Sex in the Urbe – 6

Le passeggiatrici

Con la chiusura delle case di tolleranza, la prostituzione romana, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, si trasferisce nelle strade. All’inizio sono strade relativamente centrali della città, poi – mano a mano che Roma conosce un enorme sviluppo urbanistico – con la nascita di nuovi quartieri, anche le vie della prostituzione tendono a spostarsi in luoghi più periferici.

Da Caracalla a Tor di Quinto, per poi passare alle grandi arterie cittadine: via Salaria, via Tiburtina, viale Palmiro Togliatti, via Cristoforo Colombo. Segno questo, anche della motorizzazione di massa conosciuta in quegli anni dalla città e che porta i clienti a spostarsi non più a piedi o in bicicletta, come avveniva in precedenza, ma su autovetture, utilizzate poi anche per consumare l’amplesso.

Le squillo

Contemporaneamente, la prostituzione continua a operare, sebbene illegalmente, anche negli appartamenti cittadini. Non sono più i grandi bordelli di un tempo, stracolmi di donnine e con un’organizzazione che agisce alla luce del sole. Ora il lavoro si svolge, solitamente, in piccoli appartamenti privati, affittati formalmente per uso abitativo.

Le zone maggiormente interessate dal fenomeno, sono tanto la centralissima Monti quanto la raffinata Parioli. Si tratta di una forma di prostituzione più d’élite e quindi più costosa, rispetto a quella “popolare” che batte le vie della Capitale. Chi riceve in appartamento, ben presto comincia anche ad assumere il soprannome di “ragazza squillo”, per via dell’uso del telefono come mezzo principale per fissare appuntamenti coi clienti, attraverso annunci – più o meno mascherati – che appaiono su quotidiani e riviste.

La rivoluzione del Covid

Queste modalità e questo schema rimangono pressoché invariati, più o meno per una sessantina d’anni, con l’unico sostanziale cambiamento relativo alla nazionalità delle prostitute, che vede un progressivo aumento di quelle straniere – soprattutto africane e dei paesi dell’est – lungo le vie del sesso capitoline, mentre le italiane – come anche una nutrita truppa sudamericana – vanno via via specializzandosi nell’operare su appuntamento.

Con l’invenzione di internet, gli annunci dai quotidiani si trasferiscono sul web. Nascono siti specializzati e le squillo assumono il nome anglosassone di “escort”. Qualche via del sesso muta, in base alle trasformazioni cittadine e ogni zona tende a specializzarsi in un determinato tipo di offerta: trans nella zona dei Campi Sportivi, ragazze dell’est sulla Salaria o sulla Tiburtina, nigeriane a Castelfusano. La sostanza, però, non cambia, perlomeno fino al 2020.

La crisi del “passeggio”

Quel fiume di ragazze che ha battuto le strade di Roma per sessant’anni – da cui il termine “battona” – sparisce all’improvviso con il lockdown di marzo 2020. Sembra una scomparsa provvisoria, eppure anche quando il lockdown viene abolito e tutte le attività – prostituzione inclusa – possono tornare ad operare come prima, ci si accorge che qualcosa è mutato in modo forse irreversibile.

Il numero delle ragazze oggi presenti sulle strade del sesso di Roma è, quasi ovunque, sensibilmente inferiore a quello del 2019. Segno che molte di loro, anche a lockdown finito, hanno scelto di non tornare ad operare con le stesse modalità di prima. Come mai? E in che direzione sta andando questa trasformazione?

L’eros virtuale

Le direzioni sono molteplici. Innanzi tutto con la pandemia ha incentivato la virtualità anche nel campo dell’eros. Molte ragazze hanno adottato forme, per così dire, di “smartworking”, trasformandosi in cam girl, oppure aprendo profili su nuove piattaforme come OnlyFans, che permettono guadagni attraverso la diffusione di video erotici.

Sebbene gli utili siano mediamente inferiori a quelli possibili con la prostituzione “dal vivo”, c’è chi ha preferito restare in questo ambito virtuale, ritenendolo più garantito sul piano della sicurezza e, al tempo stesso, anche maggiormente gestibile in modo realmente autonomo, senza la necessità di sottostare alle organizzazioni che controllano la rete di prostitute romane.

Le App

Se le operatrici del sesso trasferitesi nel mondo virtuale restano comunque una minoranza, molte altre, invece, hanno sperimentato in questi due anni la possibilità di avvalersi di nuovi sistemi per contattare e gestire i clienti. Sono infatti nate delle piattaforme e delle app che consentono di fissare appuntamenti con la clientela, senza la necessità di attenderla “in esposizione” lungo la strada.

È una sorta di via di mezzo fra il vecchio sistema adottato dalle ragazze squillo e la prostituzione di strada. L’amplesso viene comunque consumato all’aperto e non in appartamento, ma le prostitute, che hanno preventivamente accordato appuntamenti, possono attendere la clientela sedute nella propria autovettura, in luoghi prestabiliti, senza doversi “conquistare” una propria zona fissa di lavoro e senza esporsi agli sguardi dei passanti con tutti i rischi connessi.

Il futuro?

Queste nuove modalità, in realtà tecnicamente operative già da una decina d’anni, ma a cui la pandemia ha dato uno straordinario impulso, saranno il futuro della prostituzione a Roma? Al momento la trasformazione è ancora in atto e non è possibile prevedere gli sviluppi e le eventuali criticità che i nuovi sistemi adottati, prima o poi, potranno evidenziare.

Né si può dire con certezza se il clima culturale attuale, sempre più favorevole alla riapertura dei bordelli, porterà invece a un ritorno al passato ,con una imminente abolizione della Legge Merlin. Quello che è certo è che anche a Roma, come in ogni altra città, la prostituzione troverà un modo per adattarsi ai tempi e prosperare, come è sempre accaduto nella storia e come, ne sono sicuro, accadrà ancora a lungo.

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