Poveri a quattro stelle Michelin

Nei giorni scorsi, la Comunità di Sant’Egidio ha presentato la nuova edizione di “Roma Dove: mangiare, dormire, lavarsi”, un prontuario per le per persone in difficoltà, con tutte le informazioni necessarie per orientarsi nella Capitale. Da chi ha necessità di cure a chi ha fame, passando per chi ha bisogno di essere almeno ascoltato o di aiuto contro la violenza, come nel caso delle donne vittime di maltrattamenti, tutti possono trovare notizie utili, perché c’è una città della solidarietà che, anche se fatica – e con la pandemia fatica ancora di più – non chiude i propri battenti.

La voluminosa guida (che si può scaricare qui in pdf) contiene anche istruzioni su come accedere a molti servizi, informazioni utili anche per chi non è senza dimora o povero.

Ma la pubblicazione del libretto ha provocato qualche polemica dei social. Perché molti media – compreso il sito di Notizie del Vaticano e il quotidiano dei vescovi, l’Avvenire – l’hanno definita la Guida Michelin dei poveri, formula che Sant’Egidio non usa nei comunicati e che probabilmente viene da qualche agenzia di stampa, o che è stata utilizzata a voce durante la conferenza di presentazione. 

Il problema certamente non è l’uso della parola poveri: è vero che in Italia c’è una tendenza a far finta che non esistano le classi sociali e a usare perifrasi o sinonimi (tipo: meno abbienti) per evitare imbarazzi, ma i poveri sono al centro del Vangelo, come ricorda anche lo stesso Papa Francesco, che non ha certo un atteggiamento da “conservatore compassionevole”, in materia sociale. E poi, i poveri di spirito, come si sa, sono una categoria molto più disgraziata dei poveri di materia.

Quindi la polemica riguarda la “guida Michelin”, che è una cosa da ricchi. O meglio, lo era, in un passato ormai distante, visto che la cucina degli chef è diventata una roba nazional-popolare, visto il successo delle trasmissioni tv a essi dedicate. Insomma, citare la guida Michelin per parlare di poveri che fanno fatica a sopravvivere sarebbe una presa in giro, una mancanza di rispetto. Una irriguardosa affermazione di casta: c’è la guida per i ricchi e quella per i poveri.

Ecco, non so. Ho provato a indignarmi, ma non ci sono riuscito. Come giornalista, forse non avrei usato quella definizione (che del resto si usa da anni), ma non sono neanche sicuro.  Mi limito a constatare che in questo caso “Michelin” si usa come sinonimo tout court di guida ai ristoranti, ai posto dove mangiare, semplicemente perché è la guida più nota. Insomma, è la volgarizzazione di un marchio, come scotch, tampax, scottex, frigidaire e via dicendo.

C’è una morale, in tutto questo? Forse che indignarsi serve sempre, se ci aiuta a restare solidali e a riflettere su come aiutare gli altri e combattere la povertà. Anche quando la cosa che ci ha fatto indignare magari non ha molto senso.

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