Via di San Pietro in Montorio

Se si percorre via Garibaldi di fretta, è facilissimo non accorgersene. L’inizio di via di San Pietro in Montorio, chiuso da una cancellata, sembra l’ingresso di una villa, o qualcosa così.

Però può capitare che i quattro scalini che si intravedono salire verso destra catturino lo sguardo, e che la zoomata che ne consegue riveli, sul muro di mattoni subito dietro, una targa di marmo con sopra scritto “Passaggio pubblico”.

Roma ha parlato, ma la smentisce quel cancello tenuto chiuso da una catenella smilza, inguainata di rosso e invece segno di prudenza antigaribaldina.

Oltre le sbarre, nell’abbandono che sbuca a ciuffi, gli scalini proseguono con a fianco il muro, dietro cui preme la vegetazione del Monte Aureo, detto Montorio, detto Gianicolo.

Il percorso fino alla curva a sinistra, che sale verso la chiesa e l’invisibile, è scandito con eleganza da una serie di edicole, e il blow-up suggerito dalla cocciutaggine e agevolato da qualche tecnologia rivela che sono stazioni della via crucis, ciascuna sormontata da una croce e perfino pallidamente
colorata.

Quello che si può fare adesso è solo infilare lo sguardo attraverso il cancello; poi andare su e fare altrettanto: tra l’altro accorgendosi che per seguire la strada e le sue curve ci vuole un quarto d’ora, e che la rampa interdetta è anche una signora scorciatoia.

Sopra, di fianco al cancello uguale e contrario da cui si può solo guardare giù fino alla curva a destra, c’è una targa in metallo che dice: “Questo bosco […] e questa vetta frondosa non si sa qual dio, ma un dio l’abita”.

È l’Eneide, Virgilio: uno che ne ha viste tante, e che sarebbe una guida eccellente in quel tesoro tra cancelli che bisognerà pur tornare a visitare per scoprirne il mistero, la bellezza probabile, l’eventuale dio.

[Alessandro Mauro è l’autore di Se Roma fatta a scale (Exòrma, 2016) e Basilio – Racconti di gioventù assoluta (Augh!, 2019)]

 

[La foto è tratta dal sito web del Fondo Ambiente Italia]

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