Zinne al vento e fritto misto

Una settimana prima che i bersaglieri entrassero a Porta Pia, papa Pio IX, tra gli ultimi suoi atti da papa re, fece quello d’inaugurare una bella fontana a poche centinaia di metri dalla stazione Termini. Era una semplice piscina con zampilli d’acqua, priva di particolari decorazioni.

Una fontana che, quando il nuovo Stato italiano decise d’intraprendere importanti lavori urbanistici nella zona, finì per trovarsi in un punto d’intralcio per la nuova viabilità. Si pensò dunque di abbattere quella fontana per realizzarne subito un’altra, da porre al centro di piazza Esedra.

Comincia così la tribolata vicenda della Fontana delle Naiadi. Una storia che parve già partire col piede sbagliato, visto che il Vaticano considerò fin da subito quella nuova fontana come una sorta di sfregio e di sfida che i nuovi governanti facevano al pontefice, di cui veniva distrutta l’opera.

Quando i lavori per la nuova fontana venero finalmente avviati, sul soglio pontificio, da tempo, non c’era più il vecchio Pio IX, bensì il suo successore Leone XIII, anche se questo cambiava poco la situazione. I rapporti fra Stato e Chiesa, infatti, non ancora regolati dai Patti Lateranensi, restavano comunque tesissimi. Incaricato dell’opera fu lo scultore Mario Rutelli, nonno siciliano del futuro sindaco di Roma, Francesco.

La nuova “scandalosa” fontana

L’opera realizzata da Rutelli, consisteva in quattro figure femminili nude, raffiguranti delle Naiadi: la Ninfa dei Laghi, riconoscibile dal cigno che tiene con sé, la Ninfa dei Fiumi, sdraiata su un mostro acquatico, la Ninfa delle Acque Sotterranee, sdraiata sopra un drago, e la Ninfa degli Oceani, in sella ad un cavallo.

È da poco iniziato il nuove secolo e la fontana sta per essere inaugurata, quando ecco che l’Osservatore Romano lancia il suo anatema. La posizione particolarmente sensuale e lasciva delle statue, accentuata dalla lucentezza dei corpi bagnati dall’acqua, coi loro seni al vento, risulta essere uno spettacolo immorale e indecente per il Vaticano e per i romani più conservatori. Si chiede dunque a gran voce di abbattere la fontana.

In totale imbarazzo, lo Stato italiano, non sapendo bene come risolvere la questione, timoroso di creare nuovi attriti nel già difficile rapporto in essere col papato, decide allora di adottare un classico compromesso all’italiana: la fontana non viene abbattuta, ma tutt’intorno viene issata una grande staccionata in legno, per impedirne la vista.

La rivolta degli studenti

È proprio quello steccato, però, a suscitare una curiosità morbosa. Attorno alla fontana centinaia di romani, soprattutto ragazzi, si accalcano, per cercare di spiare da qualche buco nel legno le “zinne al vento” delle scandalose Naiadi.

L’andirivieni di giovani che sostano intorno alla palizzata per ammirare le statue tra le tavole sconnesse, a sua volta, non faceva che acuire il senso di scandalo che la fontana suscitava tra i benpensanti, ancora più decisi a chiederne l’abbattimento.

Le polemiche crescono, in nome del pudore e del perbenismo, lo steccato resta lì per un pezzo. Il Comune di Roma vorrebbe abbracciare le tesi più progressiste – lo dimostra il fatto di non avere rimosso le Naiadi, come la corrente più puritana avrebbe voluto – ma non può dirlo apertamente. Il 10 febbraio 1901 alcuni studenti aizzano una sollevazione popolare e abbattono lo steccato. Nessuno li ferma. La questione è “di fatto” risolta.

Il fritto misto

Superata con queste modalità la questione “erotica” delle Naiadi, subito però si apre una nuova polemica, in merito alla scultura dei tre Tritoni che Rutelli aveva inizialmente posto al centro della fontana. Quelle figure marine abbracciate fra loro e avvinghiate con un polpo e un delfino, vengono subito prese in giro dai romani e ribattezzate “il fritto misto di Termini”.

Stavolta anche il Comune è d’accordo sull’inadeguatezza di quella composizione e perciò viene subito chiesto a Rutelli di rimuovere quella scultura, chiedendo all’artista di scolpirne un’altra, più sobria. Rutelli si mette all’opera, ideando il gruppo del Glauco, con una figura maschile nuda che afferra un delfino, simboleggiante il dominio dell’uomo sulla forza naturale.

 E così, nel 1912, finalmente, la fontana assunse l’aspetto definitivo che mantiene tuttora, con la sistemazione, al centro, del nuovo gruppo scultoreo. L’opera completa venne di nuovo inaugurata nel 1914, ponendo così fine a uno strascico polemico durato decenni.

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