Roma 2023

L’ottimismo ingenuo o della volontà non credo serva, non serve neanche gonfiarsi il petto di vuoti paroloni, perché quello che manca è la cura concreta dell’oggi e del domani. In questo nuovo anno che si apre cupo, insieme a questo sguardo pulito sul presente che ci aspetta, non metterei da parte tuttavia il desiderio. Da una parte la realtà, così com’è (non può essere cancellata), dall’altra però la spinta a immaginare e desiderare come vorremmo questa nostra Roma.

 

Il racconto con cui siamo cresciuti, dalla fine della Seconda guerra mondiale e per tutto il Novecento, non c’è più. L’ottimismo, pur in mezzo a catastrofi che ci sono passate davanti, si è sgretolato completamente. Le ultime e recenti vicende – dalla pandemia, alla guerra in Ucraina, insieme all’emergenza ambientale – hanno spazzato via quell’immagini di futuro e progresso infinito che giorno dopo giorno, anno dopo anno, ci indicavano che le cose sarebbero andare bene, anzi meglio. Questo tramonto dell’ottimismo, per una città come Roma, che quella corsa trascinante verso una modernità compiuta non l’ha mai del tutto raggiunta, cosa vorrà dire? 

Ancora Roma non è fornita di un numero adeguato di linee metropolitane, e la loro realizzazione (quando avviene) è in genere lenta, e procede tra numerose difficoltà (burocratiche, economiche, politiche e corruttive); il servizio degli autobus è spesso carente, incapace di garantire orari, e un adeguato numero di corse (senza dover citare per entrambe le società le incapacità gestionali accumulatesi nel tempo e le aziende concepite come riserve per il consenso da parte dei partiti); poi i rifiuti, in questi giorni ce ne siamo resi conto di nuovo, la situazione è ancora lontana dal trovare una soluzione definitiva: il famoso termovalorizzatore non può essere la magica svolta, sarebbe un errore pensarlo. Insomma, la lista di questioni irrisolte sarebbe lunga, ognuno potrebbe aggiungerne facilmente, senza allontanarsi troppo dalla realtà.

Le nostre esigue speranze, quelle che abbiamo coltivato in queste anni, prima ancora che arrivasse il precipizio della disillusione post-globalista, si erano già quasi del tutto spente. Da tempo non riusciamo a investire energie buone in Roma, non crediamo che ce la possa fare, e chi ha responsabilità collettive non ci aiuta più di tanto a superare questo pessimismo generalizzato. Ma del resto i fatti quotidiani sono duri. Quanto tempo ci vuole a Roma per fare 12 chilometri? Dai 35 ai 40 minuti quando va bene, altrimenti ce ne possono volere anche 50 (riferisco la mia esperienza personale).

Il nervosismo di chi viaggia per le strade della città, come pure la rassegnazione, è inevitabile e visibile, tanto che le cronache ci raccontano di improvvise esplosioni di violenza. Oppure vogliamo parlare dei parcheggi in seconda fila? Una specialità romana, su cui si interviene a caso e per brevi periodi, per poi tornare agli ingorghi provocati dai restringimenti di strada da coloro che “appoggiano” la macchina dove vogliono o possono.

Come iniziare il nuovo anno, sapendo che lo scenario negativo, quello di un’epoca finita, noi lo vivevamo prima che arrivasse, per altre ragioni che sono storiche e politiche? Finiremo per trovare una ulteriore giustificazione all’immobilismo perenne di questa città, per la quale il massimo del proprio orgoglio è godere del proprio passato?  Ma ormai non c’è più consolazione nemmeno in quegli antichi resti, se non in modo episodico, ultimo ornamento al vuoto culturale che ci circonda. Davanti a noi ci sono due eventi, il primo è il Giubileo 2025, occasione in cui Roma rimedia denaro per combinare qualcosa di buono, con risultati come sappiano non sempre adeguati. Il secondo non è ancora certo che si realizzerà nella nostra città: si tratta della candidatura all’Esposizione Universale del 2030 (Expo 2030). Due eventi che ci faranno uscire dal pantano in cui siamo?

Non saprei dirlo. Le buone intenzioni che ci vengono raccontate intorno a questi due appuntamenti non sono sufficienti a rassicurarci che le cose ad ogni modo andranno per il verso giusto. Il disincanto ci appartiene, lo sappiamo. Ora però serve qualcosa di diverso, perché le diseguaglianze sono ampie, e settori interi di Roma non ricevono quelle giusta considerazione che spetterebbe loro, si continua a dimenticare che la stragrande parte della popolazione vive lontano dall’area centrale della Capitale. Non ho la soluzione e al tempo stesso non voglio arrendermi all’inesorabile scivolare verso una condizione di irreversibile peggioramento.

L’ottimismo ingenuo o della volontà non credo serva, non serve neanche gonfiarsi il petto di vuoti paroloni, perché quello che manca è la cura concreta dell’oggi e del domani. In questo nuovo anno che si apre cupo, insieme a questo sguardo pulito sul presente che ci aspetta, non metterei da parte tuttavia il desiderio. Da una parte la realtà, così com’è (non può essere cancellata), dall’altra però la spinta a immaginare e desiderare come vorremmo questa nostra Roma. In questo che può essere un gioco non mi terrei risicato, anzi, darei libero sfogo alla fantasia per iniziare a costruire nelle nostre teste una città migliore. Sarebbe bello se ognuno di noi potesse scrivere un proprio desiderio su Roma, come un proposito per il 2023, per poi rileggerli tutti in una occasione pubblica. Desideri di ogni tipo, personali, piccoli o grandi, che ci riguardano, perché senza saperlo quel sogno non è solo il nostro, appartiene anche ad altri, senza che lo sappiamo.

Io desidero arrivare a lavoro con un tempo ridotto, per esempio. E non quei faticosi 40/50 minuti per percorrere una decina di chilometri! Mi piacerebbe anche non vedere più – per fare un altro esempio – quei terribili cassonetti dell’immondizia. Dietro un desiderio c’è una storia personale, che non si chiude lì, anzi, approfondendo lo sguardo ci rendiamo conto che quella storia vive dentro una comunità. Io desidero – ancora – che non ci siano più persone a Roma senza una casa. Io desidero che l’orchestra di Santa Cecilia una volta al mese suoni nelle piazze dimenticate di Roma. Io desidero delle strade pulite. Io desidero delle scuole ben attrezzate. Io desidero che i miei vicini di casa si fermino, qualche volta, e solo qualche volta, si fermino a fare due chiacchiere. Io desidero che l’As Roma vinca un altro trofeo quest’anno. Io desidero che…  Mi fermo qui, ognuno di noi può continuare, magari scrivendo il proprio desiderio nei commenti a questo articolo sui social.

Sono certo che la forza collettiva dei nostri desideri ci sosterrà, così da non rimanere bloccati in quelle nubi nere che si presentano all’orizzonte. 

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