18 Luglio 2025

Perché le bambine restano indietro in matematica? Un’indagine (precoce) sul divario di genere

Negli ultimi decenni, le ragazze hanno recuperato terreno – e spesso superato i coetanei maschi – in moltissimi campi dell’istruzione: si diplomano di più, hanno voti migliori, e si laureano con maggior successo. Ma c’è un’area dove il progresso sembra essersi fermato: la matematica.

Un recente studio pubblicato su Nature (giugno 2025) getta nuova luce su questo fenomeno, rivelando un dato sorprendente: il divario di genere in matematica comincia a emergere dopo appena quattro mesi di scuola primaria. Prima ancora che i bambini compiano sette anni.

I numeri: cosa dice lo studio francese

La ricerca ha analizzato 2,6 milioni di bambini e bambine francesi, grazie ai test sistematici del programma nazionale EvalAide, somministrati a tutti gli alunni all’inizio della prima elementare (T1), dopo 4 mesi (T2) e all’inizio della seconda (T3). All’ingresso a scuola, non ci sono differenze significative: i maschi sono leggermente più presenti agli estremi (i molto bravi e i molto in difficoltà), ma in media il livello è simile.

Dopo appena 4 mesi, però, il quadro cambia: i maschi cominciano a prevalere nei punteggi alti, e il divario si allarga dopo un anno (Cohen’s d = 0.22, un effetto statisticamente forte). Un dato colpisce più di tutti: nel top 5% dei risultati in matematica ci sono più del doppio dei maschi rispetto alle femmine.

Il divario è stato osservato in ogni tipo di scuola (statale, privata, a pedagogia alternativa come Montessori o Freinet), in ogni regione francese e in tutti i quattro anni considerati (2018-2021). È più accentuato nelle famiglie ad alto reddito e, fatto ancora più paradossale, è particolarmente marcato nei figli di genitori scienziati o insegnanti. Persino nei contesti più “progressisti”, gli stereotipi sembrano entrare dalla porta di servizio.

Ma non è una questione di intelligenza

Fin dai primi anni di vita, le bambine mostrano abilità numeriche del tutto simili a quelle dei bambini. Le neuroscienze ci dicono che non esiste alcuna differenza biologica significativa che giustifichi il gap. La spiegazione, allora, va cercata altrove: nel modo in cui la matematica viene insegnata e vissuta.

Come spiegano le autrici dello studio, tra cui Pauline Martinot e Stanislas Dehaene, la matematica è spesso proposta in modo competitivo, a tempo, e orientato alla performance. E questo tipo di contesto genera maggiore ansia nelle bambine. L’ansia da matematica è un fenomeno noto e documentato, e si accentua quando è l’insegnante stesso (spesso una donna, nella scuola primaria) ad averne timore. Alcuni studi mostrano che l’ansia dell’insegnante può trasmettersi alle alunne, peggiorandone i risultati.

Anche gli stereotipi culturali giocano un ruolo. L’idea diffusa (e sbagliata) che “i maschi sono portati per i numeri, le femmine per le parole” incide sulle aspettative di genitori e insegnanti. E sappiamo che basta un suggerimento implicito per condizionare la fiducia di un bambino nelle sue capacità.

[fonte grafico: articolo The Economist]

Cosa possiamo fare?

La buona notizia è che questo divario non è inevitabile. E anzi, può essere ridotto in tempi brevi. Un esperimento condotto in Italia (Università di Torino, 2024) ha mostrato che insegnare matematica in piccoli gruppi cooperativi (invece che con test a tempo individuali) riduce il divario di genere del 40%. Le bambine migliorano, e i bambini non ne risentono.

Dallo studio pubblicato su Nature emergono alcune leve strategiche:

  • Agire precocemente: il gap emerge nei primi mesi di scuola. Gli interventi più efficaci sono quelli che arrivano prima che si radichino ansie e stereotipi.
  • Formare gli insegnanti: il training deve includere la consapevolezza dei bias di genere e l’uso di metodi didattici equi.
  • Cambiare la valutazione: test meno competitivi, senza cronometri, e con modalità più inclusive aiutano a rivelare il vero potenziale.
  • Mostrare modelli femminili: portare in classe donne scienziate, matematiche, ingegnere. L’identificazione conta.
  • Coltivare il “growth mindset”: insegnare che le abilità si sviluppano con l’impegno. La matematica non è un talento innato, è un linguaggio da imparare.

Perché tutto questo riguarda anche l’economia

Il divario di genere in matematica ha ricadute enormi sul lungo periodo: condiziona le scelte scolastiche e universitarie, allontana le ragazze dalle carriere STEM (più remunerative), e contribuisce al gender pay gap. In media, le donne scelgono percorsi con stipendi del 6% più bassi degli uomini. Tra i top earners, la differenza arriva al 10%.

In termini macroeconomici, è una perdita di talento e di produttività. Un Paese che non valorizza pienamente le competenze di metà della popolazione è un Paese che rinuncia a crescere.

Fonti:

Di Tommaso, Maria Laura, et al. “Tackling the gender gap in mathematics with active learning methodologies.” Economics of Education Review 100 (2024): 102538.

Martinot, P., Colnet, B., Breda, T., Sultan, J., Touitou, L., Huguet, P., … & Dehaene, S. (2025). Rapid emergence of a maths gender gap in first grade. Nature, 1-10.

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