Giovani e questione abitativa, una bomba sociale?

Il Governo rifinanzia il Fondo di garanzia per acquisti e ristrutturazione, ma cancella il Fondo per gli affitti e la morosità incolpevole, creando le condizioni per un’ondata di sfratti. Con la crescita del precariato per un giovane lavoratore comprare casa è un miraggio, ma anche prenderla in affitto diventa sempre più proibitivo.

 

Choosy o vittime delle generazioni precedenti? È il corto circuito logico che emerge nel dibattito pubblico sulle nuove generazioni, accusate di prediligere il divano e il reddito di cittadinanza quando si tratta di compiacere balneari e ristoratori alla ricerca di bagnini e camerieri sottopagati, ma utilizzate come giustificazione “sociale” per togliere diritti e servizi a chi è venuto prima di loro, magari accusandolo di difendere privilegi e rendite di posizione a scapito dei più giovani. “Mandiamo i bamboccioni fuori di casa” disse nel 2007 l’allora Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Ma a un 25-30enne degli anni Duemila per andare fuori di casa non basta lo spirito di intraprendenza: dev’essere in grado di pagare ogni mese un affitto una rata di un mutuo commisurati al proprio reddito.

 

Coi genitori, loro malgrado

Già nel 2010 un’indagine del Sunia (sindacato degli inquilini) dava conto del perché l’84% dei 7 milioni di giovani dai 18 ai 34 anni che all’epoca viveva ancora in famiglia avrebbe voluto poter “andare fuori di casa” ma, non avendo il papà amministratore delegato di Assicurazioni Generali, non ci era riuscito. Salari insufficienti, rapporti di lavoro precari, canoni di locazione irraggiungibili già allora facevano sì che da noi la percentuale di giovani costretti a una “coabitazione forzata” coi genitori fosse quasi il triplo che in Gran Bretagna, Francia e Germania e col passare del tempo la situazione è peggiorata: la percentuale di giovani under 35 che vive coi genitori, infatti, dal 2010 al 2021 è passata dal 58,6% al 67,6% (LaVoce.info030822).

 

 

Un’inchiesta Eures-Consiglio Nazionale dei Giovani su un campione di 960 persone tra i 18e i 35 anni pubblicata nel maggio 2021 precisa il quadro rivelando che “Nei cinque anni successivi al completamento degli studi i giovani intervistati hanno lavorato in media per tre anni e mezzo, restando invece per un anno e mezzo senza lavoro. Soltanto il 37,2% del campione dispone infatti di un lavoro stabile, mentre il 26% è un giovane ‘precario’ con contratto a termine, il 23,7% risulta disoccupato al momento dell’intervista ed il restante 13,1% è uno studente lavoratore”. Un’ampia maggioranza degli intervistati, il 58,9%, ha una retribuzione inferiore a 10.000 euro annui (il 23,9% inferiore a 5.000 euro e il 35% tra 5.000 e 10.000 euro), mentre per il 33,7% del campione questa risulta compresa tra 10.000 e 20.000 euro e soltanto nel 7,4% dei casi supera quest’ultima soglia (cioè 1.650 euro mensili). Dunque, se per il Sunia nel 2010 il 60% dei lavoratori under 35 riceveva meno di 1.000 euro al mese, oggi in base ai dati Eures possiamo dire che non arriva a 850.

 

Roma: “Solo 800 euro, un colpo di fortuna”

“Nel periodo del Covid con la mia compagna, che sta facendo il dottorato di ricerca e ha una borsa di studio, vivevamo fuori Roma in un alloggio per cui non dovevamo pagare l’affitto” racconta Lorenzo, 27 anni, giornalista, arrivato  nella Capitale dalla Lombardia qualche anno fa. “Avevo messo qualche soldo da parte facendo dei lavori occasionali, per cui quando è riaperto tutto e ci è sembrato che ci fosse qualche opportunità di lavoro in più abbiamo deciso di spostarci a Roma in un quartiere centrale, il Pigneto”.

“Abbiamo trovato un bell’appartamento, circa 60 metri quadrati, in buone condizioni, a 700 euro, più 80 di spese di amministrazione, che includono riscaldamento e acqua (oggi a causa del caro energia si arriva a 800 in tutto) e tutti ci dicono che è stato un gran colpo di fortuna, perché gli affitti qui sono molto più alti. Naturalmente siamo dovuti passare attraverso un’agenzia, che si è fatta pagare, e le nostre famiglie si sono dovute fare garanti”.

