Eur, i bolidi elettrici alla fermata del bus

In un quartiere come l’Eur, che per fare bella figura in pratica c’è nato, il notevole spiegamento di forze che accompagna l’attesa della Formula E appare meno assurdo che altrove.

Quel bianco marmoreo, quella frontalità dichiarata e monumentale è di per sé, da quando esiste, rombante.

Si immaginano l’entusiasmo degli appassionati e la perplessità più o meno stranita dei molti cui della velocità a motore frega niente o pochissimo, che leggono nell’imponente messinscena qualcosa di vagamente surreale, per via della sua ambientazione nella città delle buche, della mobilità ansimante, delle ciclabili a mozziconi.

Se ne può parlare, attrezzandosi per un discorso grosso che mischia affari e bisogni, economia e vivibilità, cilindrate e storia.

Basta lo sguardo, invece, per notare i due piccoli villaggi speculari sorti ai lati della Colombo, fitti di stand tirati su per ospitare i bolidi e tutto il circo che li riguarda.

In uno dei due, a piazzale dell’Agricoltura, succede che quei tendoni bianchi per auto elettriche che vanno a trecento all’ora siano capitati fianco a fianco con gli autobus fermi al capolinea.

È una vicinanza struggente, prima ancora che comica, in cui gli affaticati parallelepipedi che vediamo arrancare per Roma, qualche volta con noi dentro, appaiono anzitutto dignitosi.

Anche loro hanno ruote, e un motore, anche loro per mestiere si spostano da un punto a un altro, senza quasi mai vincere.

Quei vicini arrivati da chissà dove, snelli, coloratissimi e capaci di sfrecciare, sono corda evocata in casa dell’impiccato, sberleffo, scorribanda.

I nostri autobus sostano muti, con l’onorevole mestizia di chi non persegue il successo personale ma sbuffa al servizio di una comunità.

Magari è difficile immaginare un sorpasso, ma non c’è dubbio su chi tifare.

[La foto del titolo è di Nino Gualdoni ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]

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