14 Novembre 2025

Se Facebook diventa Fakebook

Le truffe travestite da pubblicità si moltiplicano sui social media: ora Bruxelles invoca il Digital Services Act per mettere sotto pressione le grandi piattaforme tecnologiche. Sarebbe utile anche un’azione di Fnsi e Fieg.

Se usate Facebook, sulla vostra timeline potrebbe essere comparsa un post – o meglio, un’inserzione pubblicitaria – come questa:

Si parla del testamento Armani. C’è un occhiello che rimanda a Rainews.it. L’inserzionista ha anche la famosa spunta blu, considerato un simbolo di autenticità e riconoscimento ufficiale dell’account (anche se si tratta di Kollektiv Ost, una band tedesca di musica underground, non una testata giornalistica o di un blog). 

Cliccando sul post, si arriva a un articolo intitolato “L’ultima sorpresa di Giorgio Armani: perché la leggenda della moda ha lasciato una piattaforma di investimento agli eredi invece di miliardi”. Il catenaccio aggiunge: “Come il più grande stilista d’Italia ha scioccato i parenti con un testamento che include bozzetti del 1957, abiti personali e investimenti misteriosi”.
Il testo non è firmato. E il sito che lo ospita non è quello di Rainews, come pure indicava l’inserzione, ma https://forksofavessel.com/. Non lo conoscete? Non è strano: il dominio è stato registrato il 17 settembre 2025. 

Proseguiamo nella lettura. L’articolo spiega che il famoso stilista scomparso a inizio settembre “negli ultimi due anni della sua vita si era seriamente appassionato agli investimenti. Ma non in modo tradizionale: niente incontri con broker o telefonate alle banche. Usava Azione Kivo, una piattaforma automatizzata basata sull’intelligenza artificiale”. 

Grazie alla piattaforma, si legge ancora, Armani avrebbe guadagnato 127 milioni di euro. L’articolo fornisce una serie di dettagli, e spiega anche che “prima della pubblicazione del materiale, la nostra redazione ha condotto un’indagine approfondita su Azione Kivo. Confermiamo che il rendimento dichiarato (3.000-5.000 euro con un deposito minimo di 250 euro) e le altre caratteristiche di Azione Kivo sono veritiere e corrispondono alla realtà. Di seguito, per i nostri lettori, pubblichiamo le istruzioni su come è possibile unirsi alla piattaforma…”.

 

Testimonial inconsapevoli

Su Facebook, almeno negli ultimi due anni, questo tipo di post-inserzioni, che rimandano a finte piattaforme di trading, si sono moltiplicati. A settembre, per esempio, tra i “testimonial involontari” ci sono il numero uno di Report Sigfrido Ranucci, la conduttrice delle Iene Veronica Gentili, lo scrittore Roberto Saviano, l’imprenditore Flavio Briatore, perfino la premier Giorgia Meloni. 

Il meccanismo è sempre lo stesso. Gli account Facebook indicati come sponsor dei post (tutti con la spunta blu, e fino a prova contraria anch’essi testimonial involontari) sono diversi, e non hanno nulla a che fare con il giornalismo: Simone Richardson è una politica olandese del partito di centrodestra VVD; Pedrina è una cantante colombiana; Melinda Emerson, “The Small Biz Lady”, è un’esperta statunitense di piccole imprese, mentre Candyrat Records è una piccola casa discografica indipendente Usa. 

Poi, c’è anche quello che sembra un falso profilo del conduttore tv Giovanni Floris e c’è “Linea Calda”, pagina Facebook con 209 follower, sede indicata negli Usa e nessun post, ma un commento significativo di un utente italiano: “Siete dei miserabili, ingannate la povera gente !!”.

I post rimandano a siti online con articoli fake e grafiche copiate da veri siti d’informazione (come appunto Rai News), che raccontano sempre di piattaforme di trading dalle uova d’oro. Pochi giorni dopo la pubblicazione, però, le pagine di solito spariscono e i siti risultano irraggiungibili.

Si fa presto a dire: bufala!

