Il mare di Roma visto da Kitzbuhel

Parlando di lui, sembra quasi di sentire il profumo di un piatto di tagliatelle con gamberi, cozze e funghi porcini: le mitiche “mare e monti”. Rodolfo Baldassarri, 56 anni, viene dalle coste del Tirreno. Nato a Nettuno, trasferitosi a Tor San Lorenzo, vissuto per trent’anni tra Ardea e Ostia, dopo tre decadi contrassegnate dall’odore di salsedine, si è spostato in Austria. Oggi vive e lavora nei dintorni di Kitzbuhel, una delle più rinomate località sciistiche del mondo, quella della mitica pista “Streif”, croce e delizia per ogni appassionato di sci.

È proprio in Austria che Baldassarri ha scoperto la sua vena letteraria. Una passione nata tra la neve e i ghiacciai, ma che ci racconta molto di spiagge assolate, protagoniste assolute di tutti i suoi romanzi. A partire dal primo, uscito in libreria nel 2010 e intitolato, non a caso: “In riva al mare”. Quel lavoro è l’incipit di una trilogia, “Il filo rosso del destino”, tradotta anche in inglese e in tedesco, che fa quasi da prologo al suo quarto libro, uscito ora in italiano col titolo: “I migliori anni della nostra vita”.

 

Baldassarri, dal mare del Lazio ai monti del Tirolo. Come mai, a un certo punto della sua vita, ha deciso di compiere questo grande salto, notevole anche a livello altimetrico?
In effetti dal livello del mare a più di 2.000 metri di quota è uno sbalzo notevole, in tutti i sensi. Ciò che mi ha spinto a compiere questo passo sono stati una serie di accadimenti, che il destino ha voluto far convergere in un momento preciso della mia vita. Tra la fine del 1999 e gli inizi del 2000, infatti, una delusione amorosa e la perdita del mio lavoro a Roma, mi spinsero a cambiare non solo vita ma anche nazione. In passato ero stato già un paio di volte in Germania e in Austria. L’aria pulitissima, i verdi paesaggi di montagna, il mare di gerani, come nei cartoni animati di Heidi, mi fecero prendere la decisione di trasferirmi sulle Alpi tirolesi. Una decisione che non rimpiango. Anche se del mare e dell’Italia, di tanto in tanto, sento la mancanza.

Un altro “grande salto” è anche quello che, dopo varie esperienze professionali, l’ha portata a diventare un romanziere.
Sì, un altro grande salto, ma questo non mi è costato alcuno sforzo, se non quello d’iniziare a scrivere, superando il blocco e le barriere che avevo costruito io stesso, per non rischiare di scoprire un giorno di non saper scrivere! Per fortuna, dopo le iniziali esitazioni, quelle che segnano quasi sempre la nascita di un nuovo romanzo, il giudizio dei lettori e della critica mi hanno fatto capire che quella era la mia vera passione e la giusta via da seguire.

 

 

Pensando a lei si potrebbe dire: “Nemo profeta in patria”. Per raccontare efficacemente il mare di Roma, forse occorreva davvero spostarsi sulle cime tirolesi. So che i suoi romanzi hanno tutti avuto un ottimo successo sia in Austria che in Germania, prima ancora che in Italia.
In parte lei ha ragione, ma se andiamo a studiare i numeri più da vicino devo contraddirla. In Austria e Germania, forse per l’elemento “esotico” di essere uno straniero e, soprattutto, per il fatto di scrivere di un paese come l’Italia, che per i tedeschi e gli austriaci e sempre ai primi posti tra i luoghi più amati, pubblicare i miei lavori mi ha dato una grande notorietà. Però, come le dicevo, anche in Italia, solo con il passaparola, ho venduto più di 10.000 copie e le mie presentazioni sono sempre molto frequentate. Ecco, forse quello che ancora manca è una grande notorietà a livello nazionale, ma neanche Roma è stata costruita in un solo giorno. Giusto?

