L’importanza di chiamarsi Giorgia
Nel febbraio del 1895, sul palcoscenico del St James’s Theatre di Londra, andò per la prima volta in scena una commedia destinata a diventare famosa: “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. Sottotitolo: “Una commedia triviale per persone serie”.
La vicenda è tutta incentrata sulla bella protagonista, Lady Guendalina, che vuole sposare un uomo che faccia di nome Ernesto e su due rivali, Jack e Algernon, che fingono di avere quel nome. In realtà, l’autore, Oscar Wilde, gioca sul doppio significato che ha in inglese – e che purtroppo nella traduzione italiana si perde – il termine Ernest, che è un nome proprio, ma che si pronuncia allo stesso modo della parola earnest, che significa “onesto, leale”.
Nessuno dei due uomini protagonisti, dunque, è veramente “earnest” (onesto), né “Ernest” (Ernesto) e Oscar Wilde, con questo espediente, vuole denunciare quella cura dell’apparenza e della forma che era propria di una certa società borghese del suo tempo, per la quale il semplice fatto di definirsi Ernesto – cioè onesto – era più importante dell’esserlo davvero.
Ho ripensato a quella “commedia triviale per persone serie” di fronte alla sfida “Giorgia contro Giorgia”, che ha monopolizzato il dibattito social di questi giorni. Da una parte Giorgia Todrani, romana, in arte semplicemente Giorgia, di professione cantante e figlia d’arte. Dall’altra Giorgia Meloni, anche lei romana, anche lei spesso chiamata semplicemente Giorgia, di professione deputata e segretaria di partito.
Da una parte il famoso tormentone di Giorgia Meloni: “Io sono Giorgia, sono una madre, sono italiana…”. Dall’altra un post su Instagram di Giorgia Todrani: “Anch’io sono Giorgia, ma non rompo i coglioni a nessuno”. In mezzo un profluvio di commenti a sostegno dell’una o dell’altra Giorgia, per schierarsi con l’una o con l’altra sfidante.
Chi delle due è la vera Giorgia? Chi delle due è più Giorgia dell’altra? Entrambe e al tempo stesso nessuna. Proprio come i due “Ernest” della commedia di Oscar Wilde, infatti, per piacere alle tante Guendaline, nessuna può essere “earnest” fino in fondo.
Entrambe, per ruolo, hanno troppo bisogno di visibilità e di fan, magari per ottenere un voto, oppure per aggiungere una serata, o per vendere un disco in più. Comunque per fare parlare di sé. E se dichiararsi “la mejo Giorgia der bigonzo” e polemizzare con l’altra Giorgia, può essere d’aiuto, si dichiareranno tali e polemizzeranno.
Intanto noi, che siamo le tante Guendaline, prendiamo le parti per la più “Ernest” delle due, o per quella che ci appare tale, per la più Giorgia. Insomma, per quella che vogliamo credere più “earnest”, più “onesta”, pur sapendo bene che “earnest” fino in fondo, forse non può esserlo nessuna di loro, se non altro per il ruolo social che ricoprono.
Resta il fatto che la cura dell’apparenza e della forma, non era certo solo una caratteristica della società inglese dei tempi di Oscar Wilde. È anche roba che ci appartiene ancora, forse ancora più di allora e per la quale, anche il semplice fatto di definirsi Giorgia, diventa la cosa più importante di cui discutere, per cui schierarsi e su cui scrivere cronache e articoli di approfondimento, incluso quello che avete appena finito di leggere.