Torniamo alla pagina che racconta del testamento Armani. Non occorre essere giornalisti investigativi per sospettare che si tratti di una fake news: una bufala che sfrutta il nome e l’immagine di Armani per promuovere una truffa o, quantomeno, un tentativo di phishing o qualche altro tipo di raggiro. La pagina a cui si è rinviati è una vetrina, in cui compaiono come “sponsor” altri due personaggi noti: la presentatrice tv Maria De Filippi e Carlo Messina, CEO di Banca Intesa Sanpaolo, entrambi citati come entusiasti utilizzatori dei servizi offerti da Azione Kivo.

Ma la piattaforma online potrebbe essere a sua volta vittima di una frode? In altre parole, il nome e l’immagine di Azione Kivo potrebbero essere state utilizzate sul web da malintenzionati?

Per saperlo abbiamo scritto un messaggio all’azienda, usando la pagina contatti di azionekivo.it, chiedendo se sia al corrente di questa vicenda e voglia commentare. Non abbiamo ricevuto ancora risposta.

Abbiamo provato a chiedere lumi anche attraverso il sito azione-kivo.com, ma al momento di inviare lo stesso testo, è comparso ripetutamente un messaggio di errore. Dopo diverse prove, abbiamo desistito. Ma ci sono anche azione-kivo.com, azione-kivo.it e azionekivo.net (che Google Chrome segnala come sito pericoloso): tutti siti che, pur con diversa grafica, sembrano sostanzialmente cloni l’uno dell’altro.

Il sito azionekivo.it, per esempio, esiste solo da pochi mesi: sulla pagina sign up si legge: “Si prega di notare che Azione Kivo e altri nomi di marchi citati sul nostro sito web sono utilizzati solo a scopo promozionale e non rappresentano società o fornitori di servizi specifici”. In home page voce vengono citate Bbc, Fox News, Sky News (tre emittenti tv) accanto a Binance, Coinbase (due piattaforme di criptovalute) e Cap Gemini (una società di consulenza). 

Insomma, quella frase è un disclaimer legale. In pratica, il sito sta dicendo: i nomi e i marchi citati non corrispondono a società realmente esistenti o, se esistono, non hanno alcun legame ufficiale con il sito. Sono usati solo a fini pubblicitari o dimostrativi, per dare un’idea o attrarre l’attenzione, ma non rappresentano aziende o fornitori reali. 

Cercando Azione Kivo sul web, ci si imbatte poi in una serie di “recensioni”. Si tratta di post che sembrano a loro volta fake pubblicati su siti praticamente sconosciuti, che magnificano il servizio, premurandosi di far sapere che non si tratta di truffa. Lo stesso avviene su Youtube: le “recensioni” sono video con varie immagini di repertorio, mentre una voce artificiale decanta le qualità del sito.

Non è una novità

Negli ultimi mesi, articoli sulla vicenda dei “post falsi” sono stati pubblicati da diversi siti online (ma a quanto pare non dai media tradizionali, quelli “mainstream”). Fanpage ha titolato per esempio:”Anche Ranucci finisce nei volti delle truffe sui social, i post falsi: “Gli italiani devono sapere”. 

Fanpage aveva già pubblicato due anni fa, nell’ottobre 2023, un pezzo in cui si spiegava il meccanismo delle truffe. All’epoca, tra i testimonial inconsapevoli delle frodi, c’erano Chiara Ferragni, Mara Venier, Myrta Merlino, Cattelan, Ilary Blasi, Sabrina Ferilli, Luciana Littizzetto, Fabio Fazio, Francesca Fagnani, Alessia Marcuzzi.

Fanpage ha anche chiesto un commento a Meta, l’azienda che “edita” Facebook, ottenendo questa risposta:”I truffatori utilizzano diversi metodi, sia online che offline, per ingannare le persone, tra cui telefonate e messaggi di testo falsi, e-mail di phishing e annunci di truffe online. Stiamo dedicando risorse significative per contrastare questo fenomeno, a partire dal bloccare gli annunci fraudolenti sulle nostre piattaforme. Continuiamo a investire in nuove tecnologie e metodi per proteggere le persone che utilizzano i nostri servizi da queste truffe”.