“Ora faccio il servizio civile. Mi danno 440 euro al mese, che spendo per pagare metà affitto e le bollette non incluse nell’amministrazione. Fino a tre mesi fa per il resto ero costretto a erodere il gruzzolo che mi ero messo da parte durante la pandemia. Poi ho ottenuto il reddito di cittadinanza e ogni tanto riesco a fare qualche lavoro extra, per cui la situazione si è un po’ alleggerita. Non mi posso permettere un mezzo di trasporto, ma grazie al bonus trasporti sono riuscito a fare l’abbonamento al’Atac.  Prima non pagavo”, è la conclusione di questa storia di ordinaria sopravvivenza di una coppia giovane con un’istruzione elevata e due famiglie alle spalle, insomma neanche una delle più sfortunate.

 

Un quarto dei giovani guadagna meno di affitto e bollette

La difficoltà di stipulare un mutuo e l’incertezza sul proprio futuro lavorativo fanno sì che per un giovane lavoratore l’affitto sia di fatto l’unica strada percorribile. Secondo il rapporto dell’Ufficio Studi Tecnocasa sul primo semestre 2022 il 44,3% dei contratti di locazione viene sottoscritto proprio da 18-35enni, un dato a cui si aggiunge il fenomeno del nero, elevatissimo tra gli studenti fuori sede.
L’acquisto, infatti, è una vera e propria chimera. Secondo un dato Istat citato da Asia Usb, un’associazione di inquilini e abitanti, in un volume sulla questione abitativa che uscirà in primavera, il 30,6% dei giovani sotto i 34 anni che vive fuori casa è in affitto, mentre il 42% abita in una casa di proprietà, ma di questi soltanto il 18,7% ha acceso un mutuo, il che suggerisce che il restante 23,3%  viva in appartamenti messi a disposizione da nonni e genitori, una forma di “welfare familiare” destinata a esaurirsi col passare degli anni.

La domanda di appartamenti in affitto è in crescita e traina i prezzi verso l’alto, anche perché ultimamente capita spesso che chi aveva in programma l’acquisto di un’abitazione ripieghi verso questa soluzione, preoccupato per le incerte prospettive economiche. Nel periodo analizzato da Tecnocasa i canoni di mono-, bi- e trilocali, cioè le tipologie di abitazione più richieste dalle fasce a basso reddito e dalle coppie giovani senza figli, sono aumentati rispettivamente del 2,1%, 2,4% 2 ,2,2% (ma nei capoluoghi il dato è: +2,7%, +2,8% e +3%).

La ripresa del turismo dopo la crisi abbattutasi sul settore a causa del Covid ha reso ancor più arduo sottoscrivere un contratto di affitto. Pochi giorni fa a Genova, certo non una tra le principali mete turistiche italiane, emergeva che “chi affittava a studenti o a giovani coppie con contratto 3+2 si è convertito agli affitti turistici, 4 volte più convenienti”, col risultato che gli affitti a lungo termine sono diventati introvabili e i prezzi sono saliti alle stelle” (Genova24230123).

Secondo i dati dell’ufficio studi di Idealista, a dicembre il canone di locazione medio in Italia era di 11,4 euro a metro quadrato, il 3,5% più di un anno prima.
Considerato che la superficie minima per avere l’abitabilità è di 28 metri quadrati significa una spesa minima annua di 3.830 euro l’anno per un monolocale, a cui aggiungere le utenze. Secondo Sos Tariffe e Segugio.it nel 2022 la spesa per elettricità e gas per un single è stata rispettivamente 1.023 euro (317 nel 2021) e 834 euro (480 nel 2021) (Sole24Ore031122). Significa, secondo i dati Eures citati, che per un quarto degli under 35 il solo costo di affitto, gas ed elettricità supera il reddito annuo. Ma nelle aree urbane dove si concentra il lavoro i costi aumentano in modo rilevante: a Napoli il prezzo del metro quadrato è 12 euro; a Bologna 15,8; a Roma 14; a Firenze 16,7 mentre a Milano la speculazione ha portato le quotazioni all’incredibile cifra di 21 euro in città e 19,2 in provincia. Del resto se ci si allontana dai centri urbani per risparmiare bisogna aggiungere i costi degli spostamenti. A Milano, vera e propria culla di una bolla immobiliare che prima o poi è destinata a esplodere con conseguenze presumibilmente disastrose, a gennaio il biglietto dell’autobus è aumentato a 2 euro e 20. Dal 2011 il rincaro complessivo deciso dalle giunte Pisapia e Sala è stato del 120%, in media il 10% in più ogni anno. Del resto anche usare l’auto è sempre più costoso: da ottobre è attiva Area C, una macro ZTL nel centro di Milano. Ai mezzi più vecchi è vietato l’accesso, ma anche chi possiede un modello meno inquinante deve pagare un ticket giornaliero di 5 euro da lunedì a venerdì 7,30-19,30. A Roma la fascia verde a cui si applicano le limitazioni alla circolazione in  caso di aumento dell’inquinamento e dove da novembre scatterà il divieto per i modelli più inquinanti è stata ampliata, in alcune zone fino a lambire il raccordo anulare, e dal primo di agosto il biglietto dei mezzi pubblici dovrebbe passare da 1,50 a 2 euro.

