Spesso la Chiesa e il Papa vengono interpretati attraverso due categorie politiche. Li si definisce progressisti o conservatori, etichette che riescono a dire qualcosa, anche se lasciano parecchie altro fuori, specie se si pensa agli ultimi pontefici, intendo Francesco e Leone XIV. Non esauriscono il senso della loro azioni e del loro messaggio. Certo, c’è chi completamente disinteressato ad altre dimensioni della comunità cattolica, e riduce il tutto ad una lettura mondana il fenomeno.
Il problema è che oggi dirsi conservatore o progressista non esprime, per la gran parte delle persone, un significato evidente. C’è confusione e talvolta le parole non corrispondono ai fatti reali o i fatti reali alle parole, come è anche vero che gli orientamenti politici vivono una crisi e una trasformazione, il cui esito è imprevedibile. Insomma, finiscono per essere categorie utili ma deboli.
Anche Leone XIV paga il prezzo di questa incertezza interpretativa. La sua figura ha ricevuto, almeno nel primo mese di pontificato, molta attenzione mediatica. Abbiamo avuto un periodo di overpope, su cui ognuno ha proiettato le sue idee o convinzioni, anche grazie al predominante uso dei social.
C’è chi ha dato una particolare importanza alla mozzetta rossa (una specie di mantellina) da lui indossata (Papa Francesco, uscito dalla loggia centrale di San Pietro il giorno dell’elezione, non la portava), giungendo alla conclusione che in Vaticano tornava la Tradizione, quindi un conservatore; c’è invece chi ha dato peso alle due lingue con cui si espresso immediatamente dopo l’elezione (italiano e spagnolo e non l’inglese); chi ancora si è chiesto ossessivamente dove sarebbe andato a vivere; o se avrebbe messo le scarpe rosse; altri hanno evidenziato l’espressione da lui detta di “pace disarmata”; e c’è chi è rimasto sorpreso quando ha ribadito che per la Chiesa la famiglia è “fondata sull’unione stabile tra uomo e donna”.
Il confronto con il predecessore è una delle chiavi che alcuni hanno adottato per comprendere il nuovo Papa, un confronto su cui i più motivati o militanti cercano una conferma alle loro idee, tirando Leone dalla loro parte. Per ora le principali differenze tra i due sono ravvisabili più sulla forma che sulla sostanza, senza escludere – evidentemente – che con il passare del tempo il nuovo Papa lasci una impronta sua. Come è altrettanto chiaro che sono due personalità differenti, prima di tutto nei modi di espressione.
Negli interventi di Leone XIV, stando ai contenuti, troviamo elementi di originalità e contemporaneamente di continuità. Si pensi alla dichiarata piena adesione al Concilio Vaticano II che una parte minoritaria del mondo cattolico ritiene una catastrofe e un’altra ancora (sempre minoritaria) lo recepisce e ne chiede un’applicazione superficiale. O quando si è espresso come affrontare le questioni sociali, verso le quali la Chiesa “non vuole alzare la bandiera del possesso della verità, né in merito all’analisi dei problemi, né della loro risoluzione”.
Leone promuove chiaramente una cultura dell’incontro, del dialogo e dell’amicizia sociale.
“Aiutare il povero è infatti questione di giustizia, prima che di carità” e ancora “Gli ospedali e le scuole, ad esempio, sono istituzioni create per esprimere l’accoglienza dei più deboli ed emarginati. Essi dovrebbero far parte ormai delle politiche pubbliche di ogni paese, ma guerre e diseguaglianze spesso ancora lo impediscono”.
Non mancano riferimenti alla “causa della pace”, perché “nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro”, così come l’invito a costruire ponti e aprire porte. La scorsa settimana parlando ai preti della diocesi di Roma li ha invitati a essere inclusivi. Il Papa ha detto: “Fate spazio ai fedeli e ad ogni creatura, cui il Risorto è vicino e in cui ama visitarci e stupirci. Il popolo di Dio è più numeroso di quello che vediamo. Non definiamone i confini”.
Sabato scorso, durante l’udienza giubilare, con termini forti considera la responsabilità e l’amore verso gli altri oggi, in quanto esseri fatti di carne, e in essa c’è Gesù stesso che va accolto e contemplato. Ecco: “Cari fratelli e sorelle, anche oggi le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura. Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin dal principio è quello di un amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge.”
Questi non sono altro che campioni estratti dagli interventi di questo mese e oltre di papato di Leone XIV. Non so se risolvano il dubbio di chi lo vuole valutare secondo le categorie di “progressista” e “conservatore”. Le questioni che dovrà affrontare sono molte, dal definitivo superamento di una Chiesa ancora legata, anche inconsapevolmente a paradigmi storici passati, alla capacità di far camminare insieme culture e convinzioni su come declinare il cattolicesimo a volte molto differenti.
