La burocrazia romana rende pazzi

Nell’episodio “La casa che rende folli” Asterix e Obelix, ingaggiati in una delle 12 fatiche per diventare imperatori, devono riuscire ad ottenere il lasciapassare A38 da una struttura pubblica romana, la qual cosa può portare alla pazzia. In lungo e in largo, sopra e sotto le scale del palazzotto tipo Colosseo dell’Eur, rimpallati da uno sportello all’altro, tra oziosi uscieri e kafkiani burocrati, neanche la pozione magica li può aiutare in questo caso.  
È quanto capita di sperimentare, una o più volte nella vita, a residenti e pellegrini della gloriosa Città Eterna, alle prese con piccole e grandi rogne amministrative. E la realtà può superare la pur fervida fantasia di Goscinny e Uderzo, gli autori del popolare fumetto nordico. Al posto delle scale e dei piani, il moloch romano – le PEC, le email, le telefonate, gli appuntamenti, i rimpalli tra Uffici fantasma e società partecipate pubbliche. E il risultato non cambia: sempre pazzi si finisce.

Questo è il racconto di una storia vera, 6 mesi di burocrazia romana intrecciata con quella nazionale, da aprile a settembre di quest’anno, vissuti sull’orlo dello sfinimento fisico e morale

Prologo. Ricevo a fine marzo una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate – Riscossioni per una tariffa rifiuti (Tari) asseritamente non versata sei/sette anni fa, per un importo (di quasi 2.000 euro) TRIPLICATO rispetto a quello dovuto, con applicazione di una sanzione del 200% (duecento per cento!). L’Agenzia delle Entrate agiva in questo caso come agente della riscossione, o pagavo o impugnavo la cartella entro 60 giorni o ottenevo l’annullamento del debito, potendo in caso contrario partire azioni esecutive, perciò la faccenda richiedeva la massima attenzione.

Io però la Tari l’avevo versata, solo che l’avevo versata in ritardo non avendo ricevuto l’avviso di liquidazione da AMA Roma Spa (la società pubblica romana che gestisce i rifiuti e la riscossione delle relative tariffe-tasse) e neanche l’avviso di accertamento, previsti dal Regolamento Tari (altrimenti non sai quanto devi pagare, essendo il calcolo della tariffa annuale un esercizio impossibile per un comune mortale), pur avendo registrato l’utenza. Mi ero quindi recata – spontaneamente – presso gli Uffici di AMA Roma per avere la liquidazione dell’importo dovuto e l’avevo versato (pare sbagliando, secondo un amico tributarista, in assenza di altri atti).

Immagine di Harald Groven diffusa da Flickr.com con licenza creative commons

Sviluppo. Escludo l’opzione del ricorso tributario (anche per l’impossibilità di raccapezzarmi sulla validità della notifica e la prescrizione della sanzione, perse nei meandri della stratificazione normativa delle sospensioni / proroghe / riviviscenze / finestre temporali e resurrezioni dei termini causa Covid) e propendo per un’istanza di riesame e di annullamento della cartella all’ente presunto creditore, perché ho ragione nel merito (il pagamento è stato saldato con ritardo incolpevole). La risposta dovrebbe essere entro 30 giorni, ai sensi della l. 241/90. Invece è l’inizio della follia.  

Per capire meglio le circostanze alla base della cartella, prendo appuntamento online e vado da AMA Roma. AMA Roma risponde che non è competente, al più può ricevere una richiesta di accesso agli atti per vedere cosa c’è nel fascicolo, e bisogna comunque andare poi al Comune di Roma. Presento quindi un’istanza di riesame al Comune di Roma, in particolare al Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale indicato nella cartella esattoriale come incaricato del tributo. Una, due, tre, quattro PEC, nel giro di un paio di mesi. Mai una risposta.

Mando anche innumerevoli e-mail e più volte provo a telefonare ai tanti numeri del Dipartimento indicati sul relativo sito, per infine scoprire, in una delle rare risposte telefoniche, che:

  • PRIMO, gli Uffici del Comune di Roma non ricevono il pubblico (informazione di giugno, il Covid ancora uno straordinario jolly per questo tipo di cose, ora non saprei),
  • SECONDO, l’accertamento e riscossione dei tributi locali è affidato a Æqua Roma Spa, società partecipata da Roma Capitale, socio unico, e soggetta a direzione e coordinamento di Roma Capitale, alla quale dunque bisogna rivolgersi.

E via con le scale sopra e sotto, si riparte da capo. Altra trafila con Æqua Roma Spa. Per telefono un’operatrice dice che posso presentare l’istanza ma non esiste un termine per rispondere all’istanza (concetto poi ripetuto varie volte anche da altri operatori incontrati nel percorso) e, di fronte alle mie rimostranze (legge 241/90, carta dei servizi, ecc.) suggerisce di andare, previo appuntamento da prendere online, a via Ostiense 131/T, sede di Aequa Roma Spa.

All’appuntamento in presenza mi fanno sedere davanti a uno schermo per parlare con un’operatrice collegata on line (cioè, mi ero recata fin lì per parlare con uno schermo: mi veniva da piangere); a fronte di un atteggiamento in modalità muro di gomma, chiedo di parlare con un direttore, il quale poi mi fa parlare con un’operatrice in modalità fisica. Questa compila e mi fa firmare un’“istanza di discarico cartella”, dicendo che non devo fare più nulla. L’istanza di discarico, però, dice che quella istanza non sospende i termini di pagamento.

