Io speravo de morì dopo

“Era uno scherzo!” Mercoledì 19 gennaio 1977 quasi tutti i giornali italiani, indicano queste come le ultime parole pronunciate in vita da Luciano Re Cecconi, centrocampista della Lazio, 29 anni, freddato da un colpo di pistola in una gioielleria di via Nitti, nell’elegante quartiere romano di Collina Fleming. Una morte assurda.

Certo, non era davvero iniziato nel migliore dei modi quell’anno calcistico per la Lazio. Era la stagione 1976/1977. Tommaso Maestrelli, l’allenatore che l’aveva guidata per anni e che tre stagioni prima aveva portato i biancocelesti allo scudetto, lottava tra la vita e la morte per via di un cancro al fegato – che lo avrebbe poi stroncato nel dicembre del 1976 – mentre la squadra, ora affidata a Luis Vinicio, aveva esordito in campionato con una sconfitta in casa contro la Juventus.

Unica nota positiva di quella prima partita, era stato il gran gol segnato da Luciano Re Cecconi. Sarebbe stato l’ultimo della sua carriera, anche se nessuno poteva ancora sospettarlo. Alla seconda e terza giornata, erano seguite due vittore per i biancocelesti, poi, alla quarta di campionato, contro la Sampdoria, proprio Re Cecconi aveva subito un brutto infortunio al ginocchio che, in base al referto medico, lo avrebbe tenuto lontano dai campi per almeno due mesi. Sui campi di calcio, Luciano Re Cecconi, non sarebbe tornato mai più.

Aveva cominciato un percorso di riabilitazione, poi, dopo le feste di Natale, qualche sgambata con gli altri giocatori per riprendere l’esercizio. Così era stato anche martedì 18 gennaio, quando, alla fine degli allenamenti, il suo compagno di squadra Pietro Ghedin gli aveva chiesto di accompagnarlo. Insieme a Giorgio Fraticcioli, un profumiere, doveva andare al civico 68 di via Francesco Saverio Nitti — una laterale di Corso Francia — perché lì Fraticcioli avrebbe dovuto consegnare dei flaconi di profumo alla gioielleria di un suo conoscente, Bruno Tabocchini.

Re Cecconi entrò nella gioielleria con i due amici verso le 19.30 e venne colpito al petto da un colpo di pistola. Cadde sul pavimento, morendo poco dopo all’Ospedale San Giacomo. Ma cos’era successo? Si parlò di uno scherzo finito male. Le prime ricostruzioni sostennero che Re Cecconi avesse fatto finta di essere un rapinatore, dicendo: “Fermi tutti, questa è una rapina!” e che il gioielliere, spaventato, avesse immediatamente reagito, colpendolo con un colpo mortale.

Fu proprio questa la versione riportata dai giornali e poi stabilita dal successivo processo, che scagionò il gioielliere, riconoscendogli la legittima difesa. Però, come in ogni giallo che si rispetti, qualche tempo dopo, qualcuno cominciò a tirare fuori versioni contrastanti, a suggerire una diversa verità. Millantatori? O forse davvero le cose non andarono come dichiarato dai testimoni in sede processuale?

Il giornalista Guy Chiappaventi, nel suo libro “Aveva un volto bianco e tirato – Il caso Re Cecconi”, è stato tra i primi a sollevare dubbi sulla verità emersa dal processo. Per esempio: come fece Tabocchini a non riconoscere Re Cecconi, un calciatore famoso, all’apice della carriera, più volte convocato in Nazionale, entrato a volto scoperto nella gioielleria, coi suoi capelli di un inconfondibile biondo?

Re Cecconi, inoltre, frequentava regolarmente la zona di Collina Fleming e abitava sulla Cassia, proprio come Tabocchini. In più era in compagnia di un altro famoso calciatore della Lazio come Ghedin e soprattutto di Fraticcioli, amico di Tabocchini. Dunque, vedendolo entrare, come lo si sarebbe potuto scambiare per un rapinatore?

Anche nel libro “Non scherzo. Re Cecconi 1977, la verità calpestata” di Maurizio Martucci, vengono presentate testimonianze a favore della tesi secondo la quale Re Cecconi, una volta entrato nella gioielleria, non disse una parola e Tabocchini sparò per errore.

Sono inoltre diverse le ricostruzioni giornalistiche che ipotizzarono l’eventualità che anche Tabocchini stesse scherzando con i tre e che nel farlo gli sia partito accidentalmente un colpo. Anche se le indagini non approfondirono mai questa ipotesi.

