Nella mia “bolla” social è comparso all’improvviso nei giorni scorsi un tema, di cui però mi sono accorto con ritardo. Le presentazioni di libri non funzionano, partecipa sempre meno gente (qualcuno ha scritto: “Le presentazioni di libri stanno attraversando una crisi di partecipazione che ricorda l’affluenza ai seggi elettorali”), si comprano meno libri.
Si comprano meno libri: ecco, il tema principale è sempre quello. In Italia si comprano pochi libri anche se si pubblica molto. Anzi, secondo qualcuno, si pubblica troppo.
Dico subito che, da lettore forte (cioè quelle persone che, secondo l’Istat, leggono dagli 11 ai 20 libri all’anno), il tema della scarsa lettura non mi appassiona moltissimo. Non mi unisco al coro di quelli che pensano che sia per forza un male che si pubblichi molto, e non so se ci sia solo una correlazione o qualcosa di più tra la diminuzione dei lettori e l’aumento dei libri pubblicati (e il calo stratosferico di giornali venduti). So che c’è un overload informativo e di contenuti a cui siamo esposti, non solo sul web. Insomma, si produce una quantità incredibile di contenuti, che si contendono costantemente la nostra attenzione (a fatica, aggiungerei).
Quello che voglio invece citare qui, è un esempio di presentazioni di libri che funzionano, o hanno funzionato in questi due anni.
Insieme ad altri amici (la nostra amicizia è iniziata nella scuola primaria frequentata dai figli, ed è poi proseguita quando i figli sono diventati adolescenti), animo uno spazio civico e culturale che si chiama Allarga.menti, all’interno di un ex Bibliopoint del Comune di Roma ospitato in un liceo artistico dell’Appio Latino. Lo spazio esiste ormai da tre anni, in virtù prima di un patto di collaborazione con la scuola, poi di un bando del Campidoglio per le scuole aperte il pomeriggio, la sera e nel weekend. Organizziamo presentazioni di libri, appunto, dibattiti, proiezioni, corsi, mostre, concerti, reading, piccoli spettacoli e varie altre iniziative, in generale gratuite e solo in qualche caso a pagamento, ma a prezzi popolari (alcuni corsi). Abbiamo anche una sala studio e una piccola ludoteca.
I libri che presentiamo non sono quasi mai di autori famosi, che passano per la tv e i media, tranne rare eccezioni (per esempio, è il caso di Maria Grazia Calandrone, che è venuta due volte e che ha anche tenuto un breve laboratorio di scrittura poetica nel maggio scorso). Di solito agli incontri, che si tengono verso le 18, partecipano tra le 30 e le 50 persone, si vendono almeno una decina di libri alla volta (non li vendiamo noi: di solito, li portano gli autori o la casa editrice). Spesso c’è qualche amico o conoscente dell’autore, ma la maggior parte del pubblico è fatto di persone interessate ad ascoltare, a discutere.
Il nostro pubblico abituale non è giovane: la maggior parte delle persone hanno più di 50-60 anni e sono in prevalenza donne. È in grandissima parte un pubblico di quartiere, in una zona che non è periferia né centro, ma quella che qualcuno chiama “città consolidata”: non siamo lontani, ma neanche vicinissimi, a librerie, cinema, etc.
Come scegliamo i libri? Non c’è una regola. Titoli o temi che ci hanno colpiti, autori che conosciamo (in genere, romani, per questioni logistiche), suggerimenti di amici e conoscenti. In grande o grandissima parte si tratta di saggi, che consentono di affrontare e discutere argomenti attuali, interessanti.
In genere parliamo di libri pubblicati da “vere” case editrici, ma è capitato anche di presentare opere di self publishing. Di solito l’autore viene presentato da uno di noi, e poi interagisce col pubblico. Talvolta alla fine si brinda, di solito no (lo stesso vale per alcuni film o documentari che abbiamo presentato).
Finora, direi che abbiamo presentato una ventina di libri, forse di più. Quelli che non sono andati granché bene, in termini di pubblico, sono i titoli di fantascienza, che ospitiamo perché abbiamo anche organizzato (nel novembre 2024, e lo rifaremo nel prossimo novembre) un piccolo festival di fantascienza, lo SFESTIVAL; e siamo dunque diventati una specie (sempre in piccolo) di hub della letteratura di fantascienza a Roma, per appassionati.
Insomma, quello che funziona, direi, è il fare comunità (o community). I libri fanno parte, cioè, dell’ecosistema culturale che stiamo faticosamente provando a creare. Tanto che, dopo un sacco di tempo passato a ripulire, sistemare e ri-catalogare i libri abbandonati dal Bibliopoint (tra cui molti volumi d’arte), nel prossimo autunno apriremo anche ufficialmente il servizio di prestito.
Per finire, mi piace citare il decalogo di diritti del lettore concepito da Daniel Pennac. Perché toglie alla lettura quell’aria di sacralità che secondo me contribuisce a fossilizzare, appunto, un’attività umana invece così vivace.
- Il diritto di non leggere
- Il diritto di saltare le pagine
- Il diritto di non finire il libro
- Il diritto di rileggere
- Il diritto di leggere qualsiasi cosa
- Il diritto al bovarismo (cioè a lasciarsi trascinare da un libro)
- Il diritto di leggere ovunque
- Il diritto di spizzicare
- Il diritto di leggere ad alta voce
- Il diritto di tacere