Attraversano cancelli, percorrono passerelle e poi giù alla riva con soltanto la tavola sottobraccio. Il mare negli occhi e le onde già pronte a cancellare il loro passaggio.
Gli attimi sulla riva restano sospesi insieme alle infinite gocce di cui l’aria è densa. Un invito che sfiora il viso. L’attesa di quel vento, di quel momento, incontra le onde e va verso un mare maestoso che si prende gioco delle intenzioni di chiunque e frulla nella la sua schiuma coraggio e adrenalina.
Fermi lì verso l’orizzonte, tesi verso le onde.
Il primo tuffo incontrerà le meno accoglienti ma è lì che inizia la sfida.
Resistere e andare avanti fino alla prossima onda e tornare a resistere.
E poi l’attesa, sguardo in avanti e cercare di capire cosa il mare porterà.
Cercare la propria onda, cercare la propria occasione.
Sentirla scivolare e lasciarsi portare dentro, lasciarsi prendere.
Procedere verso la spiaggia e da lì ricominciare ancora.
Anche quando butta giù, tornare a provare ancora e ancora.
E poi di nuovo le tavole sottobraccio, le onde alle spalle e il mare sempre lì a cancellare ogni passaggio.
L’uso della formula “caro” e “cara”, l’abitudine di dare del tu al cliente, ormai dilaga, non soltanto nei bar. Critica di un modo di dire che esprime falsa vicinanza e cordialità coatta
Hai colto in pieno lo spirito di noi surfisti ” de noantri “
Grazie Franco