La rinascita dei paesi morenti – 2

Calcata e Civita di Bagnoregio sono due splendidi borghi, non troppo distanti da Roma e da Viterbo, accomunati non solo dal proprio aspetto medievale, di paese arroccato su una collina tufacea e con un unico punto di accesso, ma anche da una storia antichissima – di origine etrusca Civita, abitata già dai Falisci nel II millennio a.C. la zona di Calcata – con periodici allarmi di crollo che svuotarono entrambe la città, a cui seguirono immancabili “cessati allarmi” che le ripopolarono, anche in tempi piuttosto recenti.

Insomma, due romantici “paesi morenti”, ma che non muoiono mai e che anzi, negli ultimi anni, stanno vivendo un grande sviluppo turistico, con frotte di romani – e non solo romani – che si recano quotidianamente a visitarli e, in qualche caso, decidono anche di trasferirsi lì.

Civita di Bagnoregio

Civita è una frazione di Bagnoregio. Una sorta di paese incantato, attorniato dal nulla, proprio come certi castelli delle favole. Quel “nulla” in realtà è la suggestiva “valle dei Calanchi”, una sorta di canyon nostrano, scavato dal vento e dalle numerose frane.

Una meraviglia che è dunque il frutto di una perenne erosione. Un’erosione che se da una parte rende particolare e indimenticabile il paese, dall’altra ne minaccia l’esistenza. Per questo lo scrittore Bonaventura Tecchi, definì Civita “la città che muore”.

Il problema dell’erosione della zona era avvertito già nell’antichità, da Etruschi e Romani, che provarono a porvi rimedio, attraverso alcune opere di canalizzazione. Opere che però non frenarono gli smottamenti e non risolsero il problema in modo definitivo, tanto che il pase per diversi secoli venne abbandonato.

Riprese vita in epoca tardo medievale e rinascimentale. Sono proprio le costruzioni di quel periodo che caratterizzano l’aspetto attuale del borgo – mentre gran parte di quelle di epoca etrusca e romana sono andate perdute a causa delle frane, tranne il tunnel che dalla parte bassa del paese dà accesso direttamente alla valle dei calanchi – quando erano ben cinque porte di accesso al paese, poi in gran parte crollate.

Civita, infatti, oggi ha un unico accesso fruibile ed è raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale in cemento armato, costruito nel 1965, che può essere percorso soltanto a piedi, tranne che dai cittadini residenti in quella frazione, che, tramite permessi speciali, possono in alcune occasioni accedere con piccoli mezzi motorizzati.

Come ogni paese medievale che si rispetti, Civita ha la sua bella piazza su cui affaccia la chiesa di San Donato, con tanto di campanile, oltre a vantare altre meraviglie, come il Palazzo Vescovile, un mulino del XVI secolo, i resti della casa natale di san Bonaventura – coetaneo e amico si san Tommaso d’Aquino – al punto che il paese è entrato a far parte dei “borghi più belli d’Italia”.

Negli ultimi anni ha così ottenuto un tale rilancio turistico da avere reso necessario un contingentamento degli ingressi in paese. Dal 2013 entrare a Civita è possibile solo pagando un biglietto d’ingresso, come solitamente avviene nei musei.

E proprio un museo a cielo aperto può essere considerata Civita di Bagnoregio. Un museo comunque molto vitale. Proprio come avvenuto a Calcata, anche a Civita il grande flusso turistico ha stimolato l’apertura di attività commerciali e locali, che rendono questo luogo davvero pieno di vita per essere un “paese che muore”.

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