Non è andata, l’accordo con la Federazione non è stato sottoscritto. E i primi a tirare un sospiro di sollievo per la rinuncia di Claudio Ranieri a guidare la Nazionale sono stati i tifosi della Roma. Se avesse accettato si sarebbero sentiti traditi e orfani, alla vigilia di un ciclo con alla guida Gian Piero Gasperini, voluto alla Capitale da Ranieri, che rappresenta anche una garanzia per le scelte della società. I tifosi giallorossi hanno passato un’annata complicata. Insomma, non si iniziava bene.
Non era facile rifiutare, arrivare ad essere il selezionatore della Nazionale, rappresenta il coronamento di una carriera. L’esonero di Luciano Spalletti, al di là delle responsabilità personali, e dei problemi di lunga durata del calcio italiano, è arrivato sull’onda dell’indignazione emotiva, dopo la sonora sconfitta con la Norvegia. A quel punto, sempre seguendo gli umori collettivi, per lo più espressi dai social, e ripetuti in coro nei principali quotidiani, veniva individuato in Ranieri il salvatore della patria.
E perché proprio lui? Perché ha la fama di essere un “aggiustatore”, di riuscire a dare una sistemata alle squadre in crisi, una specie di Mister Wolf del rettangolo di gioco verde, degli undici contro undici. È riuscito a resuscitare nello scorso campionato la Roma data per morta. Sarebbe riuscito anche con gli azzurri. È un mago. Probabilmente se avesse accettato avrebbe avuto buone probabilità. Ma non è escluso che un altro al suo posto potrebbe ottenere gli stessi risultati.
La Nazionale italiana, nonostante i lamenti e i pianti che si ripetono in queste ore, non è stata ancora eliminata dai prossimi mondiali. Le ultime prestazioni, più che alle mancanze dell’allenatore, sembrano essere il frutto di un gruppo di giocatori oramai esaurito mentalmente e fisicamente. Altrimenti, per quanto i tuoi avversari possono essere forti, è difficile che la tua capacità di reazione sia ridotta a zero, come con la Norvegia.
A settembre, quando riprenderanno gli impegni degli azzurri, e quindi quando avranno avuto modo di riposare, troveremo una squadra differente. Non solo, alla ripresa della stagione, gli infortunati torneranno in campo, e sarà un’altra musica. Penso a Calafiori, Kean, Buongiorno… Non intendo però che abbiamo una magnifica squadra Nazionale, che può battere chiunque, che sicuramente vinceremo i mondiali. Nulla di tutto questo.
La fretta con cui si bruciano gli allenatori, in questo caso Spalletti, probabilmente uno degli migliori, non è un bel segnale. Dà l’idea di scelte che mancano di prospettiva, dettate dal momento, più preoccupate di governare il consenso dei tifosi, che indirizzate ad una capacità progettuale di lungo periodo.
Del resto il calcio non è altro che il sintomo di una malattia diffusa in Italia, del come si cerca di risolvere i problemi, che lì rimangono, non vengono risolti. Si dà in pasto ai follower, all’indefinito mugugno collettivo, alle pulsioni incontrollate, un capo espiatorio sufficiente a sedare i malumori per un periodo di tempo. Passano poi settimane, mesi, e di nuovo si torna alle solite difficoltà, cercando di superare il tutto solo in apparenza.