Il giovane Pd che denunciò la “Mafia”

Una rondine non fa primavera, d’accordo, ma conferma almeno un principio base che tutti dovremmo tener presente quando andiamo a votare un amministratore “locale”, ma che pochissimi rispettano, altrimenti alle ultime elezioni a Roma il giovane Presidente del Municipio XIV (Monte Mario) sarebbe rimasto in sella al suo piccolo grande scranno. Perché in politica contano le persone e il “bene” non sta mai da una parte o dall’altra soltanto per ragioni di etichetta. E invece anche Valerio Barletta fu spazzato via dal “vento grillino”. Unica soddisfazione per lui: al ballottaggio prese un 6% in più rispetto a Giachetti e la lista civica municipale con il suo nome ottenne quasi duemila voti.
Nel 2013, a soli 27 anni, era stato eletto Presidente battendo l’uscente Alfredo Milioni (politico navigato nella “Prima Repubblica”, quello già noto alle cronache per il leggendario “panino” che alle Regionali del 2010 impedì di fatto alla Polverini di avere l’appoggio della lista Pdl) e divenne il più giovane mini-sindaco della storia di Roma. Nel suo territorio ha goduto per due anni di una stima incredibile. Lo dico da testimone. A poche settimane dal voto presenziai ad una conferenza-bilancio della sua attività in una sala del “Forte Trionfale”, restaurato anche grazie alla sua giunta. Era domenica mattina e immaginavo di trovarmi davanti a uno di quei stanchi rituali politici dove non vorresti mai stare per salvare le “gonadi”. Pensavo, parcheggiando, “tra un po’ scappo, ché piuttosto che ascoltare la fuffa partitica autoreferenziale vado a contare i gabbiani sul Tevere”.

Ma mi sbagliavo. Dopo pochi minuti la sala era strapiena, ma, soprattutto, c’era entusiasmo. Un entusiasmo vero. Quando Valerio da Palmarola (quartiere popolare e più che periferico) finì di parlare i cittadini presero la rincorsa per andarlo a salutare, abbracciare, anche solo “toccare”. Una cosa mai vista nei consessi municipali di qualsiasi partito, eccezion fatta per il M5S. Lui, emozionato, si sminuiva, come l’avevo visto fare altre volte, avendolo interpellato spesso nelle mie trasmissioni Tv sui Municipi.

giachettiUn giorno, caduto Marino, gli dissi che se il Pd avesse avuto “le palle” di rompere i soliti schemi, anziché riproporre un Giachetti “riscaldato” (bravissima persona, ma deputato di lungo corso e già capo segreteria di Rutelli, e questo è bastato per non farlo apparire “nuovo”e portarlo al patibolo) avrebbe dovuto candidare proprio lui.

Contro una donna come la Raggi un giovanissimo enfant prodige dal volto gentile, gay dichiarato (anche questa non proprio una cosa comune nel Pd dove il “senso della morale pubblica” per molti rimane lo stesso del vecchio Pci), dagli ottimi studi e dotato di grande passione. Laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti, a 22 anni era stato eletto consigliere. Lui sorrise dicendomi “grazie Andrea, ma devo farne ancora molta di strada”. Naturalmente non andò così e nessuno raccolse la mia “provocazione”.

Oggi, però, sappiamo un’altra cosa. Quel ragazzo cresciuto alla scuola di Paolo Masini – anche lui molto amato dai suoi elettori, ex assessore alla scuola nella giunta Marino, poi catapultato ai lavori pubblici, e infine sacrificato alle brutali e miopi logiche “correntizie” – ha denunciato ciò che trovò al suo arrivo in via Mattia Battistini e quelle denunce hanno appena portato, dopo due anni di indagini, a dieci arresti nell’ambito di un fascicolo che conta in tutto 27 indagati. Funzionari comunali e imprenditori che dovranno rispondere a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al peculato, corruzione, truffa ai danni dello Stato e altri reati. Una “Mafia” ben oliata, dove gli imprenditori che vincevano gli appalti davano il 20% agli stessi funzionari, mente i lavori non venivano proprio fatti. Dico “Mafia” in senso lato, chiaramente, e non attenendomi a ciò che sancirebbe “etimologicamente” la Commissione Parlamentare Antimafia. Quelli (innocenti fino al terzo grado di giudizio, per carità) rubavano i soldi destinati alle scuole dei nostri figli. Quasi peggio, proseguendo per “iperboli”, che sparare alla gente. Uno scandalo sulla pelle dei bambini, un odioso e immondo “Sistema”, come hanno chiamato l’inchiesta gli inquirenti. Quattro le scuole e gli asili coinvolti nel Municipio XIV: “Casal Sansoni”, “Pietro Bembo”, “Montarsiccio” e “Cerboni”, con lavori stanziati per circa 400mila euro nel periodo tra il 2013 e il 2015.

Quanti nella pubblica amministrazione capitolina (o tra i Sindacati, perché no) avevano intuito, se non visto, ed hanno denunciato? Nessuno. E tutto ciò avveniva mentre molti altri esponenti Pd venivano arrestati o indagati nella maxi-inchiesta “Magia Capitale”. A leggere le biografie dei vari ex consiglieri capitolini entrati nella “inchiesta delle inchieste” (come Coratti, Ozzimo, D’Ausilio, solo per citarne alcuni, innocenti pure loro fino al terzo grado e a cui auguro naturalmente di uscire prosciolti e pulitissimi dalle accuse) mi fece impressione che erano tutti “quarantenni”. “Cioè – mi chiedevo – avevano circa vent’anni quando esplose Tangentopoli. E questo avevano imparato crescendo in politica? Questo gli avevano insegnato i loro maestri o capibastone?”. Ora penso che quello che non si voltò dall’altra parte, il giovanissimo che disse “No” al “Così fan tutti”, possa incarnare la risposta della generazione successiva. “Ci salveranno i ventenni?”, mi chiedo, volendo sognare un po’. Per ora Barletta ha dovuto subire molta diffidenza negli uffici dei vari Dipartimenti comunali e forse anche qualche minaccia non troppo velata in certi ambienti. Ma nulla lo ha fatto desistere.

Sui giornali l’inchiesta ha trovato meno spazio dei guai della Raggi e del “toto-assessori” che pare finito, ma non si mai, visti i precedenti. E per trovare il suo nome devi andare a metà articolo, dove leggi “l’inchiesta è nata dalla denuncia dell’ex Presidente…”, perché nei titoli lui neanche c’è. Da qui questo mio post-elogio che vuol essere una piccola compensazione. Lui replicherebbe – ci scommetto – che “è giusto così, che ha fatto solo il suo dovere”, risminuendosi come soltanto gli umili sanno fare. Una qualità che nel Pd nazionale e romano fatico a trovare ormai da anni. Io invece dico che tutti dovremmo dirgli “Grazie Valerio”, sperando che un domani, magari quando avrà messo qualche capello bianco in più, possa essere una risorsa per Roma e per il suo partito. Quel Pd che ad oggi ha portato la Capitale sull’orlo del baratro, fino ad aggrapparsi al M5S come ultima soluzione possibile. Poi resterà l’ipotesi “Papa Re”, immagino, ma questa è un’altra storia.

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