La Pornocrazia capitolina

“C’era una volta a Roma, tanto tempo fa…” La nostra storia potrebbe cominciare così, quasi come una favola. È una vicenda che pochi conoscono e che ebbe il proprio inizio nel 900 dopo Cristo. Un’epoca lontana e piuttosto ignnota, in cui poteva capitare che – in quella Roma divenuta ormai da qualche secolo la città dei papi – a dominare la vita politica fossero delle donne.

Una donna di successo sa essere spiazzante, può generare un forte disagio fra i maschi – solitamente poco avvezzi a relazionarsi con donne potenti – e perciò, quando non ci sono altri mezzi per screditarla, quasi in automatico, scatta immancabile l’accusa di meretricio. È accaduto più volte nel corso della storia e questa vicenda non fa eccezione. Ecco spiegato il perché, quel lontano periodo delle vicende della nostra città, sia passato alla storia come l’epoca della Pornocrazia.

Il termine non fu coniato dai contemporanei, bensì, seicento anni dopo i fatti, fu un’intuizione propagandistica della storiografia protestante, a cui non pareva vero di poter raccontare le vicende torbide di una Roma decadente e peccatrice, piena zeppa di papi corrotti, che andavano a letto con femmine di dubbia reputazione, capaci di condizionarne le scelte politiche e religiose.

Ora, il “dettaglio” che, fino a ben oltre l’anno mille – cioè più di un secolo dopo i fatti di cui parleremo – nella chiesa cattolica, non vi fosse alcun divieto di matrimonio o di concubinaggio per i sacerdoti, per i vescovi o per i papi, che difatti si sposavano, facevano dei figli, si separavano, nella più assoluta legalità, è un elemento che i protestanti omisero nei propri racconti.

Così, fu fatta passare l’idea che, a Roma, il clima di quegli anni fosse perverso, libidinoso, malsano, anziché presentare la realtà dei fatti, cioè una città in cui i potenti – come in qualunque altra città o villaggio d’Europa – avevano anche normali relazioni sentimentali, avevano figli, avevano mogli, avevano amanti, che spesso dimostravano della capacità e intervenivano a fornire consigli riguardo le decisioni politiche.

La “terribile” Pornocrazia romana, dunque, ebbe ufficialmente inizio nel 904 d.C., quando Sergio III divenne papa. A brigare per la sua ascesa al soglio pontificio, era stata Teodora, nobildonna capitolina, all’epoca trentacinquenne, senatrix e serenissima vestaratrix di Roma, nonché madre di Marozia, amante proprio di Sergio III, che dunque di Teodora era, di fatto, il genero.

Di lei, il cronista Liutprando da Cremona, disse subito che fu una: “sfacciata puttana … che esercitò il suo potere nella città di Roma peggio di un uomo… che chiavava prelati e cardinali per governare e ottenere favori”. Peccato però che Liutprando da Cremona nacque nel 920, cioè quattro anni dopo la morte di Teodora, avvenuta nel 916. E scrisse la sua cronaca circa mezzo secolo dopo i fatti narrati. Come facesse a conoscere così bene il carattere e gli appetiti sessuali di una donna che non conobbe mai, resta un mistero.

Un mistero un po’ meno fitto, però, quando si scopre che le cronache di Liutprando furono commissionate dall’Imperatore Ottone, per giustificare la deposizione di un papa pronipote di Teodora. Ovvio che – per pura coincidenza? – screditare anche la capostipite della famiglia di quel papa, potesse fornire un’importante giustificazione morale all’imperatore, autore di una deposizione che, di fatto, era un atto illegittimo persino dall’alto del suo ruolo.

Sfacciata puttana, che chiavava prelati e cardinali per governare e ottenere favori…

Liutprando da Cremona

Dunque, comincia già a risultare chiaro come di aspetti “porno”, la Pornocrazia romana, ne abbia forse avuti ben pochi, che gli interessi fossero soprattutto di natura politica e non sessuale e che il clima di corruzione, tradimento, intrigo di palazzo, non fosse proprio una prerogativa delle protagoniste femminili di quelle vicende, ma fosse semmai generalizzato. Però andiamo con ordine.

Con l’ascesa al soglio pontificio di Sergio III, Teodora si era assicurata non solo un forte controllo sul papato, ma anche una figlia nel ruolo – fattivo, anche se non ufficiale – di sovrana consorte della chiesa e della città. All’epoca sua figlia Marozia aveva quindici anni e la sua bellezza era nota in tutta Roma e anche oltre i confini dell’Urbe. Anche per lei, Liutprando da Cremona non avrebbe lesinato parole sferzanti: “Marozia, bella come una dea e focosa come una cagna, viveva nel cubicolo del Papa e non usciva mai dal Laterano”.

Il suo legame col papa non diventerà mai ufficiale, tanto che, la storiografia più recente, è arrivata a metterne in dubbio la veridicità. Qualche anno dopo, Marozia sposerà invece, per ragioni politiche, il nobile Alberico di Spoleto, uomo molto più anziano di lei. Al momento del matrimonio la donna era già incinta e il figlio che nacque – Giovanni, il futuro papa Giovanni XI – alcune malelingue dissero fosse in realtà figlio di papa Sergio, anche se, in merito, le fonti sono molto controverse e contraddittorie.

