve Bannon che Tucker Carlson avevano criticato l’idea di attaccare. Che diranno domani? Molto dipende da come reagirà l’Iran e se e come gli USA saranno coinvolti in conflitti a fuoco qui e la nella regione.
Se le cose andassero bene il tutto rientrerà, sarà un episodio, viceversa potremmo vedere crepe nella coalizione trumpiana. Nelle foto qui sotto il team di politica estera, senza Tulsi Gabbard, consigliere per la sicurezza nazionale messa a tacere in questi giorni. Hegseth e Rubio sono parte dell’ala anti Iran. Vedremo sei i democratici avranno il coraggio di usare toni chiari e netti in questa vicenda. Per adesso lo hanno fatto Bernie Sanders, Alexandra Ocasio, Chris Murphy. Dopo l’attacco il leader democratico al Senato Chuck Schumer ha chiesto a tutti i suoi senatori di votare per la legge che limita i poteri di guerra presidenziali.
 
3. La scena internazionale. L’altroieri i ministri europei hanno incontrato il loro omologo iraniano che si è detto disposto a trattare, regno Unito, Francia e Germania avevano parlato di un incontro positivo e chiesto agli USA di partecipare a negoziati. Ieri Trump aveva parlato di due settimane per decidere praticamente mentre partivano i B-3. Una specie di trucchetto “dico che e intanto….”, quasi come le coperte con il morbillo distribuite ai nativi americani come dono, ai bei tempi che furono. Non esattamente un comportamento da grande e autorevole potenza.
Gli europei, cioé gli alleati, vengono presi in giro, mandati a negoziare mentre si prepara l’attacco, l’unico alleato con il quale si agisce di concerto è Bibi Netanyahu (e magari in forme indiretta Mohamed bin Salman). Qualsiasi cose pensiate del conflitto ucraino, segnalo che in Europa Trump si sottrae, mentre in Medio Oriente rilancia. Le cancellerie europee dovrebbero prenderne atto. E se proprio si deve, investire in un esercito europeo, non in un’alleanza che non è più tale.
Il presidente Donald Trump a Fort Bragg, in Noth Carolina. Foto pubblicata dal sito ufficiale della presidenza Usa, whitehouse.gov

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