Un’esposizione sulle tracce dell’artista Art Nouveau ceco che condizionò il design inventando il linguaggio pubblicitario d’autore.


Nelle sale affollate di Palazzo Bonaparte, fino al 6 febbraio 2026, è possibile ammirare opere e ricostruzioni “immersive” finalizzate a ricreare lo stile e il mondo di Alphonse Mucha, l’artista che seppe innovare l’immagine femminile nell’arte, inventando un linguaggio decorativo ricco di fiori, colori sfumati, linee morbide e atmosfere oniriche.
Si tratta di un’esperienza avvolgente, in cui luci, profumi, musica invitano a ripercorrere un’epoca in cui ancora trionfava la sinestesia baudeleriana: un generoso allestimento, dunque, per presentare l’arte e la novità costituite dallo stile, personalissimo, di Mucha (Ivančice, 1860 – Praga 1939). Per quanto gradevoli, le riproduzioni e gli arredi d’epoca esposti, tra volute e legni pregiati dei salotti da lui progettati (abbinati alle riproduzioni su carta museale), potrebbero creare quella fastidiosa sensazione “luna park” in cui il visitatore più preparato potrà, comunque, riconoscere e rimuovere gli orpelli, così da interpretare al meglio l’animo dell’artista. Nulla in contrario a queste Wunderkammt moderne, realizzate peraltro con grande cura, ma chi si reca a una mostra così ricca (e così pubblicizzata) avrebbe forse piacere di incontrare più originali firmati Mucha.
Di stampe esposte ce ne sono, sicuramente, così come le innumerevoli fotografie (Mucha era un eccezionale fotografo), disegni per le pubblicità e per i manifesti teatrali opere di un artista che visse a lungo e che conobbe una sorte fortunata, grazie anche alle sue capacità imprenditoriali: il lungo percorso è qui costituito da 150 opere (tra cui “Gismonda”, 1894; “Médée” 1898; la delicata serie di immagini femminili di “Pietre Preziose” e ancora gli studi sulla “Epopea Slava”) provenienti dal Mucha Museum di Praga. Per sottolineare l’innovazione dell’arte di Mucha sono esposte opere rinascimentali, come la “Venere” di Botticelli (prestata dai Musei Reali di Torino), perfetta sintesi del concetto di bellezza e seduzione, fino all’eleganza fine Ottocento di “La contessa De Rasty” di Boldini, così da proporre al visitatore un ponte ideale tra Rinascimento e Art Nouveau.

Analizzato e contestualizzato nelle naturali forme muliebri della Belle Époque, si capisce quanto Mucha sia stato un innovatore, o meglio una figura che oggi chiameremmo “comunicatore visivo”, capace di offrire una forma seducente e riconoscibile all’immaginario dell’epoca. I suoi celebri manifesti pubblicitari – come quelli dedicati all’attrice Sarah Bernhardt o ai profumi e ai liquori parigini – non solo resero popolare l’arte grafica, ma trasformarono il linguaggio visivo del suo tempo, anticipando i principi del design moderno.
La donna di Mucha, con le sue linee flessuose, i capelli fluenti, le vesti leggere e gli elementi naturali che la circondano, è quindi diventata l’icona universale della femminilità Art Nouveau.
“Alphonse Mucha. Un trionfo di bellezza e seduzione”, Palazzo Bonaparte fino al 6/2/2026
