Il paese dei Fassi perduti

È domenica 18 settembre, sono le cinque del pomeriggio e sul profilo Facebook di Andrea Fassi, amministratore delegato della storica Gelateria Fassi di Roma, nota anche come il “Palazzo del Freddo”, appare la foto di una bolletta stratosferica, dall’importo di quasi 18 mila euro, a lui indirizzata.

Ad accompagnare quell’immagine, ci sono delle parole calde, ben scritte di suo pugno – d’altronde Fassi gestisce anche una nota scuola di scrittura – che aprono uno squarcio su una crisi che comincia a mettere a rischio non solo le famiglie, ma anche tutto il mondo dell’imprenditoria romana, inclusa quella più solida e strutturata.

Dunque è l’intera filiera del lavoro a Roma, fatto in ampia percentuale di piccole e medie imprese come il “Palazzo del Freddo”, che sembra vicina a un tracollo, le cui conseguenze economiche, culturali, sociali, sono solo in parte prevedibili. E quella parte di previsioni che a oggi è possibile fare, non prelude a nulla di buono.

Riportiamo qui di seguito il contenuto del post citato.

“Io faccio questo lavoro al mio meglio.

Combatto l’alzarsi del sole, combatto me stesso, combatto un settore gonfio di invidia, vivo un territorio degradato, sopporto il poco valore dato alle aziende in questo paese, ingoio l’imborghesirsi del cibo con mezzo mondo che non magna, ignoro gli insulti sui coreani, tra i primi a rispettare il mio lavoro; eppure accolgo con il sorriso di Joker migliaia di Romani ogni giorno, difendo la semplicità del gelato, imprescindibile.

Non volevo farlo questo lavoro, il mio ego ipertrofico mi rende frustrato, umorale, realista, solitario, l’opposto di un imprenditore e inoltre non potendo manifestarsi del tutto in qualcosa che non ha creato, il mio ego soffre.

Quindi mi odio, si odia sempre ciò che si ama per destino e non per scelta, è un peso gravoso che sostengo in maniera onesta, con dolcezza e con rabbia.

Ora, questa bolletta è un insulto a tutto quello che ho fatto fino ad ora:

Come Amministratore Delegato del Palazzo del Freddo, come socio fondatore della Scuola di scrittura Genius, unico vero capolavoro dopo mia figlia Amelia, come consigliere Fipe e come vicepresidente dei locali storici d’Italia sempre per Fipe, penso questa bolletta sia un punto a capo per la mia vita e per quella di molti altri.

Questa bolletta è l’esempio limpido del venir meno di un patto fondamentale tra stato e imprese, violenta i miei limiti, il mio ego, la mia onestà, i ragazzi che lavorano con me. E vale per tutti.

Polverizza la speranza, inaridisce i desideri.

È una goccia densa di tutto quanto ci sia di sbagliato al mondo oggi, della direzione storta di questo presente.

La pagherò, venderemo novemila coppette da due euro al mese solo per pagare la corrente o forse diventerò un influencer su Tik Tok per non pensarci.

Il punto è che io questo lavoro non volevo farlo, e così non è più neanche divertente. E io mi annoio subito e quando mi annoio, o forse quando ho paura, distruggo tutto.

Ecco, in Italia, a lavorare bene, anche un animo come il mio con energie infinite si annoia e ha paura.

Per ora reggo, è solo l’ansia che sale, ma non vi mollo, sia mai lasci spazio al gelato all’amatriciana o al sorbetto di funghi porcini o, peggio ancora, a quelle poltiglie scolorite e gonfie.”

Andrea Fassi

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