La disfida dei murales

Il murale realizzato, pochi giorni fa, a favore delle lotte di Black lives matter, è stato sostituito da uno di sapore nostalgico, che ricorda l’iconografia del ventennio. Al posto del calciatore di Subbuteo inginocchiato, eccone apparire uno in piedi, con tanto di saluto romano. Euro 2020 viene dunque sfidato da Italia 1934. È quanto sta accadendo sui muri del rione Monti, a Roma, in una battaglia politica e iconografica, pro e contro il gesto d’inginocchiarsi prima delle partite.

Abbiamo seguito il consiglio dell’artista – hanno dichiarato, quasi in tono di  sfida, gli autori di quel “restyling” – Chiedeva di fare la cosa giusta, no? Inginocchiarsi secondo noi non è una forma di rispetto per nessuno, meglio stare in piedi e guardarsi in faccia”. Già, perché sulle spalle del giocatore originale, quello inginocchiato, compariva la scritta “Do the right thing”, cioè “Fa la cosa giusta”.

E così quella che era un’opera d’arte e di propaganda del noto street artist Harry Greb, dopo un blitz dei ragazzi del Blocco Studentesco – l’associazione giovanile vicina a Casapound – si è trasformata in un’opera di propaganda di segno diametralmente opposto. Il nuovo murale, infatti, è la copia di un manifesto promozionale dei Mondiali del 1934, quelli giocati in Italia durante il ventennio e vinti dalla nazionale di Vittorio Pozzo. C’è persino chi, a destra, si è spinto a dichiarare che la cosa sia “benaugurante”, in vista dei prossimi impegni degli azzurri agli europei.

Il Subbuteo e i baffi della Gioconda

Per modalità, finalità, obiettivi, il gesto del Blocco Studentesco sembra avere moltissime analogie coi famosi baffi posti dal pittore dadaista Marcel Duchamp, sul viso della Gioconda. D’altronde le avanguardie artistiche del novecento ebbero un peso non secondario nello sviluppo del pensiero fascista. Si pensi al ruolo di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi, per fare solo l’esempio più noto. E dunque, a distanza di un secolo, i nipotini di quella ideologia, ringraziano e omaggiano – forse inconsapevolmente – i primi precursori e gli apripista.

Quell’opera di Duchamp, datata 1919, fu uno scandalo, uno sfregio, uno sberleffo, una provocazione politicamente molto scorretta, uno sputo arrogante contro i benpensanti, a partire dal titolo che l’autore le assegnò: “LHOOQ”, cinque lettere apparentemente senza senso, ma che lette in francese suonano come “Elle a chaud au cul”, cioè “Lei ha caldo al culo”, espressione gergale che sta per “Lei è una donna di facili costumi”.

Il gesto di Duchamp – colui che, dopo aver visto un divertentissimo video del 2014 con Edoardo Ferrario e Caterina Guzzanti, non riesco a non pensare come “Er capo degli sgravoni”, colui che entra nella storia dell’arte a gamba tesa – voleva essere comunque non una critica all’opera d’arte in sé, ma al conformismo. Dissacrando il mito artistico per antonomasia, Duchamp non voleva certo negare la maestria di Leonardo Da Vinci, bensì onorarla, ridicolizzando però i suoi ammiratori superficiali, coloro che apprezzano la Gioconda perché tutti dicono che è bella, conformandosi acriticamente al pensiero della maggioranza.

Ma Blocco Studentesco non è Duchamp

Scandalo, sfregio, provocazione politicamente scorretta, sono tutti elementi che ben si adattano a descrivere il nuovo calciatore apparso sui muri di Monti, quello che fa il saluto romano. E, a loro modo, così come Duchamp omaggiò Leonardo, i ragazzi del Blocco Studentesco omaggiano oggi, implicitamente, Harry Greb, l’autore del murale originale, quello col calciatore inginocchiato.

Se è vero tutto questo e se è anche vero che esiste una quota di conformismo benpensante, fra alcune persone che plaudono al gesto d’inginocchiarsi quasi per riflesso condizionato, senza una profonda analisi sui significati di quel gesto, quello di cui Blocco Studentesco, a differenza di Duchamp, non si rende conto, è che nel suo sostituire il calcatore inginocchiato con un calciatore filofascista, copiato da un manifesto del 1934, cade esattamente nel conformismo malpensante uguale e contrario.

Si sostituisce la retorica propagandista del cosiddetto buonismo radical chic, con una retorica altrettanto conformista, ipocrita e irritante dell’esaltazione del ventennio – cosa che inoltre, lo ricordiamo, si configurerebbe anche come un reato punibile penalmente – esaltato come un antidoto al cosiddetto pensiero unico, avvalorando però una tesi, massimamente falsa, che divide il mondo in buoni e cattivi – con gli uni e gli altri invertiti a seconda dei punti di vista – ruoli decisi in base al numero di genuflessioni ostentate.

Sia Harry Greb, sia i ragazzi del Blocco Studentesco, sembrano dunque confermare l’immagine deformata e schematizzata di una società spaccata in due, in cui chi plaude alle genuflessioni è, per forza di cose, un antirazzista di sinistra e in cui chi non lo fa è un nazionalista con nostalgie per il ventennio. Due colossali bugie, uguali e contrarie. La realtà è infatti molto diversa e molto più articolata di così.

Della complessità del mondo e delle cose, Marcel Duchamp e le avanguardie artistiche del novecento erano però pienamente consapevoli. E ne tenevano conto nel loro modo di agire e nelle loro opere. Tutto questo il Blocco Studentesco, invece, non lo sa, dimostrando i propri limiti intellettuali, oltre che politici, quelli di chi copia superficialmente il gesto rivoluzionario di un autore di un secolo fa, senza però capire davvero, dietro l’apparenza, dove fosse la funzione rivoluzionaria di quel gesto.

In più, Duchamp non andò certo al Louvre a sfregiare la Gioconda. Utilizzò una copia. Rispettando l’originale. E questo non è un dettaglio, cari amici – o forse preferite essere chiamati ancora camerati? – di Blocco Studentesco, che non avete lasciato visibile l’opera originale, come sarebbe stato corretto fare, anche da parte di un “Capo degli sgravoni”, uno che, per sfregio e per provocazione, entra nella storia dell’arte a gamba tesa.

 

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