Fatto sta, che nel 924 Marozia resterà vedova e si risposerà in seconde nozze con Guido di Toscana, acerrimo nemico di Giovanni X, che nel frattempo era succeduto sul soglio pontificio a Sergio III, anch’egli deceduto. Da questo momento, Marozia diventa la principale nemica di quel papa. Nel maggio 928 le riesce un grandioso colpo di mano, che cambierà il destino di Roma: l’assalto della residenza di Giovanni X, che viene imprigionato e deposto.

Marozia, bella come una dea e focosa come una cagna…

Liutprando da Cremona

Giovanni morirà poco dopo in prigione, mentre Guido diventerà il signore dell’Urbe e Marozia potrà così pilotare l’elezione dei tre papi successivi. Prima, tra il 928 e il 929, su suo suggerimento, vengono eletti Leone VI e Stefano VII, due pontefici transitori, che hanno il solo scopo di fare trascorrere qualche anno, in vista del grande colpo finale. Poi, nel 931, divenuto ormai ventunenne e dunque finalmente eleggibile, viene consacrato papa il primogenito di Marozia, quel Giovanni XI di cui abbiamo già accennato in precedenza.

Nel frattempo muore anche Guido di Toscana e Marozia, perciò, può sposarsi in terze nozze con Ugo di Provenza, all’epoca re d’Italia, divenendo così ufficialmente la regina consorte della penisola, oltre che la madre del papa. Un vero capolavoro, per una scalata politica perfetta, riuscita soprattutto grazie ai matrimoni d’interesse. Peccato però che – poiché l’appetito vien mangiando – Marozia decide a quel punto di spingersi troppo oltre e convince suo marito Ugo a reclamare anche il titolo d’imperatore.

Questo tentativo segnerà la sua fine politica. A sbarrarle la strada, quasi come in una tragedia shakespeariana, non sarà un estraneo, bensì il suo secondogenito, Alberico II, fratellastro di Giovanni XI. Alberico, anch’egli desideroso di potere, dopo un feroce scontro che lo contrappone ai propri consanguinei, caccerà Ugo dall’Urbe, farà arrestare la madre e confinerà Giovanni XI nel palazzo del Laterano, rimanendo così padrone incontrastato di Roma dal 932 alla morte, avvenuta nel 954.

Da quel momento, non si hanno più notizie di Marozia. Secondo alcuni, venne imprigionata a Castel Sant’Angelo e finì i suoi giorni reclusa in convento. Lo storico britannico Edward Gibbon, qualche secolo dopo, sosterrà che fu proprio la vicenda dell’ambiziosa Marozia, ad avere ispirato la leggenda della Papessa Giovanna – la fantomatica donna che si spacciò per uomo, pur di ottenere il papato – una leggenda alla quale si diede credito per secoli.

Ridusse il sacro palazzo alla stregua di un lupanare e di un prostibulo…

Liutprando da Cremona

Il dominio del soglio pontificio da parte dei discendenti di Teodora e Marozia, proseguirà comunque, anche dopo la morte della donna, per mano di Alberico. Sarà lui a determinare l’elezione di tutti i futuri papi, incluso suo figlio Giovanni XII, nipote di Marozia, pronipote di Teodora, prima alleato e poi nemico del futuro imperatore Ottone I, nonché ultimo esponente della famigerata epoca della Pornocrazia romana.

Di lui scrisse il Gregorovius: “Venuto in giovinezza immatura al possesso di una dignità che gli dava diritto alla reverenza di tutto il mondo, smarrì la moderazione dell’intelletto e si gettò nel vortice dei piaceri più sfrenati. Le sue case del Laterano diventarono un ridotto di piaceri, un vero harem; la gioventù ragguardevole di Roma diventò sua compagnia favorita; passava tutto il suo tempo in cacce, in giuochi, in amorazzi, a mensa col bicchiere alla mano”.

Quando nel 963 Giovanni XII fu deposto dall’imperatore, il solito Liutprando da Cremona così parlò di lui: “Consacrò vescovi dietro pagamento e ordinò un bambino di dieci anni come vescovo di Todi. Dissero testimoni dell’adulterio che non vedevano con gli occhi, ma che sapevano con esatta certezza, cioè che ci fosse stato l’abuso della vedova di Raniero, della concubina del padre Stefania e della vedova Anna con sua nipote, e che avesse ridotto il sacro palazzo del Laterano alla stregua di un lupanare e di un prostibulo”.

“Dissero testimoni dell’adulterio che non vedevano con gli occhi, ma che sapevano con esatta certezza…” scrive Liutprando. In pratica quelle che vengono riportate sono solo voci di corridoio, un “si dice in giro…”, elevato al rango di prova, per giustificare una controversa deposizione papale. È per questo che oggi è molto forte il sospetto che tutte le vicende della Pornocrazia, dalle figure lascive di Teodora e di Marozia, fino a quella del loro discendente Giovanni, siano solo il frutto della propaganda dei loro avversari politici, di “fake news” rilanciate, dietro compenso imperiale, dal princpale cronista di corte.

Resta comunque il ricordo di un periodo leggendario – forse mai esistito nei termini raccontati in seguito – fatto di dandy divenuti papi e di donne vogliose ed arriviste, fatto d’intrighi di letto e di lotte di potere. Un ottimo soggetto per un film o per un romanzo storico, che speriamo possa vedere prima o poi la luce, per approfondire un’epoca di Roma meno conosciuta di tante altre, ma non per questo meno importante e meno affascinante.

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