Perché gli annunci di Meloni sul Pnrr sono inesatti

Meloni sostiene che l’Italia abbia raggiunto tutte le scadenze previste. Ma 14 non possono essere considerate completate. Anche se la commissione dovesse approvare l’invio di risorse, resta un grave problema di trasparenza. Meloni dice anche di aver raggiunto un’intesa con l’Ue per modificare il Pnrr. Ma l’Italia non ha inviato nessuna proposta di revisione. La Ue inoltre a breve richiederà a tutti i Paesi coinvolti di modificare i Pnrr per far fronte al caro energia.

[Questo post è stato pubblicato originariamente con licenza creative commons da Openpolis, una fondazione che raccoglie online dati sulle istituzioni, la politica e l’economia]

Lo scorso 30 gennaio il governo Meloni ha celebrato i 100 giorni dal proprio insediamento. Un passaggio che tradizionalmente, soprattutto da un punto di vista mediatico, rappresenta l’occasione per tracciare un primo bilancio dell’attività svolta.

L’attuale presidente del consiglio ha voluto rivendicare i traguardi raggiunti dal proprio governo attraverso la diffusione di alcuni messaggi sui social network. Tra gli obiettivi centrati secondo Meloni ci sarebbero anche il conseguimento di tutte le scadenze del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) previste per il secondo semestre del 2022. E il raggiungimento di un’intesa con la commissione europea per la revisione del Pnrr. Tuttavia, come vedremo in questo articolo, entrambe queste affermazioni risultano essere quantomeno inesatte.

 

Le scadenze non completate

Nel post social Giorgia Meloni ribadisce che l’Italia ha raggiunto tutte le scadenze europee del Pnrr previste per il secondo semestre del 2022. Tuttavia, a seguito della nostra attività di monitoraggio, abbiamo rilevato diversi elementi di criticità. Li abbiamo già raccontati in un recente articolo, ma vale la pena evidenziarli nuovamente alla luce di queste dichiarazioni.

In particolare non è sempre stato rispettato quanto richiesto dai meccanismi di verifica. Cioè i criteri, sottoscritti da Italia e Ue in un accordo operativo, con cui la commissione europea valuta il completamento delle milestone e dei target previsti dal cronoprogramma.

Le carenze nel raggiungimento di queste scadenze sono per la maggior parte spiegate da lentezze burocratiche e amministrative. È il caso per esempio dell’assenza di decreti in gazzetta ufficiale o della mancata adozione di decreti attuativi. Formalità dunque, anche se va sottolineato che ritardi nella pubblicazione in gazzetta ufficiale comunque bloccano l’entrata in vigore e l’attuazione degli interventi previsti.

Ma ancora più rilevante è il caso di quelle scadenze che richiedevano l’effettiva realizzazione di infrastrutture o interventi. E che non abbiamo considerato conseguite perché non è accessibile alcun documento che dimostri l’avvenuta esecuzione delle azioni previste. In particolare parliamo dei seguenti interventi:

 

Le verifiche di Bruxelles e gli equilibri politici

Anche durante il governo Draghi avevamo riscontrato delle criticità, ma l’Unione europea aveva comunque approvato l’erogazione delle precedenti tranches di fondi. In questo senso va sottolineato che l’ultima parola sull’invio delle risorse Pnrr agli stati membri spetta alla commissione europea, il che rende tale decisione prettamente politica.

inora Bruxelles ha valutato con una certa flessibilità l’operato del nostro paese sul Pnrr. Una fiducia che non sappiamo ancora se sarà confermata anche al governo Meloni. Al momento infatti la commissione sta valutando la richiesta di pagamento per la terza tranche di fondi, la prima inviata dall’attuale esecutivo. E si pronuncerà solo nei prossimi mesi.

 

Gli annunci non bastano

Al di là di come la commissione valuterà la richiesta del governo Meloni, c’è un’ulteriore questione cruciale da evidenziare rispetto allo stato di attuazione del piano. Ed è la sempre più grave mancanza di trasparenza.

Anche se il governo ha annunciato il raggiungimento degli obiettivi e traguardi previsti infatti, ciò è avvenuto attraverso la diffusione di scarnissimi comunicati stampa, che non forniscono nessun elemento di dettaglio utile a fini di monitoraggio.