L’ipotesi del colpo partito accidentalmente, sebbene poi non ebbe un seguito, fu sostenuta anche da alcuni amici e compagni di squadra di Re Cecconi, che lo descrissero come un uomo responsabile che difficilmente avrebbe pensato di simulare una rapina nel be mezzo dei cosiddetti “anni di piombo”.

Non è però da scartare l’ipotesi che Re Cecconi abbia davvero fatto quello scherzo, proprio perché certo di non correre rischi, poiché era un personaggio noto, era in una zona in cui molti lo conoscevano personalmente ed era entrato in compagnia di un amico del gioielliere, pertanto non poteva dare adito a nessun vero sospetto. Ma Tabocchini, che aveva subito altre rapine in passato, si allarmò e sparò così rapidamente, da non avere il tempo di riconoscere né Re Cecconi, né l’amico Fraticcioli.

Delle ulteriori ipotesi, decisamente più fantasiose, hanno poi sollevato il sospetto che dietro quella morte ci fosse una sorta di complotto, mettendo in luce l’atmosfera dello spogliatoio della Lazio di quegli anni, una squadra composta da ottime individualità, ma divisa fra giocatori che non facevano mistero di starsi antipatici a vicenda. Pare che, a volte, gli allenamenti della squadra finissero in rissa e che alcuni giocatori fossero soliti girare armati.

C’è poi chi si è spinto a dire che alcuni di loro fossero vicini all’estrema destra romana – in anni in cui le battaglie politiche non escludevano la lotta armata – e che probabilmente avessero anche rapporti con la criminalità legata a quell’ambiente. Al di là del fatto che di tutto ciò non esistono prove ma solo dei “si dice”, non è comunque chiaro come queste situazioni possano poi avere avuto a che fare con l’omicidio di Re Cecconi.

Fantasia o realtà, quello che è certo è che Luciano Re Cecconi morì giovanissimo e in un modo assurdo, in una notte di gennaio del 1977, lasciando una moglie e due figli allora molto piccoli. Chiudendo così, nel più tragico dei modi, l’esaltante leggenda della grande Lazio anni Settanta, quella dei Chinaglia, dei Pulici, dei D’Amico, degli Wilson, una compagine messa in piedi da Tommaso Maestrelli, scomparso anch’egli prematuramente, appena un mese prima.

2 thoughts on “Io speravo de morì dopo

  • 5 Dicembre 2023 in 15:33
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    Guardate che il gioielliere spiegò benissimo come andarono le cose, c’è il video su YouTube in cui spiega chiaramente di non interessarsi di calcio e di non avere riconosciuto Re Cecconi, e si vede che è sconvolto per quanto appena successo. Io allora c’ero, anche se ero un ragazzino, e lessi sul Corriere della Sera che Re Cecconi non era nuovo a questi scherzi, che qualche tempo prima aveva fatto la stessa cosa con alcuni poliziotti di guardia in un ospedale, che però lo avevano riconosciuto e tutto era finito in risate. Per me non ci sono dubbi su come andarono le cose, del resto è difficile credere che, se le cose fossero andate diversamente, Fraticcioli, e soprattutto Ghedini, avrebbero retto il sacco al gioielliere.

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  • 19 Gennaio 2024 in 22:40
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    Visto che si citano articoli, su “La stampa” veniva scritto che le testimonianze erano contraddittorie su molti punti, frase di Re Cecconi compresa. E che più a freddo il gioielliere parlò di aver interpretato quella fantomatica frase con il senso “Fermi tutti questa è una rapina”.
    Reggere il gioco? Ghedin infatti cambiò versione al processo e Frattaroli da come ho capito non ha mai detto che Re Cecconi avrebbe detto così la frase.
    Secondo la prima (?) dichiarazione dell’ ex calciatore Re Cecconi avrebbe proposto lo scherzo. Ma Frattaroli era scemo che non distoglieva visto che l’ amico o conoscente era armato? Quindi allora è Re Cecconi che entrando ha improvvisato lo scherzo visto il presunto precedente (si citò nell’ immediato anche un altro presunto scherzo in una, che coincidenza, profumeria). Già non ci siamo. Se la vicenda fosse tanto semplice e chiara non ci sarebbero state tutte quelle incongruenze.
    Poi perché puntare l’ arma prima su Ghedin? Perché, come fatto notare, rischiare una sparatoria in un negozio davvero piccolo con moglie e figlio (!) presenti?

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