18 Luglio 2025

Quel che resta della spiaggia

Mentre il Comune ha affisso su tutto il lungomare cartelli che ricordano che l’accesso alla spiaggia è gratuito e libero da un lungomare dove il mare neanche lo vedi, io ho ripreso a sentirmi gracile, indebolita da una spiaggia mutilata, monca della mia estate ricostituente.

 

Per farti robusta ad Ostia negli anni Settanta servivano un pediatra severo, un bagnino gentile e un’Ami8.
Nasco ad Ostia in anni in cui ad Ostia neanche l’ospedale c’era. Un pò come oggi, ma con un pezzo di duna in più.
Nasco ad Ostia e gracile. Ciò mi conduceva ripetutamente dal pediatra, il dottor. Lodovichetti. Vi sento che state lì a ricordarvelo con affetto, e fate bene. Mia madre, connivente con il dottore e mia delatrice, gli spifferava tutto.
Lo ricordo come un uomo severo, dallo sguardo da tartaruga anziana che sa le cose. Le visite finivano costantemente con una prescrizione finale aggiuntiva: “e portala al mare!”. Imparai così che la panacea ad ogni male, almeno i miei, è il mare.
I miei genitori, con lo stesso spirito pionieristico con cui scelsero di avventurarsi a vivere ad Ostia, ogni estate si spingevano fino alla spiaggia per prendersi cura di me, dei miei fratelli e della loro salute mentale durante i tre mesi senza la scuola. L’organizzazione quotidiana prevedeva che mio padre caricasse tutti noi, le nostre cose, una pipinara di amichetti e parenti nell’Ami8 omologata 5 + vari ed eventuali.
Il viaggio trascorreva con me che, dal portabagagli, allietavo tutti i presenti cantando di un elefante e degli amici suoi che si dondolavano sul filo di una ragnatela. Venivamo scaricati (a quel punto, immagino, sgommando, per quanto quella macchina lo consentisse) davanti all’ingresso dello stabilimento prima della sua apertura.
Impiegavamo i minuti dell’attesa litigando su chi doveva prendere la chiave e aprire la cabina, facendo a gara su più o meno qualsiasi cosa, azzuffandoci verbalmente e non solo, per poi precipitarci all’ingresso non appena si schiudeva il cancello e gettarci giù per le scale per essere i primi.
Allunavano su una spiaggia intatta e ancora in ombra dalla luce del mattino. La sabbia nera era fresca ed accogliente come non sarebbe più stata per il resto della giornata, quella stessa sabbia che poco più tardi avrebbe ferocemente punito qualsiasi piede senza ciabatte. Il mare trasparente aveva con sé la quiete del mattino e sbuffava leggero sulla riva dove la sabbia, lambita dall’acqua, diventava vellutata e translucida.
Nel momento esatto in cui ti ritrovavi tra le file di cabine le regole cambiavano, smettevi di essere sotto l’egida dei genitori per passare alle regole della spiaggia, le regole del bagnino, le regole di Alfio.
Alfio, uomo nero tanto dentro quanto fuori, brandiva la scopa come scettro del suo regno. Non amava alcuni nostri passatempi come scavare sotto le passerelle per renderle instabili e ce lo ricordava urlando e rincorrendoci. Le fughe finivano nei settori vicini, soprattutto in quello di Antonio, bagnino gentile che amava noi e i nostri giochi. Lo sguardo gentile di Antonio ad ogni nostra monelleria ci rendeva ancora più caparbi contro il maledetto Alfio (posso costruire trappole da riva in cui farvi sparire che manco un viet cong).
La spiaggia cancellava l’inverno appiccicandosi addosso come la sabbia e lasciando quel bel colorito che riusciva a far sembrare anche me meno gracile.
Quella sabbia, di cui resta ormai solo ricordo, è stata il tratto caratteristico di questo litorale. Quegli spazi come risorsa collettiva di benessere e ricchezza ambientale dagli anni Settanta a oggi si sono trasformati in abusivismo sfrenato, mercato di scambio tra malavita e istituzioni conniventi.
Quella sabbia di cui non resta traccia, brutalizzata dal più bieco interesse personale causando un danno collettivo insanabile, mai come quest’anno sotto gli occhi di chiunque voglia guardare. Tra aree deturpate prima dall’abusivismo e poi dagli incendi, dall’inettitudine delle amministrazioni che lasciano le rovine di chi non riesce più a speculare selvaggiamente e abbandona cemento e detriti dentro il mare.
E mentre il Comune ha affisso  su tutto il lungomare cartelli che ricordano che l’accesso alla spiaggia è gratuito e libero da un lungomare dove il mare neanche lo vedi, io ho ripreso a sentirmi gracile, indebolita da una spiaggia mutilata, monca della mia estate ricostituente.  Forse dovrei sentire il dottore.

 

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