Il muro di melma

A vederla da fuori sembra quasi un’elegante villa dei primi del novecento, con un ampio giardino interno. Invece si tratta di case popolari, di proprietà dell’Ater, nella zona popolare del Tufello. È il condominio di Viale Jonio 160, costruito negli anni Venti del novecento, quando anche l’edilizia popolare veniva tirata su con stile e dignità.

A fianco di quello stabile, c’è la moderna chiesa di Santa Gemma. Moderna la chiesa, modernissimo il muro di cinta, in cemento, tirato su sul finire degli anni Dieci del ventunesimo secolo, con meno stile, meno dignità e, soprattutto, senza badare molto a un’armoniosa integrazione con le altre costruzioni della via.

Poco male, si dirà. Esteticamente non sarà un gran che, ma quel muro serve anche a fare da basamento per un piccolo campo di calcetto. Ora i ragazzi del quartiere – un quartiere popolare, anche se negli ultimi anni ha cominciato ad essere rivalutato, come accaduto in passato a zone come Testaccio, Garbatella, Pigneto –  potranno finalmente andare a giocare a pallone nei locali della parrocchia.

Il cortile del condominio di Viale Jonio 160

Tutto perfetto, se non fosse che la costruzione del muro, par avere danneggiato le fogne sottostanti. Il risultato è che, ad ogni accenno di pioggia, sia le palazzine Ater di Viale Jonio, sia la stessa chiesa, vengono invase da una melma maleodorante, con annessa comparsa di topi, bisce e altri animali, che sguazzano tra i liquami.

Il problema, però, è che quel muro si trova esattamente al confine fra l’area della parrocchia, di competenza del Vicariato e quella delle case popolari, di competenza Ater. Dunque, chi deve incaricarsi dei sondaggi e dei successivi lavori di riparazione? Cinque anni fa, all’apparire dei primi disagi, è iniziato il più classico dei rimpalli di competenze: “Devi pensarci tu!” “No, no, devi farlo tu!” si sono rinfacciati di continuo Ater e la parrocchia.

La faccenda è andata avanti, senza che nessuno intervenisse, fra cavilli burocratici, diatribe legali, tentativi di attribuire le colpe del danno a motivazioni diverse rispetto alla costruzione di quel grande muro. Finalmente, a oggi, pare che almeno sulle cause ci sia un po’ più di chiarezza. La responsabilità dovute a quella colata di cemento sembrerebbero acclarate. Con la conseguenza che i costi e i lavori di riparazione dovrebbero essere presi in carico dal Vicariato.

Però ancora nulla viene fatto: “L’architetto Bellassai (colei che il Vicariato ha indicato come responsabile dei lavori, ndr) è venuta qui varie volte. Una signora molto gentile, per carità – ci ha detto la signora Pamela, una delle agguerrite abitanti del condominio – però a oggi non è stato fatto nulla. E comunque anche Ater è parte lesa, come noi, questo ormai è chiaro”.

Il video delle interviste alle abitanti della palazzina di Viale Jonio e dei danni provocati

Intanto la situazione rischia di diventare pericolosa. Il muro portante del palazzo è danneggiato e mostra chiaramente i segni delle continue inondazioni. Le cantine risultano pressoché inagibili e forti danni sono visibili anche negli appartamenti del pianterreno, le cui pareti appaiono piene di umidità. Perciò, le condomine di Viale Jonio 160, sono ormai costantemente mobilitate e sul piede di guerra, per cercare di porre fine al problema.

Parlo di “condomine” al femminile, perché, quando mi sono recato sul posto, per cercare di vedere di persona lo stato delle cose, ad accogliermi ho trovato un nutritissimo gineceo: una decina di signore, molto battagliere, che da anni cercano, da una parte di tamponare i danni, incaricandosi loro stesse, a proprie spese, dei lavori per riparare i problemi più immediati, dall’altra di sollecitare le autorità competenti, per risolvere definitivamente la questione.

Non che nello stabile non viva anche qualche “maschietto”, però sono le donne a dimostrarsi più attive e concrete, in un clima di solidarietà condominiale, autentica e spontanea, che lascia quasi stupiti e pare ricordare una Roma ormai sparita, una Roma anni Cinquanta. C’è chi in quello stabile ci è nato, chi invece ci vive da meno tempo, ma tutte sembrano decise a non mollare la presa.

Sulla destra il muro col campo di calcetto cotruito dalla chiesa, a sinistra la palazzina Ater

“Qui fanno tutti le orecchie da mercante, il Vicariato, l’Ater, tutti – sbotta la signora Rossana, una delle più attive “pasionarie” di Viale Jonio – e la situazione ormai è invivibile! Oltre ai danni, c’è un odore insopportabile, estate e inverno. Anzi diciamo le cose come stanno: la puzza è insopportabile, perché chiamarla odore è fargli un complimento!” “La cosa grave, è che se non si fa nulla – conclude la signora Francesca, altra inquilina di Viale Jonio 160, dove abita da circa sei anni – qui c’è il rischio concreto che la palazzina crolli”.

Tra l’altro, le amministrazioni municipale, comunale e regionale – da noi contattate in merito – hanno dimostrato di ignorare quasi del tutto la situazione. Una situazione che, essendo stata sinora gestita, di fatto, come una faccenda privata fra Vicariato e Ater, è rimasta fuori dalle conoscenze e dalle competenze di altri enti pubblici.
L’augurio è che adesso, magari a seguito delle nostre segnalazioni, qualcosa si muova anche a livello di amministrazione, per risolvere la questione rapidamente e senza ulteriori rimpalli, rendendo di nuovo pienamente vivibili quelle case, così come è stato per circa un secolo, dal momento della loro costruzione.

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