Fiumicino capitale dell’Utopia

Forse, se non fosse scoppiata la prima guerra mondiale, laddove oggi si sviluppano le piste e le costruzioni dell’aeroporto di Fiumicino, poteva nascere una grande città, degna del mondo di Utopia: la città più bella del mondo, simbolo di pace fra i popoli e di progresso dell’umanità.

Almeno tutto questo era nella mente un po’ visionaria e nei progetti dell’artista norvegese Hendryk Christian Andersen, trasferitosi a Roma a fine Ottocento e che, dunque, proprio di Roma voleva fare la “capitale mondiale della pace fra i popoli”.

“L’International World Center” – questo il nome ufficiale del progetto – venne ultimato ufficialmente nel 1913 e scelse proprio l’area a sud di Roma, poco distante dalla via Portuense e in prossimità del mare, come luogo perfetto per essere realizzato.

La genesi del progetto

Per comprendere appieno il progetto dobbiamo prima di tutto pensare allo strano e contraddittorio momento storico in cui venne elaborato. Se, da una parte, gli stati europei si stavano armando fino ai denti e avrebbero di lì a poco dato il via a uno dei più grandi massacri della storia, dall’altra filantropi e intellettuali vivevano nel pieno dell’ottimismo della Belle Èpoque.

Si sperimentavano forme nuove e pacifiche di scambio e amicizia tra i popoli. Non a caso, pochi anni prima, erano state organizzate le prime Olimpiadi dell’era moderna. Sono anni in cui viene dato un forte impulso alle Esposizioni Internazionali. Sono anche gli anni in cui nasce la “lingua di tutte le lingue”, cioè l’Esperanto, anch’essa figlia dell’idea di una collaborazione positiva fra tutti i popoli del mondo.

In questo clima culturale internazionale, Andersen decide di realizzare una grande città, in cui tutti i popoli del mondo avrebbero potuto vivere in amicizia, pace e armonia sotto l’insegna dell’arte. Una sorta di Capitale mondiale del sapere umano e, con esso, del genere umano.

La città ideale

Dopo aver scritto un testo dal titolo “The Fountain of Life” che anticipava molti dei concetti del suo progetto per una città mondiale, nel 1913 Andersen pubblicò un immenso volume, dal peso di cinque chili, insieme all’urbanista francese Ernest Michel Hebrard dal titolo “A World Center of Communication”, in cui illustrò il progetto della città mondiale e le idee che c’erano dietro esso.

Proprio la Fountain of Life, ovvero la Fontana della Vita, doveva essere il monumento centrale intorno a cui si sarebbe sviluppata la nuova città. Tale monumento sarebbe dovuto essere di dimensioni imponenti, su più livelli il primo dei quali sarebbe stata una sorta di piazza, con spazi occupati da diversi gruppi di sculture. Tutte le statue presenti nel monumento sarebbero state delle allegorie: le diverse fasi del giorno, la gioia di vivere, la preghiera, il progresso dell’umanità.

Andersen lavorò alacremente a quest’opera, della quale esistono ancora oggi diverse bozze preparatorie, conservate presso la sua casa-museo, ubicata in una palazzina di gusto neo rinascimentale, progettata e costruita negli anni Venti dallo stesso artista, in Via Pasquale Stanislao Mancini.

Il progetto

La città, avrebbe dovuto affacciarsi direttamente sul mare – da qui la scelta di Fiumicino – con un grande porto, che stava a simboleggiare il fatto che le persone di tutto il mondo sarebbero state benvenute. Tutto ciò sarebbe stato ulteriormente sottolineato dalla presenza di due statue colossali, di un uomo e una donna con le braccia alzate, alte 80 metri, che avrebbero funzionato anche come fari, con una simbologia secondo cui l’unità umana avrebbe illuminato l’umanità intera.

Ci sarebbe poi stato spazio per il quartiere olimpico della città. Anzi, le neonate Olimpiadi avrebbero potuto essere ospitate in quella città utopistica in modo permanente, a maggiore riscontro dello spirito multiculturale, pacifico e accogliente di quel luogo. Perciò, in un’area della città situata a ridosso del porto, sarebbe stato realizzato un immenso stadio da 300 mila posti, oltre a campi da gioco per tutte le discipline sportive.

All’opposto del porto, collegato alla Fontana della Vita da un lungo viale, sarebbe dovuto sorgere invece una sorta di grande grattacielo, la Torre del Progresso, altro monumento che avrebbe incarnato lo spirito della città mondiale, in cui tutte le persone avrebbero dovuto vivere unite, elevandosi al progresso tramite l’arte.

La fine del sogno

Lo scoppio della Grande Guerra mandò in frantumi non solo quel progetto, ma tutte le illusioni di pace e di progresso che gli uomini della Belle Époque avevano coltivato nei loro cuori.

Lo stesso Andersen, sebbene operò ancora per oltre vent’anni – morirà a Roma nel 1940 – avrebbe chiuso in un cassetto quella grande Utopia, senza più provare nemmeno a riproporla.

Al posto di quella città ideale sarebbero poi state costruite le piste di decollo e di atterraggio del più grande aeroporto italiano. Ma in fondo, a pensarci bene, cos’è un aeroporto, se non il luogo per antonomasia che unisce e accoglie le persone più varie per provenienza e cultura? Forse il sogno di Andersen non è morto, si è solo trasformato, per realizzarsi in un modo diverso.

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