L’Idrocronometro di Villa Borghese

Il Colosseo sta solo qui. San Pietro pure, e via discorrendo. Ma anche un idrocronometro, sebbene sia difficile l’esclusiva mondiale, non lo si trova proprio dappertutto.

Specie se a custodirlo è Villa Borghese, che nell’elenco delle cose che stanno soltanto a Roma un posto bello in alto non glielo leva nessuno.

Una targa ne rivela l’anno – 1867 – e assegna al padre domenicano Giambattista Embriaco il merito di averlo ideato e costruito.

Sulla targa è scritto SPQR, a ribadire dove ci troviamo. Un’altra ipotesi sarebbe forse il paese delle meraviglie, visto che l’idrocronometro, un modo tecnico per dire orologio ad acqua, svetta su un laghetto fascinoso con rocce, sottopassaggio, una passerella di legno e una teca che ne rivelerebbe il meccanismo dopo la magia di una pulita ai vetri.

Rafforza il dubbio di aver oltrepassato lo specchio il fatto che l’orologio, dotato di quattro facce, offra un’ora diversa su ciascuna: le due e trentacinque, le due e tre, le cinque meno cinque e perfino, clamorosamente, le zero, poiché uno dei quadranti non ha proprio lancette.

Incuria, e al tempo stesso incanto, che prosegue pochi metri più in là, di fronte all’edificio con su scritto, dietro un cancello chiuso e parecchia vegetazione, “Ascensori”, rivelando al passante la tecnologia verticale che collegava la villa alla strada di sotto: futuro, all’apparenza, dismesso circa sessant’anni fa. Lo gestiva l’Atac, che avrebbe piuttosto bisogno di risalita.

Chissà se lo prenderebbero, per risparmiare le forze, le frotte di ragazzetti che di recente si danno convegno al Pincio per menarsi.

Nel caso tornerebbe utile, l’orologio matto, a far mancare l’appuntamento con le pizze in faccia in favore di social, sbagliare orario, perdersi, cioè forse ritrovarsi, per la botta di culo di una nuova ora zero.

[Alessandro Mauro è l’autore di Se Roma fatta a scale (Exòrma, 2016) e Basilio – Racconti di gioventù assoluta (Augh!, 2019)]

 

 

 

 

 

 

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