Monitorare la realizzazione del Pnrr da fonti ufficiali continua dunque a essere complicato. E non solo per le gravi mancanze della piattaforma Italia domani e altre che abbiamo ribadito in diverse occasioni. Ma per l’ambiguità delle informazioni, anche laddove sono disponibili. Spesso infatti non si trovano riferimenti chiari allo stato di attuazione di una scadenza – esempio emblematico su questo è il sito del ministero dell’economia – né espliciti su quale sia la milestone o il target interessato da un determinato intervento.

A chiudere il quadro infine, il governo Meloni ha disatteso l’impegno di presentare entro l’anno la terza relazione al parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, come richiesto dalle norme. Il documento era stato annunciato per la fine di gennaio ma anche questa scadenza non è stata rispettata.

 

Non è stata proposta nessuna revisione

C’è poi un secondo conseguimento tra quelli rivendicati dal post social di Giorgia Meloni, che riguarda il Pnrr e che è necessario chiarire. Da un lato perché riporta alcune inesattezze e dall’altro perché semplifica troppo un processo, quello di revisione del piano, che è ben più complesso.

A oggi Bruxelles non ha ricevuto né approvato nessuna proposta di modifica del piano italiano, come invece è successo recentemente per le agende del Lussemburgo e della Germania. È evidente che la commissione europea sia aperta alla possibilità di modificare i Pnrr nazionali. Ma questo, almeno per il momento, non è un risultato che il nostro paese ha conseguito. Sostenere di aver raggiunto un’intesa secondo i regolamenti europei è dunque fuorviante.

Inoltre va spiegato che la possibilità di revisione dei piani nazionali di ripresa e resilienza segue un processo preciso, definito nel dettaglio dall’articolo 21 del regolamento Ue 2021/241. Innanzitutto, le modifiche devono essere giustificate da circostanze oggettive. L’esecutivo dunque non potrebbe chiedere di modificare determinati interventi solo in base a valutazioni politiche. Un punto confermato anche dal commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni, il quale ha dichiarato che l’Ue è aperta a una proposta italiana di modifica del Pnrr, ma solo sugli investimenti, non sulle riforme. Interventi, questi ultimi, che per loro natura difficilmente possono subire impedimenti oggettivi, ma solo legati a questioni di volontà.

In secondo luogo, è importante sottolineare che la decisione di avallare o meno una revisione non spetta solo alla commissione. In caso di parere positivo da parte dell’organo esecutivo infatti sta al consiglio europeo – composto dai 27 capi di stato o di governo dei paesi membri – approvare in via definitiva la proposta.

 

La sede della Commissione Europea a Bruxelles: foto diffusa su Flickr.com da Fred Romero

 

La questione energetica

Infine è necessario spiegare l’ultimo passaggio toccato da questa dichiarazione di Meloni. Cioè quello in cui viene indicato, come obiettivo delle eventuali modifiche al Pnrr italiano, la gestione delle complicazioni dovute al caro energia. Una conseguenza della guerra tra Russia e Ucraina.

È proprio per far fronte a queste difficoltà che l’Unione europea ha ideato il RepowerEu. Un piano per rendere tutti i paesi membri più indipendenti dal punto di vista energetico e promuovere un sempre maggior ricorso a fonti di energie rinnovabili. La decisione a livello europeo è stata quella di integrare le misure previste dal RepowerEu, che dovrebbe diventare operativo a breve, come capitolo aggiuntivo nei piani nazionali di ripresa e resilienza. Tutti gli stati Ue quindi, non solo l’Italia, dovranno implementare il RepowerEu nei rispettivi Pnrr, presentando le proprie proposte di integrazione. Modifiche che poi dovranno comunque essere validate dalla commissione prima e dal consiglio poi.

In conclusione, attualmente non ci sono le condizioni per sostenere che Bruxelles abbia approvato una revisione del Pnrr italiano. E se e quando una revisione dovesse essere presentata e validata, qualora riguardasse solo le misure in materia energetica, non sarà comunque un conseguimento solo italiano, ma il risultato di una richiesta dell’Ue che riguarda tutti gli stati coinvolti.

[La foto del titolo è stata diffusa con licenza creative commons dal sito web della Presidenza del Consiglio italiana]

 

 

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