Re di Roma, l’isola urbana

Se dici “oasi” il pensiero va subito all’acqua che sgorga tra la sabbia e al silenzio interrotto solo dal canto degli uccelli o dal vento. Se pensi a Piazza Re di Roma, con la sua immensa rotatoria, sempre carica di auto, usare un termine come oasi, certo, può sembrare strano. Però, una volta superata la doppia corsia d’asfalto – non è facilissimo, perché i passaggi per i pedoni sono pochi – e raggiunto il centro della piazza, si ha davvero l’impressione di essere approdati su un’isola in mezzo al panorama urbano dell’Appia Nuova.

Il traffico sembra lontano. Eppure, questa è una delle prime rotonde di Roma, pensata all’inizio del Novecento e poi costruita negli Anni Venti, insieme con i palazzoni. Panchine dappertutto, lecci e pini che danno ombra, fontanelle, giochi per bambini e un recinto per i cani. Perfino i brutti pozzi d’aerazione della stazione della metro A trovano una funzione sociale: ospitano comitive di ragazzi.

Il popolo della piazza è piuttosto composito, tra il continuo via vai di persone dalle uscite della metropolitana e i piccioni, che qui trovano facilmente chi li nutre. Vedi anziani accompagnati talvolta da badanti, giovani anche di mattina, lavoratori in pausa che mangiano un panino, coppie che si abbracciano o si guardano intorno. Qualcuno legge un libro, tanti consultano lo smartphone, padroni di cani e dog sitter discutono senza mai perdere di vista gli animali.

Uomini anziani discutono un po’ di politica, un po’ di sport, un po’ del quartiere, dei lavori da fare e dei rifiuti. Ma a dire il vero la piazza è tenuta piuttosto bene, anche grazie ai commercianti locali che hanno adottato i giardini, intitolati a Fernando Masone, antico capo della squadra mobile negli agitati anni 70, poi questore, infine capo della Polizia. A nemmeno due km, a piazza Vittorio, ci sono i giardini – chiusi ormai da tanti mesi per lavori – intitolati a un altro poliziotto: Nicola Calipari, ucciso in Iraq per errore, sembra, da un soldato americano dopo aver ottenuto la liberazione della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena.

Nel pomeriggio arrivano i bambini e i gruppi di adolescenti che ogni tanto partono per un gelato o la pizza. A Carnevale trovi le mascherine, col freddo talvolta la pista di pattinaggio, ma ormai a Roma fa troppo caldo anche a gennaio o febbraio. Palloncini ci sono sempre, come qualcuno che gioca a calcio o ragazzini sui pattini. Ogni tanto, prima del Covid, la piazza ha ospitato perfino comizi politici o manifestazioni animaliste.

Poi la sera le panchine si svuotano e resta solo lo scalpiccio frettoloso di chi corre a prendere la metro.

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