Il complotto

Era il 14 febbraio del 2016, una domenica. Maledetta domenica. Fu quel giorno che la senatrice del Movimento 5 Stelle, Paola Taverna, dopo aver poggiato sul comodino “Operazione San Valentino” – l’ultimo stratopico libro sulle indagini di Geronimo Stilton, che lei aveva appena finito di leggere – ebbe l’illuminazione!
“C’è un complotto per farci vincere a Roma!” gridò, sudatissima, nel cuore della notte, sobbalzando nel letto. Prese il telefono, chiamò Virginia.
“A Paolé ma so’ le tre di notte! Che c’è?”
“Il complotto! Il complotto!” fece appena in tempo a dire la Taverna…
“Sì, vabbè, però mo è tardi. Dai, domani me dici meglio, che stavo a dormì. Buonanotte.” rispose Virginia, prima di attaccare il telefono e bloccare il numero della collega di partito.
Una voce profetica e inascoltata, quella di Paola Taverna, capace di anticipare il futuro e, per questo, rimasta isolata.
Come avrebbero poi dimostrato i fatti successivi.

Il complotto della funivia di Casalotti

Era uno dei punti di forza del Movimento: la creazione di un impianto sciistico sulle montagne di Boccea. Dodici chilometri di piste, una baita con rifugio e ristorante, il cui disegno portava la firma di Massimiliano Fuksas, Santiago Calatrava e Renzo Piano. E poi la scuola di sci a Battistini, il noleggio attrezzature, il centro informazioni, la biglietteria per gli ski pass, con centinaia di nuovi posti di lavoro per maestri di sci, impiegati e guide alpine.
“Dobbiamo trasformare i problemi in opportunità” avevano detto i 5 Stelle, dopo la grande nevicata del 2012 che aveva paralizzato la città, presentando il nuovo progetto.
Ma, da quel momento, migliaia di aerei con le scie chimiche solcarono i cieli della Capitale, per impedire alle nubi di addensarsi e alla neve di scendere su Roma.
Senza nuove nevicate capitoline, la proposta della funivia cominciò a perdere forza. E a venire criticata dall’opposizione, in modo sempre più deciso.
Dopo anni di battaglie, anche gli sponsor ritirarono il proprio sostegno economico. Le carte con i disegni della nuova funivia, furono da quel momento chiuse in un cassetto, dimenticate.
Il consigliere grillino Paolo Ferrara, in un suo post, fece un ultimo, disperato tentativo e provò ad annunciare un’avvenuta nuova nevicata nel centro di Roma. Ma la presenza di sherpa himalaiani a Piazza Navona, nella foto da lui messa a corredo e, soprattutto, le immagini dell’Everest, che facevano da sfondo al Cupolone di San Pietro, destarono alcuni sospetti che le foto fossero state ritoccate con Photoshop.
Non se ne fece più nulla.

Il complotto del tombino

Un grandissimo successo della giunta capitolina a guida 5 Stelle: la pulitura definitiva di tutte le caditoie della città.
Le immagini di questo grande evento, furono divulgate al mondo da un consigliere del M5S: Paolo Ferrara.
Alcune malelingue misero però in giro la voce che i tombini di Roma, in realtà, fossero ancora sporchi e ostruiti e che quelle foto fossero solo state ritoccate con Photoshop, per farli apparire perfetti.
A nulla valse la toccante difesa fatta dal consigliere Ferrara, a sua discolpa: “Ma quale Photoshop?? Photoshop costa un botto, chi ce l’ha i soldi per comprarlo? Io non l’ho mai installato sul mio pc. Io uso Paint, una sottomarca!”

Il complotto della ciclabile

Una lunga lingua nera d’asfalto che costeggia i muraglioni del Tevere. Così appare la nova ciclabile appena tirata a lucido dalla giunta Raggi, agli occhi dei cittadini e dei visitatori. Uno scandalo internazionale, dato che quell’area è sottoposta a rigidi vincoli e tutele artistiche.
“Ma voi non vi dovete affacciare a guardare dal Lungotevere – ha detto con fermezza e serenità la Sindaca – Per capire come è fatta davvero la ciclabile dovete guardare le nuove Storie postate su Facebook dal consigliere Paolo Ferrara. Lì troverete una versione della pista fatta con un tappeto di petali di rose. Ce n’è anche una fichissima realizzata in mosaici di stile cosmatesco e un’altra in marmi policromi di Carrara. Devo dire che Paolo è diventato proprio bravo!”
Difatti, dopo le difficoltà riscontrate dal consigliere Ferrara nell’acquisto di Photoshop, il Comune di Roma ha realizzato un apposto bando, a fondo perduto, per le startup che volessero dotarsi di nuovi programmi per il fotoritocco dei video. Il bando è stato vinto dalla “Trucco e ritocco di Ferrara Paolo srls”.
Peccato solo che la Soprintendenza alle Belle Arti non ammetta, come prova, i fotoritocchi postati su Facebook e, inspiegabilmente, abbia bloccato i lavori.

Il complotto della G

Era il mese di maggio del 2021, quando Virginia Raggi convocò in gran segreto un incontro, presso i suoi uffici in Campidoglio. Alla riunione erano presenti Adalberto Taffo, Pier Maria Scifoni e Carlo Filippo Zega, oltre alla sindaca.
“Ragazzi, ho convocato voi che siete il top – esordì Virginia – Devo intitolare una piazza al presidente Ciampi e mi serve una bella lapide. Mi raccomando che sto in campagna elettorale. Vengono pure le televisioni e viene pure Mattarella. Non mi fate fare figuracce eh! Ce l’avete un marmista bravo? Che ne so, al Verano, a Prima Porta, dove ve pare…”
“Ma certamente! – dissero all’unisono i tre – Vedrai che faremo un lavoro coi fiocchi”.
Si consultarono rapidamente e poi consegnarono alla sindaca un foglio, con alcuni dati e un piccolo preventivo.
Virginia strabuzzò gli occhi e fece un salto dalla sedia: “Ma all’anima del li… Ehm ragazzi, ottimo lavoro. Adesso però andate pure, vi richiamo io eh…”
Le magre casse comunali non potevano permettersi quell’esborso.
Fu allora che Maria Concetta Cirulli, impiegata comunale da sette generazioni, già vice usciera, oggi passata a impiegata di livello D, cugina dell’amico del vicino di casa di uno che, fino a sei anni fa, aveva fatto l’aiuto marmista al cimitero Laurentino, ma da qualche anno in pensione e, dunque, libero professionista in nero, ebbe un’idea per provare a risolvere la situazione: “Dottoressa Raggi, non si preoccupi. Con un cinquanta euro posso pensarci io. Che tanto poi, se non le serve la fattura, risparmia pure sull’iva”.

Purtroppo, la notizia giunse alle orecchie interessate del trio Taffo, Scifoni e Zega, che, per vendicarsi dell’affronto, spifferarono tutto a una loro talpa, impiegata nella sede del PD. Il segretario Letta, venuto così a conoscenza della situazione, a sua volta, decise di sguinzagliare i propri uomini, per realizzare un raffinatissimo e machiavellico piano: far sparire dalla città tutti gli stampi della lettera G per le incisioni su marmo, non permettendo perciò la corretta composizione della parola “Azeglio”.
Come poi sono andati i fatti è cosa nota.
Ma, in tutto questo, noi nulla avremmo potuto sapere della subdola e meschina macchinazione, senza la coraggiosa denuncia di un solo – eroico – uomo, a cui la città e la patria intera dovranno essere in eterno riconoscenti: il consigliere M5S Paolo Ferrara.
A perenne memoria.

 

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