Una proposta per conoscere il complesso universo dell’artista catalano, tra antichi maestri e visioni personali.

Chi ama Dalì avrà l’occasione di apprezzare gli approfondimenti di alcune opere famose, per chi non lo ama sarà una piacevole scoperta di influssi e provocazioni artistiche tra stile personale e tecnica, spesso matematica, alla base della ricerca di un pittore di genio. “Dalí. Rivoluzione e Tradizione”, infatti, presenta oltre 60 opere tra dipinti e disegni, accompagnate da documenti fotografici e audiovisivi, che indagano non solo la complessa produzione dell’artista, ma anche il suo rapporto con i grandi maestri del passato e del suo tempo, come Vermeer, Velázquez e Raffaello. Un percorso retrospettivo inedito, quindi, che coinvolge anche il controverso rapporto con Picasso, tra ammirazione e emancipazione artistica.

L’allestimento della mostra si articola in quattro sezioni, ciascuna dedicata a uno dei maestri che hanno influenzato lo stile dell’artista; a queste si aggiungono studi e approfondimenti delle tradizionali regole per dipingere, con l’esposizione dei disegni che ne rivelano il ferreo metodo teorico e tecnico e che costituiscono, forse, i fondamenti dell’espressione di Dalì.
“La mostra intende approfondire l’ecletticità dell’artista spagnolo che non fu solo un rivoluzionario del Surrealismo, un uomo affascinato dalla modernità, con una curiosità febbrile per i diversi linguaggi dell’avanguardia” ha detto il Presidente di “Fondazione Roma”, Franco Parasassi: “ma fu anche un profondo conoscitore e interprete della grande tradizione pittorica europea”.
Lungo il percorso ci si imbatte anche nei celebri aforismi, mai espressi in tonalità neutre: “Affilati, imperialisti, ultra-razionalisti e puntati verso il cielo, come il misticismo verticale» scrisse riferito ai celebri baffi, copiati da uno dei suoi numi, Diego Velázquez. E ancora: “Chissà se un giorno, senza volerlo, non sarò considerato il Raffaello della mia epoca”. Per questo i curatori della mostra hanno affiancato un Autoritratto di Dalí del 1921 e quello, immortale, di Raffaello Sanzio del 1506, prestato dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze.
Ad arricchire il percorso si incontra altro materiale documentario e fotografico: una curiosità, nonostante sia solo riprodotto in formato di gigantografia e accompagnato da scelte musicali di sottofondo, in nome dell’ormai diffusa mania di allestimenti “immersivi”.