Due anni dopo, non sembra però che le “risorse significative” investite da Meta stiano portando a significativi progressi su Facebook. 

 

Qualcosa si muove a Bruxelles

Nel frattempo, Meta ha cambiato ufficialmente la propria politica sulle fake news. Nel gennaio 2025 ha annunciato infatti la fine di un programma di fact-checking indipendente, sostituita da un sistema di segnalazioni affidate agli utenti, per consentire una “maggiore libertà di espressione” (Joel Kaplan, responsabile degli affari globali di Meta). Una mossa che è stata letta come un cedimento politico al presidente degli Stati Uniti Donald Trump e alla sua crociata contro i fact-checker, che ritiene di parte, politicizzati e abituati a classificare negativamente le sue affermazioni.

Nelle ultime settimane, Meta ha però iniziato a sperimentare “Ask Meta AI”, una funzione di Whatsapp che permetterebbe di analizzare contenuti sospetti ricevuti via chat. “L’impatto che questa nuova funzione potrebbe avere sulla lotta alla disinformazione è potenzialmente interessante”, scrive il sito Geopop in un articolo, citando anche fake news e “catene di Sant’Antonio”. 

Qui però parliamo di frodi, non soltanto di bufale. Frodi alle quali Meta  certamente non partecipa direttamente, ma dalle quali sembrerebbe comunque trarre vantaggio, dato che sponsorizzare contenuti sui suoi social network – E le bufale di cui abbiamo parlato compaiono tutte come inserzioni sponsorizzate – occorre pagare (a meno che gli autori delle truffe frodino anche Facebook e Instagram, non pagando le inserzioni: possibile?).

A Bruxelles, però, qualcosa sembrerebbe cominciare a muoversi. Il 23 settembre Henna Virkkunen, responsabile digitale dell’UE, ha detto al Financial Times che “l’Unione europea è pronta a verificare se Apple, Google e Microsoft (e anche la piattaforma globale di alloggi Booking Holdings) stiano fallendo nel controllare adeguatamente le frodi finanziarie online”, ha scritto il giornale. La commissaria europea ha spiegato che le perdite da frodi online superano i 4 miliardi di euro l’anno, nell’Unione. 

“Vediamo che sempre più attività criminali avvengono online» ha detto Virkkunen, citata dal Financial Times. «Dobbiamo assicurarci che le piattaforme online facciano davvero tutto il possibile per individuare e prevenire questo tipo di contenuti illegali”. L’azione, che inizia con una richiesta formale di informazioni, rientra nell’ambito dei poteri conferiti alla Commissione dal Digital Services Act per contrastare le truffe finanziarie.

 

Che fare?

Forse, in questo contesto, sarebbe utile anche un’iniziativa da parte dei giornalisti e degli editori italiani (Fnsi e Fieg), ma anche della Rai e delle altre aziende media che vedono l’immagine dei propri conduttori e giornalisti tv utilizzata per promuovere truffe. Facebook è certamente un gigante social, e avercelo contro certamente può non essere piacevole. Ma sollevare la questione a Bruxelles potrebbe aiutare la Commissione a fare luce sulla vicenda e ad assumere una posizione più netta nei confronti delle aziende tech, costringendole ad assumersi le proprie responsabilità e a garantire impegni concreti. Infine, servirebbe anche a convincere il pubblico che l’informazione di qualità esiste, e va difesa.

[Questo post è stato originariamente pubblicato sul sito Professione Reporter]

Post correlati

Il criticone / Jurassic World – La Rinascita, di Gareth Edwards

Francesco Alò

Cent’anni dopo

Massimiliano Cacciotti

Artdigiland, l’impresa di Silvia

Marino Galdiero

Il criticone / Presence, di Steven Soderbergh

Francesco Alò

Il mistero di Maria per Roma

RR

Il Parlamento conta sempre meno: più voti di fiducia e decreti legge

Openpolis

Lascia un commento