E se Lotito mollasse la Lazio?

Venerdì 7 maggio, battendo l’Empoli capolista, la Salernitana è arrivata ormai a un passo dalla serie A. Nell’ultima giornata del campionato cadetto, le basterà superare il Pescara, penultimo in classifica e matematicamente retrocesso, per non poter più essere raggiunta dal Monza di Berlusconi e Balotelli – unica squadra ancora in grado di insidiarla – ritornando così, dopo oltre vent’anni (l’ultima partecipazione è datata 1998-99) nell’élite del calcio nazionale.

Anche in caso di pareggio o di sconfitta contro gli abruzzesi, per la Salernitana le probabilità di ottenere comunque la promozione restano molto alte. Limitandoci a un semplice calcolo statistico, per l’incrocio dei vari risultati possibili, la percentuale matematica di promozione nella massima serie, per la compagine campana, supera l’80%.

Questa sembrerebbe un’ottima notizia per il suo presidente, quel Claudio Lotito che a Roma conosciamo molto bene, visto che da molti anni è anche il presidente della più antica squadra della Capitale, la SS Lazio. Forse però, la notizia, proprio così buona, per lui, non lo è. Certamente, infatti, la questione rischia di produrre delle rivoluzionarie conseguenze nell’assetto societario dell’una o dell’altra compagine di sua proprietà.

Già, perché se le cose andassero come i pronostici lasciano supporre, per Lotito si impone a breve e obbligatoriamente una scelta drastica e rapidissima: vendere una delle sue due squadre entro trenta giorni. Questo richiede, infatti, la normativa in corso, che vieta a una stessa persona di possedere, direttamente o indirettamente, due squadre che militino nello stesso campionato.

Il comma uno dell’articolo 16 bis del NOIF (Norme Organizzative Interne della Figc), così si esprime in merito alla questione: “Non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale”.

Viene poi aggiunto: “Qualora sopravvengano situazioni tali da determinare in capo al medesimo soggetto situazioni di controllo diretto o indiretto in società della medesima categoria, i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi”.

Claudio Lotito è proprietario del club granata dalla stagione 2011-2012, in seguito al fallimento della vecchia gestione. A quei tempi, Lotito, che era già presidente della Lazio, usufruì della normativa federale in tema di multiproprietà delle società di calcio. Sotto la sua presidenza, i campani ripartirono dalla serie D, per scalare con successo un campionato dopo l’altro, fino ad arrivare oggi, dopo meno di dieci anni, a un passo dalla massima serie.

La maggior parte degli analisti sportivi pare concorde nel dire che, qualora la Salernitana dovesse farcela, Lotito la cederà a un nuovo proprietario, per mantenere la ben più prestigiosa presidenza della Lazio. Anche la logica lo lascerebbe supporre. Eppure qualche dubbio in merito potrebbe venire, visto quanto sta accadendo in seno alla Lazio in questi giorni. E visto anche che, nonostante il trionfale campionato della Salernitana in serie B, nessun possibile acquirente pare essersi ancora fatto avanti.

La strategia di Lotito sembrava volesse puntare a cedere le proprie quote a Marco Mezzaroma – che già oggi, grazie alla sua società Morgenstren S.r.l. possiede una partecipazione nella Salernitana – spingendo contestualmente per modificare quella parte della normativa che impone ai presidenti di una medesima categoria di non avere legami di parentela fino al quarto grado (Marco Mezzaroma è infatti il cognato di Claudio Lotito). Questo grazie anche al  ruolo di consigliere FIGC ricoperto da Lotito. Un ruolo che però ora vacilla. E con esso finisce per vacillare tutta la strategia sin qui ipotizzata per ovviare al problema.

Cosa sta accadendo, infatti, in casa Lazio? Due piccoli episodi lasciano intravedere una posizione di Lotito non così solida e sicura come appariva fino a non molto tempo fa. Due fatti apparentemente scollegati, ma che, con un qualche esercizio di dietrologia, potrebbero fare nascere dei sospetti sulla necessità di Lotito di cambiare rapidamente obiettivi e ipotizzare non più la cessione della Salernitana, ma addirittura quella della Lazio: la recentissima sentenza sul caso-tamponi e il mancato rinnovo del contratto dell’allenatore Simone Inzaghi.

Lo scandalo dei tamponi

Si tratta, in estrema sintesi, di uno scandalo scoppiato tra ottobre e novembre del 2020, quando Ciro Immobile, insieme ad altri compagni, è risultato positivo ad alcuni tamponi effettuati. Salvo poi risultare negativo ai test anti Covid realizzati da un laboratorio di Avellino, potendo così tornare a giocare. Eppure, per lo stesso giocatore e nello stesso periodo, risultò una positività in alcune analisi e controanalisi, effettuate attraverso laboratori diversi da quello irpino.

Di fronte a questa alternanza di tamponi con esiti opposti, la società decise di ignorare quelli con esito positivo, ammettendo il centravanti agli allenamenti e alle partite. Partite nelle quali Immobile è poi risultato spesso determinante, segnando anche diversi gol.

La querelle, da allora, si sta portando avanti attraverso un processo sportivo, processo in cui la Lazio rischia una condanna non solo a una pesante ammenda, ma anche, nella peggiore delle ipotesi, l’esclusione dal prossimo campionato di serie A.

Le cose, su un piano processuale, per i biancocelesti non stanno andando proprio benissimo. È di pochissimi giorni fa la sentenza della Corte d’appello della FIGC, che ha inflitto ben dodici mesi di squalifica al presidente della Lazio, Claudio Lotito, per questa vicenda. Per effetto della sentenza, Lotito, al momento, è anche decaduto da ogni carica federale in FIGC.

La Lazio ha già annunciato ricorso, ma certo, se le cose dovessero mettersi davvero male, non è da escludere qualche reazione clamorosa, incluso un gesto plateale, come, ad esempio, quello delle dimissioni di Lotito da presidente biancoceleste, in polemica con la Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Il caso Simone Inzaghi

Ad agitare ulteriormente le acque, ci sta pensando anche il caso Inzaghi. Mentre in casa degli odiati cugini giallorossi sta per arrivare, con grande battage pubblicitario, lo Special One, José Mourinho, la Lazio non ha ancora ufficialmente un allenatore per la prossima stagione calcistica. Un confronto impietoso, difficile da mandare giù per i tifosi biancocelesti.

Eppure, fino a pochi giorni fa, tutto pareva fatto per il rinnovo con Simone Inzaghi, colui che dal 2016 guida le Aquile con discreto successo. I tifosi, preoccupatissimi, sui social hanno già lanciato l’hashtag #InzaghiFirmaSubito ma la situazione non pare sbloccarsi.

Ufficialmente si parla di dettagli sulle cifre dell’ingaggio, o anche di un abboccamento da parte del Leicester – la squadra che fu di Claudio Ranieri – con la tentazione per Inzaghi di provare l’esperienza in Premier League. O dell’attesa, in vista delle ultime giornate di campionato, per capire se la Lazio riuscirà o meno a qualificarsi per le competizioni europee.

E se. invece, dietro a questo balletto ci fosse una rivoluzione societaria in vista? Al momento sembrerebbe un’ipotesi improbabile, ma non è nemmeno un’evenienza da escludere del tutto.
Se la Salernitana dovesse davvero salire in serie A, entro un mese esatto scopriremo la verità.

 

Le immagini sono diffuse su Flickr.com con licenza Creative Commons.

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