Fino al 13 luglio la mostra “Barocco globale. Il mondo a Roma nel secolo di Bernini”, un viaggio attraverso le opere – pittura, scultura, antichi volumi, oggetti preziosi – esposte presso le Scuderie del Quirinale.
In un periodo segnato dalla globalizzazione, intesa come mercato, può risultare particolarmente interessante scoprire come nella Roma del Seicento fosse possibile tessere rapporti diplomatici e artistici con mondi percepiti come lontani e culturalmente distanti.
“Roma è l’unico luogo dove qualunque forestiero si sente a casa”, scriveva Michel de Montaigne (“Viaggio in Italia” del 1581) riferendosi a una città capace di filtrare e assimilare i nuovi spunti da Oriente e dal Nuovo Mondo: le Americhe, in particolare, sono rappresentate da opere portate prevalentemente da missionari.
Tra i manufatti si segnalano la Maschera di Yacateuctil, la Mitra di San Carlo Borromeo, donata da Pio IV al nipote già Arcivescovo di Milano, mentre tra i paramenti sacri spiccano quelli realizzati con gemme e piume, similmente a quanto ipotizzato da Tommaso Moro nel suo “Utopia” (1516) in cui immaginava i sacerdoti di un’isola felice indossare “vesti quasi ricamate non di pietre preziose, ma di varie penne di uccelli, in tal modo disposte, che l’opera ogni oltre stima più assai vale, che la materia”.
Nelle due sale denominate “L’Africa, l’Egitto, l’Antico”, si possono ammirare il “Busto di uomo – pseudo Annibale” di Tommaso Della Porta il Giovane, unico monumento funebre dedicato a un uomo africano nell’Europa della prima età moderna. Al centro della seconda sala, invece, domina il modello in legno eseguito da Gian Lorenzo Bernini per la sua Fontana dei Fiumi, simbolo della mentalità dell’epoca aperta al nuovo, sia pure con i metodi violenti utilizzati nel processo di colonizzazione dell’America centrale e meridionale. Non a caso – e non solo per fantasia d’artista – il “Rio della Plata”, primo modello preparatorio della scultura, rappresenta l’America raffigurata come gli indigeni (gonnellino e corona di piume) ma dai tratti del viso tipici di un uomo africano, probabilmente a indicare la presenza di comunità africane nelle Americhe.
Nella sala “Roma e la diplomazia globale” sono invece ripercorse le relazioni intrattenute con le culture islamiche e orientali: tra le opere spiccano i due ritratti (eseguiti dal fiammingo Anthony Van Dick nel 1622) di Robert Sherley, Ambasciatore cattolico di Persia, e della moglie Teresia, entrambi riccamente vestiti in abiti persiani.
Un percorso, quello di “Barocco globale”, che si offre a diverse chiavi di lettura, dall’esperto d’arte al visitatore, tramite un’esposizione equilibrata che percorre la Roma del Seicento e le nuove istanze culturali, aperte al dialogo tra personaggi, tecniche e Paesi lontani.