8 Luglio 2025

Sei n’accollo

Reso noto in tutta Italia dal vignettista Zerocalcare, l’accollo romanesco non si differenzia molto, per significato, dalla parola “accollo” usata correntemente in Italiano. Con la differenza che a Roma l’accollo ottiene una sua fisicità, una sua concretezza, un suo peso specifico e psicologico molto più tangibile.

“Accollare” per il dizionario Treccani, significa addossare un peso, un incarico, un obbligo e simili: m’hanno accollato un lavoro faticosissimo; vogliono accollare a me tutta la spesa. Quindi, accollarsi, assumersi un incarico, un obbligo: accollarsi un debito, una responsabilità; s’è accollata lei il mantenimento dei due nipoti.

Essere un accollo, dunque vuol dire essere un peso, un fastidio. Quando a Roma una persona viene definita così vuol dire che è pedante e assillante. Una persona che “s’accolla” ha la particolarità di attaccarsi a qualcuno e di essere sempre presente fisicamente, in modo asfissiante.

Per quanto riguarda l’etimologia della parola, è sempre il vocabolario Treccani che ci viene in aiuto, indicandoci come significato originare del termine “accollo” quello di: “carico che grava sul collo delle bestie o sul davanti di un veicolo a due ruote”.

Esistono però anche alcuni usi tecnici e specifici del termine: in architettura si definisce accollo “la parte di una costruzione che sporge in fuori, che aggetta dalla linea del muro, sostenuta da mensole o altro”, mentre in diritto indica l’assunzione volontaria di un onere o di un contratto.

Dunque chi a Roma diventa un accollo, può essere paragonato a chi equivale a un pesante peso al collo. Ma c’è anche chi suggerisce un’etimologia diversa, assegnando alla parola accollo una storia differente, che parte dall’atto di “appiccicarsi”, cioè di “diventare come una colla”.

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