So che ora ha appena chiuso un accordo con l’editrice Austin Macauley, per diffondere le sue opere anche nei paesi di lingua anglosassone.
Questo è un altro passo in avanti che mi riempie di orgoglio. Ho fatto tradurre il mio primo libro da una freelance di Londra. Questo mi ha permesso di entrare in contatto con la casa editrice Austin Macauley, che ha deciso di tradurre anche gli altri due volumi della trilogia e di farli stampare tutti, entro il 2022. Quindi, come vede, passo dopo passo, sto raccogliendo i frutti del mio lavoro e della mia passione. Un lavoro che ho iniziato nel 2010, l’anno in cui è uscito il mio primo romanzo, semi autobiografico, pubblicato in italiano due anni dopo e a cui sono molto legato: “In riva al mare”.

Nei primi tre romanzi della sua trilogia “Il filo rosso del destino”, oltre al mare e alle vicende sentimentali dei protagonisti, ci sono elementi tipici del romanzo storico, con alcuni passaggi ambientati nei secoli passati. Ce ne parli meglio.
Questa è un’altra mia passione, o meglio, è ciò che amavo studiare sin dalle elementari, per poi approfondirla all’Università: la storia, appunto. Per un breve periodo, ho anche collaborato con uno dei maggiori esperti italiani di storia medievale: il professor Simonelli, al quale sono rimasto molto legato. In quegli anni volevo diventare ricercatore. Poi, fui chiamato alla Camera dei Deputati, per curare l’ufficio stampa dell’onorevole Alfredo Biondi e questo nuovo impegno mi distolse da quel progetto. Però l’amore per la storia, per le ricerche del passato, mi è rimasto sempre. Ecco il motivo per cui amo mescolare il filone storico a quello romantico. Un espediente letterario, che credo i miei lettori abbiano molto apprezzato.

Questo aspetto storico non è però presente nel suo nuovo lavoro: “I migliori anni della nostra vita”, nonostante il romanzo sia la prosecuzione ideale della precedente trilogia. Ha forse deciso di lanciare il suo sguardo più verso il presente e il futuro, nonostante il titolo dell’opera abbia una connotazione venata di nostalgia?
In effetti è così. Infatti, il mio nuovo romanzo è uno spaccato del presente che, allo stesso tempo, contiene un omaggio alle nostre radici e alle nostre tradizioni. Naturalmente parlo di radici e tradizioni del protagonista, un uomo che, guarda caso, è uno scrittore affermato che ha raggiunto la cinquantina. Ovviamente, c’è sempre un po’ di me nelle storie che racconto. Nel libro parlo della mia generazione, ma anche di quella dei miei genitori e di quella di mio nonno. Pur non essendo un romanzo storico, c’è comunque uno sguardo nel passato, anche se un passato relativamente recente. E da questo sguardo nel passato, si può poi cogliere il presente e immaginare il futuro. In questo lavoro ho voluto dare un taglio netto con il filone storico, però vi anticipo che ci tornerò molto presto, con un romanzo a cui sto lavorando e che sarà, per l’appunto, puramente un romanzo storico.

 

 

A proposito del titolo del suo ultimo romanzo, il suo è anche un omaggio a Renato Zero, autore della famosissima canzone omonima.
Sì, in effetti sono un grande fan del cantautore. Le sue canzoni – in particolare quella che dà il titolo al romanzo – hanno segnato molti momenti della mia vita. Ma questo titolo, è anche un modo di comunicare ai lettori quali siano, a mio avviso, i migliori anni della vita di tutti noi. Sono da ricercare nel passato? Oppure da immaginare nel futuro? Per Valerio, il protagonista de “I migliori anni della nostra vita”, sono quelli che stiamo vivendo, nel presente. Carpe diem!

Quello che è sempre molto forte, in tutti i suoi romanzi – storici e non – è il suo strettissimo rapporto col mare, vissuto attraverso le vicende dei protagonisti. Soprattutto col mare di Roma.
Assolutamente! Come può ben vedere già dai titoli: “In riva al mare”, “Infinito” e “Come le onde”, la trilogia delle mie prime opere, ha per protagonista assoluto il mare e gli rende omaggio. Il mare è ciò che i miei occhi hanno visto per prima cosa, quando sono venuto al mondo. Per ben trent’anni è stato come il profilo di una persona amata, alla cui vista iniziamo a sorridere, senza quasi sapere bene il perché. Il mare è una costante, è inciso a lettere di fuoco nel mio cuore e nella mia anima. E, prima o poi, come le onde torno a lui, anche solo per qualche giorno.

