La “monnezza” non aspetta le elezioni

La notizia che la discarica di Roccasecca, in provincia di Frosinone, è piena e non accoglierà più rifiuti dal primo aprile rischia di essere un brutto colpo per la gestione della monnezza a Roma. Non solo perché nei giorni di festa – tra poco è Pasqua – lo smaltimento dei cassonetti è sempre più difficile, con l’aumento dei consumi. Ma soprattutto perché la Capitale continua a navigare a vista, sulla questione dei rifiuti. E dunque, le prossime elezioni rischiano di svolgersi, letteralmente, in mezzo ai rifiuti.

Da tempo ormai l’Ama non esporta più rifiuti all’estero, ma continua a farlo sia nel Lazio (che ha pochi impianti di trattamento, e dove ha già chiuso un’altra discarica, quella di Colleferro) che in Abruzzo per parte dei rifiuti indifferenziati. In Veneto e Friuli finiscono scarti organici per essere trattati. In Lombardia ed Emilia Romagna vanno invece i prodotti post-trattamento: frazione organica stabilizzata e scarti.

La percentuale di raccolta differenziata a Roma è intorno al 45%, discretamente sotto quella nazionale. E prima che chiudesse la discarica di Malagrotta non è che stessimo messi molto meglio: le emergenze erano ricorrenti. I dati ormai li conoscono tutti, però non si capisce quale possa essere la soluzione.

Qualcuno (Walter Tocci, ma anche Tobia Zevi e Carlo Calenda) ha proposto di affidare all’Acea – che è un’azienda quotata in borsa, anche se controllata da un ente pubblico come il Comune – la gestione dei rifiuti e soprattutto degli impianti di trattamento e di riciclo. Qualcun altro chiede inceneritori, che però sono contrari all’idea di economia circolare che si va diffondendo in Europa. Qualcuno continua a prendersela con l’assenteismo dei dipendenti Ama, che sarà certamente un problema, ma che non basta a spiegare perché Roma sia in questa situazione.

Foto di Matt Wiebe diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

Non c’è soluzione che tenga, però, senza un patto con i cittadini romani. Perché gli impianti (e anche una discarica di servizio, dove interrare la quota pur minima di rifiuti inerti prodotta da qualsiasi intervento di trattamento o riciclo) vanno costruiti da qualche parte sul territorio romano. E la vicenda di Monte Carnevale – dove Comune e Regione vogliono realizzare una discarica nonostante la protesta senza fine degli abitanti, con uno strascico legale, sociale e politico che rischia di essere ancora lungo – indica che ora a chiunque vada al Campidoglio deve prima di tutto conquistarsi una fiducia che a priori non c’è. I rifiuti non possono essere solo un problema delle periferie. Anche se certamente non si può costruire un impianto nel Colosseo, non si possono scaricare sulle periferie tutte le tensioni, quelle sociali, quelle abitative, che invece si possono risolvere anche nelle parti più centrali di Roma (che com’è noto è una città piena di appartamenti sfitti ed edifici vuoti). Occorre invece che il Campidoglio assicuri trasparenza sulle procedure di scelta dei siti e sulla realizzazione, accetti meccanismi di controllo locali, garantisca incentivi.

[La foto del titolo è di Ilan Sharif ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]

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