Quando Dio divenne mamma

È il 10 settembre 1978 e a Camp David, negli Stati Uniti, è in corso uno dei molteplici tentativi di mettere fine al conflitto fra arabi e israeliani. Nel mondo c’è una grande attenzione e speranza per l’evento e anche il nuovo papa, Albino Luciani, non pare insensibile a questo tema, al punto da volerlo commentare durante l’Angelus.

“Il popolo ebraico ha passato un tempo momenti difficili – esordisce Giovanni Paolo I – e si è rivolto al Signore lamentandosi dicendo: Ci hai abbandonati, ci hai dimenticati! Ma no! Dio ha risposto per mezzo del profeta Isaia: può forse una mamma dimenticare il proprio bambino? Se anche ci fosse una donna che si dimenticasse, mai Dio dimenticherà il suo popolo”.

Una citazione biblica, di quelle che ogni papa, ogni cardinale e ogni sacerdote sciorina quotidianamente, a commento di ciò che accade nel mondo e nella vita: Isaia 49, 15. Nulla di scandaloso o di memorabile dunque. Se non fosse per il fatto che Albino Luciani non abbia deciso di proseguire il commento, andando a braccio stavolta.

“Anche noi che siamo qui, abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile – sottolinea il papa – Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà. Più ancora: è madre”.

albino luciani

Col suo tono sempre garbato, il suo eterno sorriso, queste parole di papa Luciani arrivano al mondo con l’effetto di una bomba. Secoli d’iconografia cristiana, a rappresentare Dio con una folta barba e l’aria minacciosa e poi ecco un timido signore veneto, vestito di bianco, a dirci che, invece, Dio è una mamma premurosa.

Sono parole che sollevano subito parecchio sospetto in qualche edotto di teologia. C’è chi grida all’eresia. Anche i semplici fedeli, abituati da secoli a vedere Dio in abiti maschili, incarnato sempre in un uomo e mai in una donna, in una madre, restano spiazzati.

A vedere il tutto con gli occhi di oggi sembra quasi assurdo, ma quelle semplici parole del papa, nella Roma del 1978, sollevano un enorme polverone e una ferocissima disputa teologica. Ci sarà anche chi dirà, quando pochi giorni dopo Albino Luciani muore prematuramente, che il pontefice sia stato fatto fuori proprio per impedire la sua “deriva femminista”.

Il Dio androgino dei primi secoli

Raffigurazione di Gesù nel Mausoleo di Galla Placidia

Non è il caso di entrare in quelle accesissime dispute, ma è bene ricordare che nelle raffigurazioni cristiane, Dio non è stato sempre rappresentato con la barba lunga e l’aria minacciosa. Né appare come un uomo barbuto la sua incarnazione in terra: Gesù. Anzi, il Dio cristiano raffigurato nei primi secoli ha un’aria volutamente androgina, apollinea, ambigua.

Questo proprio perché si voleva rappresentare un Dio che fosse padre e contemporaneamente madre, uomo e al tempo stesso donna. Sarà solo cinquecento anni dopo, a partire dal sesto secolo – quando cominciava contemporaneamente a nascere il culto della Vergine Maria – che nelle raffigurazioni cristiane, Dio e Gesù cominciano ad avere barba e baffi, sul modello di Zeus.

Solo da quel momento, infatti, nel cristianesimo compare una sorta di “differenziazione dei ruoli”, con la Madonna a rappresentare l’aspetto divino femminile e Gesù quello maschile. E Dio con la barba bianca a guardare tutto dall’alto, come un Giove romano.

giuliana di norwich

Eppure, anche molti secoli dopo, a inizio Quattrocento, nonostante da quasi un millennio la figure divine si raffigurassero così, la beata Giuliana di Norwich non aveva dimenticato l’idea primordiale di un Dio contemporaneamente uomo e donna: “com’è vero che Dio è nostro Padre, così è vero che Dio è nostra Madre”.

Niente di nuovo sotto il sole, dunque. Le parole di papa Luciani erano state già dette, quasi identiche, più di cinquecento anni prima. E saranno pronunciate ancora, quarant’anni dopo, da un altro papa, Jorge Bergoglio: “Dio è come una madre che non smette mai di amare la sua creatura. D’altra parte, c’è una gestazione che dura per sempre, ben oltre i nove mesi di quella fisica, e che genera un circuito infinito d’amore”.

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