Nel 1953 un’operazione congiunta dei servizi britannico e statunitense pose fine all’esperienza del governo Mossadeq. Il premier aveva esiliato lo Shah (che tornerà a Teheran dopo la sua deposizione) e nazionalizzato l’industria petrolifera. La cosa non piacque ai britannici. Giunto al potere con il sostegno di una coalizione composita e sostenuto anche dal clero sciita, Mossadeq aveva perso una parte dei consensi (succede spesso, anche Allende aveva una parte del paese contro), ma non furono le elezioni a mandarlo via. Dopo di lui avremo un ventennio circa di regno di Rheza Palevi e la radicalizzazione dell’opposizione, che era composita anche quella ma la parte laica, dopo la rivoluzione del 1979, venne messa all’angolo, in prigione, lasciò il paese.
Oggi, in forma molto diversa, si ipotizza un cambio di regime a Teheran grazia all’intervento di qualcuno e sui giornali, qui e la, spunta persino la foto del figlio dello Scià. Qualcuno ricorderà come siano andati i cambi di regime in punta di baionetta negli ultimi 25 anni: Iraq un disastro, Afghanistan un disastro, Libia un disastro. Eppure parliamo di quello: Israele punta al cambio di regime, ma difficilmente le donne iraniane, gli studenti iraniani saranno felici di vedersi piovere bombe sulla testa in attesa che le cose cambino (in che direzione? Per mano di chi?).
Dove siamo oggi? Il quadro è più che confuso. Al G7 in Canada, Macron tiene una conferenza stampa in cui ribadisce il ruolo centrale degli Stati Uniti, ne elogia il tentativo di negoziare un cessate-il-fuoco tra Iran e Israele e spiega che Trump è partito per lavorare a quello. Macron ha anche detto la banalità secondo la quale i regimi non si abbattono con la forza.
Qualche ora prima Trump aveva fatto sapere che non avrebbe firmato il comunicato finale, poi lo fatto, ma solo dopo che questo è cambiato diventando molto più filo israeliano di quanto non fosse in origine. Nonostante il tono ossequioso e gli elogi che erano chiaramente un modo di incoraggiare Trump, l’unico che sembra funzionare, Macron viene smentito con la solita grande eleganza dal presidente USA che sul suo social privato Truth scrive: “Sempre alla ricerca di attenzione, Macron dice che sono partito per lavorare al cessate il fuoco. Sbagliato, Emmanuel non ne azzecca mai una, lavoro a qualcosa di più grande”.
L’Iran nel frattempo appare pronto a cedere su molte cose e probabilmente lo era già prima dell’attacco israeliano: per bocca dell’ambasciatore Onu chiede agli Stati del Golfo di mediare e si dice pronto a sedersi al tavolo con gli USA. È possibile e probabile che nel regime le divisioni siano enormi e crescenti, ma qualsiasi leader occidentale dotato di buon senso dovrebbe cogliere l’occasione, vedere il gioco, invece di fare il tifo per un cambio di regime che non è chiaro cosa e come sarebbe.
L’invito a evacuare Teheran e i colpi sulla Tv di Stato ci parlano di una guerra che non è quella contro le infrastrutture nucleari (lo avrete letto, senza i missili USA quelle si danneggiano ma non si cancellano), ma un’azione volta al cambio di regime da parte di un altro paese. Colpire la Tv con la solita scusa “è una base militare” suona grottesco ed è una violazione delle norme internazionali. I racconti da Teheran parlano di masse in fuga e ospedali pieni. Non è un’azione chirurgica. Sul fronte opposto, con meno pericoli a causa delle diverse capacità belliche, anche gli israeliani si trovano coinvolti in una seconda guerra (si dice siano a favore, possibile).
Ho scritto tanto tempo fa che le cose avrebbero potuto mettersi bene per Bibi (Gaza vuota, Hezbollah in ginocchio, Teheran pure), se così fosse sarebbe la sanzione della legge della Giungla. Del resto è ciò a cui assistiamo da qualche anno a questa parte. Basterebbe smetterla di scrivere comunicati e fare dichiarazioni tipo Ue o G7 in cui si chiedono tregua, rispetto per i civili e cose così. E smetterla di dire che Putin non può, se Bibi può. Davvero le opinioni pubbliche dei paesi coinvolti ma anche qui in Occidente non sono così stupide e il cinismo, disillusione, non rispetto delle istituzioni è figlio anche di questa ipocrisia crescente.
Vedremo se davvero Trump sarà in grado di svolgere un ruolo o se le sue sono boutade per buttare come sempre la palla in tribuna, come per la vicenda di Gaza con Biden, gli USA appaiono sempre più spettatori importanti, ma incapaci di determinare le cose. Allo stato Trump potrebbe decidere di partecipare al gioco (difficile), tentare una mediazione, ma anche andar a giocare a golf. Vedremo se qualcuno avrà l’intelligenza di coinvolgere le altre due grandi potenze con interessi nella regione (Russia e Cina) e se i paesi del Golfo e soprattutto l’ambiziosa Turchia, con interessi diversi, staranno a guardare e farsi ridisegnare gli equilibri regionali da Israele.
