A chi Jova?

Era così nel 2019, quando fu realizzata la prima edizione. È così anche oggi, quando ritorna dopo due anni di Covid: il “Jova Beach Party” – ovvero il super concertone animato da Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti – continua a spaccare in due il pubblico e i commentatori.

Da una parte c’è chi lo esalta, trovandolo uno dei pochi eventi innovativi realizzati negli ultimi anni, che sa miscelare musica, ambientalismo – il WWF è tra i principali partner dell’iniziativa – performance artistiche. Un contenitore, capace di coinvolgere e di entusiasmare decine di migliaia di persone ad ogni sua tappa, in qualunque zona d’Italia.

Dall’altra c’è chi lo critica ferocemente, proprio per la sua dichiarata vocazione ambientalista, considerata piuttosto ipocrita, visto che le location scelte per il tour – quasi sempre grandi spiagge lontane dai maggiori centri abitati – subiscono danni anche gravi al proprio ecosistema, dopo il passaggio delle orde dei “Jovanotti Boys”.

Fu anche a causa di questo carico di polemiche, che ha accompagnato fin da subito la nascita del “Jova Beach Party”, che, quando gli organizzatori dell’evento – la Trident Music – dichiararono di voler fissare una data anche nel Lazio, né il comune di Roma, né quello di Fiumicino si fecero avanti, per proporre quali location le due principali spiagge frequentate dai romani, cioè Ostia e Fregene.

Il concerto del 2019 a Marina di Cerveteri

Ci pensò invece il vulcanico Alessio Pascucci, all’epoca sindaco di Cerveteri, a concordare una data con Jovanotti e i suoi, sulla Marina dell’antica città etrusca. In fondo andò tutto bene: a differenza di quanto accaduto in altre località d’Italia, a Cerveteri non si crearono grosse polemiche, né scontri memorabili in nome della salvaguardia dell’ecosistema. E così, tre anni dopo, ecco che si replica: stessa spiaggia, stesso mare.

Il “Jova Beach Party”, sicuramente è qualcosa di più di un’esibizione musicale. È una sorta di piccola Woodstock, o di mega concertone del Primo Maggio sul bagnasciuga, con ospiti, gruppi di supporto, dj set, eventi performativi, inserti di spettacolo, momenti ludici e didattici. Il tutto per la durata ininterrotta di due giornate piene, per ogni tappa del viaggio.

Ovvio che un evento così possa creare danni all’ambiente, nonostante la buona volontà degli organizzatori. Non solo per la grande quantità di rifiuti che una concentrazione così alta di persone finisce per produrre. Su questo, gli organizzatori, coadiuvati dai volontari del WWF, sembrano abbastanza preparati e pronti a ripulire tutto in tempi rapidissimi, curando bene anche gli aspetti relativi a una raccolta differenziata ben fatta.

Meno preparati, invece, gli organizzatori si sono dimostrati per quanto riguarda questioni come la nidificazione del fratino – che avviene in alcune delle aree limitrofe a quelle scelte per i concerti – un tipo di uccello a rischio estinzione, spaventato dall’arrivo di tanta folla e di tanti decibel e che, a detta di alcune associazioni ambientaliste, ha finito per abbandonare definitivamente tutte quelle spiagge in cui è stato realizzato l’evento.

Per non parlare delle accuse rivolte alle squadre di operai del “Jova Beach Party”, stigmatizzati per avere distrutto le dune e i cespugli e per avere abbattuto numerosi alberi – come pare sia avvenuto, ai primi di luglio, a Marina di Ravenna – pur di fare posto al palco e alle altre mega strutture, necessarie per lo svolgimento della kermesse musicale.

Come si fa a far sponsorizzare il tour di un artista che si dichiara green, ad uno dei più grossi allevatori intensivi italiani?

In questa edizione 2022, nelle polemiche è finita anche la scelta di alcuni sponsor, come la Fileni, società agroalimentare, che si dichiara bio, ma che viene accusata di fare largamente uso di allevamenti intensivi di polli e bovini e, dunque, di essere responsabile di gravi danni ambientali e di scarsa sensibilità per gli animali.

“Mi chiedo come faccia il Wwf ad associare il suo nome a questa operazione – ha polemizzato, nei giorni scorsi, la giornalista Rai Sabrina Giannini – E Jovanotti, che si dichiara ambientalista e dice di non mangiare carne, poi ha Fileni come main sponsor dei suoi concerti. Come si fa a far sponsorizzare il tour di un artista che si dichiara green, ad uno dei più grossi allevatori intensivi italiani? Come è strano che gli sia concesso di fare concerti accanto a parchi naturali ed aree protette”.

C’è chi, in merito alla questione, ricorda anche l’articolo nove della Costituzione, quello recentemente emendato e che non tutela più solo il paesaggio, ma l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi, mettendo, per altro verso, anche un limite all’iniziativa economica privata, che non dovrebbe svolgersi in contrasto con la salute e l’ambiente.

È chiaro che un evento di queste dimensioni ha una forte ricaduta economica. Non solo per gli organizzatori, ma anche per il territorio che lo ospita, fra personale locale di supporto impiegato dal management di Jovanotti, attività commerciali delle zone circostanti, che vedono crescere i propri incassi in occasione dei concerti, costi di occupazione suolo pubblico versati nelle casse dei comuni ospitanti.

L’edizione 2022 del Jova Beach Party, a Lignano Sabbiadoro

Logicamente, queste ricadute economiche, possono pesare non poco a livello di scelte delle amministrazioni e potrebbero indurre qualcuno a sottovalutare gli aspetti negativi, o anche a chiudere un occhio – c’è chi dice anche tutti e due – rispetto a quegli eventuali danni collaterali, che la realizzazione dell’evento potrebbe provocare nelle aree prescelte.

D’altro canto, c’è chi invece minimizza, lasciando intendere che gran parte delle critiche rivolte contro Jovanotti, vengano gonfiate un po’ ad arte, per una sorta di “invidia” che il successo dell’evento e la sua grande partecipazione di pubblico, sta provocando in organizzazioni concorrenti alla Trident Music.

Come spesso succede in questi casi, stabilire con certezza una linea netta fra la realtà delle cose e il marketing, fra gli aspetti positivi e quelli negativi, per decidere con consapevolezza piena se sia giusto promuovere o vietare questo tipo di eventi, non è facile. La sensazione è che anche il “Jova beach Party”, finisca per somigliare un po’ alle tante ambivalenze e contraddizioni della cosiddetta “transizione green”.

Insomma, un “Jova Beach Party” che, proprio perché si dichiara “green”, potrebbe quasi essere paragonato, per ambivalenza, alle auto elettriche, quelle che, da una parte, sono la scelta più manifestamente “green” sul piano del trasporto privato, giusta e necessaria contro le emissioni di gas serra e per disincentivare l’uso di combustibili fossili, ma dall’altra finiscono, nello stesso momento, per creare altrettanto o persino maggiore inquinamento rispetto alle auto tradizionali. Un inquinamento meno visibile, perché non prodotto direttamente dall’auto in sé, bensì dalle industrie indispensabili a produrre l’energia e le batterie che ne permettono il funzionamento.

Sembra quasi come se, un artista vegetariano, che ci dice di amare l’ambiente, permettesse al suo staff di eliminare flora e fauna, fratini e tamerici, pagandone il lavoro grazie ai soldi ricevuti da una grande macelleria. Ovvio che un vero ambientalista – e Jovanotti pare essere sinceramente tale, non solo per questioni d’immagine – questo non lo farà mai. O forse sì?

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