Mi risolvo quindi a scrivere anche all’Agenzia delle Entrate (sono passati molto più di 60 giorni), per spiegare cosa succede e conoscere le loro determinazioni in merito alla mia cartella. L’Agenzia delle Entrate riscontra subito la mia comunicazione e anzi un funzionario mi contatta al numero indicato. Aequa Roma Spa e il suddetto direttore, invece, non riscontrano mai le richieste via email di aggiornamento dello stato dell’istanza di discarico cartella.

Epilogo. Risparmio il resto della trafila, che ha richiesto un tempo incalcolabile e notevoli travasi di bile, per arrivare a scoprire, a inizio agosto, che hanno accolto l’istanza di discarico cartella ma per avere la risposta scritta c’è ancora da aspettare. Le notizie fornite telefonicamente dai vari operatori di Aequa Roma Spa contattati tra agosto e settembre sono state le più varie:

operatore 1: la risposta è stata validata e sarà inviata per posta;
operatore 2: la risposta è stata validata e sarà inviata per email;
operatore 3: la risposta è stata validata e inviata da un po’, ma la data precisa non può essere comunicata per telefono;
operatore 4: si può scrivere una e-mail a tari@aquearoma.it per avere copia della risposta validata (email scritta, ma la copia della risposta non l’ho mai avuta);
operatore 5: la risposta è stata validata sarà inviata a fine agosto.
La risposta è infine arrivata, con raccomandata, il 21 settembre, cioè 6 mesi dalla prima istanza inviata via PEC.

Impara l’arte.  Unica nota positiva, in tutta questa follia, avere accumulato una congerie di informazioni, in particolare sulla Tari e sulla burocrazia romana, che può essere utile condividere.

  1. Roma Capitale NON ha un Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), inteso come interfaccia tra articolazioni amministrative e cittadini, ma solo un numero unico di primo contatto (060606) che smista le telefonate e dà un primo orientamento sulla babele capitolina. Il motivo per cui non ci sia uno o più URP per Roma Capitale e le sue articolazioni è ignoto.
  2. Oltre alla registrazione della propria utenza Tari sul sito di AMA Roma (https://www.amaroma.it/reg/), bisogna verificare di anno in anno la corretta comunicazione a domicilio degli avvisi di liquidazione, se non arrivano meglio recarsi presso AMA Roma (via Capo d’Africa 23/B), previo appuntamento, e chiedere l’avviso di liquidazione brevi manu (prima di pagare però meglio consultare un tributarista).
  3. La società Aequa Roma S.p.A. (https://www.aequaroma.it) è preposta agli accertamenti del pagamento dei tributi capitolini, multe comprese. Se si riceve una cartella di pagamento, si può andare in sede (previo appuntamento, gli operatori possono essere in sede o online) o chiamare. Se vi dicono che non si sa se rispondono e quando, ricordate loro che anche le partecipate pubbliche sono soggette alla legge 241/90, che prevede risposte entro trenta giorni dall’istanza, e in più hanno una “carta dei servizi” che li impegna ad essere efficaci e prossimi ai cittadini. Comunque non rispondono alle PEC e alle email.
  4. Il Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale, che non ha mai risposto alle mie PEC ed email, pare abbia cambiato recentemente Direttore e le cose “potrebbero andare un po’ meglio” (così un operatore in uno dei tanti tentativi di contatti con il Dipartimento).
  5. L’Agenzia delle Entrate – Riscossioni, l’ente nazionale incontrato in questo percorso, risponde alle email e chiama se serve (lasciate un numero di telefono, il funzionario che mi ha chiamato è stato molto gentile e disponibile, fornendo tutta l’assistenza del caso).
  6. Esiste un Difensore Civico della Città Metropolitana di Roma, il quale tuttavia, nei confronti dei Comuni insistenti sul territorio della Città Metropolitana di Roma Capitale, “è competente esclusivamente in materia di accesso” (così la nota del 12.8.2022 a sua firma, con rinvio alla relativa pagina https://www.cittametropolitanaroma.it/homepage/la-citta-metropolitana/struttura-organizzativa/altri-organismi/difensore-civico/. Quindi se avete un problema di accesso agli atti o di accesso civico scrivete al Difensore, altrimenti niente.

 

Ricapitolando. Ama Roma Spa gestisce i rifiuti e riscuote la tariffa rifiuti. Aequa Roma Spa fa gli accertamenti e interviene su cartelle e avvisi di tributi locali (verificare le risposte degli operatori, non sempre affidabili e informate). Il Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale non è pervenuto, non risponde alle PEC, una nuova dirigenza potrebbe inaugurare altre modalità di gestione. L’Agenzia delle Entrate – Riscossioni c’è e si sente, se ponete questioni risponde.

Ecco: già che uno scrive e l’amministrazione risponde, fa diventare meno matti. Quindi consiglierei alla burocrazia romana: rispondete ai cittadini, in tempi brevi e comunque nei termini di legge, oltre che rispettare un obbligo, eviterete che la città diventi (ancora più) piena di matti. Anche Asterix e Obelix approverebbero.

[La foto del titolo è di Christian Schnettelker ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]

 

 

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