Tutte le sue opere hanno una fortissima vena romantica. Ritiene che il romanzo d’amore, spesso etichettato ingiustamente come un genere “femminile”, abbia una forza e una presa sul lettore – di ogni sesso ed età – che non sempre la critica riesce a cogliere e valorizzare nel modo giusto?
Ha ragione, se pensiamo ai grandi romanzi romantici, o a quelli che vendono milioni di copie come i libri di Rosamunda Pilcher, oppure i più recenti di Lucilla Riley. Senza tralasciare quelli a cui mi sono ispirato spesso: quelli dello scrittore americano Nicholas Sparks. Vengono etichettati come “romanzi d’amore”, quasi fossero figli di un Dio minore. Ecco, io ritengo questa definizione errata e piena di preconcetti. Per me non esistono generi, o meglio l’unica differenza che conti davvero, la fa il fatto di essere scritti bene o meno bene. Non ha importanza se poi uno parla d’amore, o s’ispira al fantasy, oppure racconta un delitto. Se penso che Stevenson e Edgar Allan Poe inventarono il romanzo poliziesco e giallo, senza accorgersene del tutto, o se penso al “Il Rosso e il Nero” di Stendhal, oppure a “Il grande Gatsby” di Scott Fitzgerald, come posso definire questi romanzi, inscatolandoli in un genere letterario specifico, senza commettere un “sacrilegio”? Per me esistono solo due categorie, lo ripeto: scritto bene o scritto male. Il resto lo lascio ai critici e ai sofisti. Ma, tornando alla sua domanda, si, posso definirmi anche un romantico, ma nell’accezione che aveva agli inizi dell’Ottocento, quando questo movimento nacque e cambiò la storia dell’arte e della letteratura.

Quale ritiene che siano, in sintesi, le caratteristiche principali del suo stile letterario e dei suoi romanzi?
Questa domanda è molto bella e, per rispondere davvero, avrei bisogno di molto tempo. Ma cercherò lo stesso di essere coinciso. Come le ho già accennato prima, ritengo il mio stile un nuovo romanticismo, dove ci sono venature di romanzo storico, a cui abbino anche parti di romanzo psicologico e d’avventura. Insomma, si tratta di uno stile poliedrico, a cui non so dare una definizione unica, se non che un domani – e non voglio che Lei mi reputi presuntuoso – sarà magari definito come un nuovo stile: lo “stile Baldassarri”. Perché no?

E quale ritiene essere il punto di forza de “I migliori anni della nostra vita”?
I punti di forza? Il mio concetto di tempo che, come nella ricerca di Proust, non è lineare ma circolare, abbinato a una tecnica di narrazione quasi cinematografica, “da cinepresa”. Cioè, cerco di prendere per mano il lettore e di metterlo dinanzi a un quadro, o a un paesaggio. Cerco, con la parola, di farlo immergere in quello che sta leggendo. Alla fine, deve addirittura credere di sentire davvero il profumo di una rosa, o ascoltare lo sciabordio delle onde del mare. C’è poi la mia inguaribile vena ottimistica. Cioè il messaggio che, alla fine, con la volontà e la determinazione si può riuscire a cambiare il proprio destino. Non a caso, in un capitolo, Valerio, il protagonista maschile, ci dice che nella vita non conta quante volte si è fallito o si è caduti, l’importante è rialzarsi una volta di più. E questo credo sia veramente molto importante.

A giugno tornerà in Italia per un tour di presentazione del suo ultimo lavoro letterario. Dove, per la precisione?
Il 18 giugno sarò in Maremma, in una delle città protagoniste del romanzo: Massa Marittima. Ad agosto tornerò nuovamente in Austria per un importante evento e, infine, a settembre, sarò a Bassano del Grappa, in una delle biblioteche più belle d’Europa, quella di Palazzo Roberti. Infine, a ottobre, dovrei presentare il romanzo ad Amalfi, ma siamo ancora in fase di organizzazione.

 

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