Sfasci da combattimento
Fra i rottami di uno sfascia carrozze negli anni 70 Ettore Scola girò una delle scene più belle del film C’eravamo tanto amati e forse di tutto il cinema italiano di sempre.
Dopo oltre quarant’anni la maggioranza degli autodemolitori della capitale tra incendi, roghi tossici, degrado e l’assoluta mancanza di controlli da parte dell’amministrazione sembrano essere pronti giusto per il passaggio in città dei nuovi set di Mad Max, o La Notte del Giudizio.
Le fiamme al centro di rottamazione ad un passo dalla stazione della Metro A Battistini di giovedì scorso, arrivano a complicare ancora di più una situazione che già da tempo aveva superato il limite. Sia perché la maggior parte di questi impianti è dislocato all’interno del Grande Raccordo Anulare, a ridosso di balconi e finestre, ma anche perché il 30 giugno scade la più recente di una serie infinita di proroghe e concessioni provvisorie che parte addirittura dalla prima legge sui rifiuti, quella del D.P.R. 915/1982.
Un intervento dell’autorità era necessario sin da quando l’abusivismo edilizio permise che questi impianti fossero circondati dalle case. Gli sfasciacarrozze non sono pericolosi non solo in caso di incendi, ma anche per tutto il materiale che trattano quotidianamente, che nel migliore dei casi può contenere gas fluorurati nocivi per l’ozono.
L’incidente di Battistini sembra rendere inevitabile un intervento della Procura che è necessario prima di tutto per la salute e l’incolumità degli abitanti, ma anche per venire incontro a tutte quelle ditte di demolizione che hanno speso fino a 30.000 euro in progetti di trasferimento fuori il centro abitato, ma che poi la Regione o il Comune hanno vanificato, disattendendo gli accordi di programma o addirittura concedendo concessioni edilizie nelle zone dove invece si era trovata un’intesa per dislocare le loro attività.
Le proroghe di questi anni non solo hanno messo a rischio la salute dei cittadini, ma hanno finito per mettere sullo stesso piano gli impianti che cercavano di mettersi a norma e quelle che invece sono sempre vissuti nell’illegalità.
Il rogo di Pomezia e quello di Casale Bussi a Viterbo dimostrano un’impreparazione non solo a livello normativo, ma anche serie lacune nella gestione delle emergenze.
Alcuni testimoni dell’incidente di giovedì parlano di gravi ritardi nell’intervento dei Vigili del Fuoco. I tagli alle spese e al personale hanno messo a nudo la povertà dei mezzi co cui deve confrontarsi il 118.
A Battistini il pronto intervento si è presentato con gli strumenti adeguati per domare il tipo di incendio solo quando la situazione era già compromessa.
Con l’estate senza pioggie alle porte e la scadenza dell’ultima proroga normativa questo 30 giugno sembra non esserci più tempo per rimandare il problema.