 

La casa fuori dall’agenda politica

La politica, che accusa i giovani di essere “mammoni”, per parte sua fa poco o nulla per creare le condizioni propizie al distacco. Nel 2013 il governo Gentiloni istituì un Fondo di garanzia l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa, rifinanziato dall’attuale governo e destinato, tra gli altri, ad under 36 e giovani coppie. Ma per quanto riguarda il segmento giovanile non ha funzionato. Nel citato articolo su LaVoce.info, Luciano Monti lo dimostra utilizzando i dati contenuti nel rapporto Il divario generazionale attraverso la pandemia, la ripresa e la resilienza della Fondazione Bruno Visentini. Come si può vedere dal grafico, fatto 100 il 2007, nei dodici anni successivi l’accessibilità alla casa di proprietà (linea verde) migliora di 22 punti, la spesa media per affitto (linea blu) rimane sostanzialmente invariata, ma la percentuale di giovani presso la famiglia di origine (linea gialla) aumenta di oltre 8 punti.

A dicembre il governo Meloni ha respinto gli emendamenti alla Finanziaria che chiedevano di confermare il Fondo nazionale per il contributo affitto e la morosità incolpevole, istituito dalla Legge 431/98, gestito dal Ministero delle Infrastrutture, ma da rifinanziare ogni anno mediante la Legge di Bilancio. Il Fondo, che nel 2022 aveva una capienza di 250 milioni di euro, viene ripartito tra le Regioni, che a loro volta lo ripartiscono tra i comuni ad alta tensone abitativa, cioè con una carenza di disponibilità abitativa (quelli per cui vige anche l’aliquota agevolata al 10% per i contratti a canone concordato), che abbiano attivato appositi bandi. Nella sola Emilia-Romagna, secondo il sindacato Cgil, sono 70.000 le famiglie di aventi diritto che perderanno questa opportunità. Nel Lazio, secondo il Sunia, 50.000. Alcuni consigli comunali nel frattempo hanno impegnato i sindaci a chiedere, tramite l’Anci (Associazione nazionale Comuni d’Italia), il ripristino del Fondo, ma secondo i maggiori sindacati degli inquilini la forzatura del governo provocherà un’impennata degli sfratti e del conflitto sociale. Da giugno poi, secondo l’Unione Inquilini, 600.000 nuclei familiari insieme al reddito di cittadinanza perderanno il contributo affitto collegato, fino a 280 euro al mese.

Secondo Emiliano Guarneri, presidente del Sunia di Roma, il problema di fondo è la totale inadeguatezza delle politiche sulla casa. “Se la casa non torna a essere un elemento costituente del welfare, e ciò significa anche un tentativo di controllo pubblico sul mercato, ma continua a essere considerata solamente un investimento, non avremo mai un’inversione di tendenza. Il problema dei giovani si colloca in questo contesto più generale”. Per fare questo passo avanti, però, prosegue Guarneri, bisogna far rientrare la questione abitativa nell’agenda politica.

Rincara la dose Massimo Pasquini, storico dirigente dell’Unione Inquilini, precisando che “Non solo la casa non è in agenda, che al limite potrebbe essere una scelta politica deliberata, ma, parlando con parlamentari, ministri e assessori spesso si ha la sensazione che la politica non abbia neppure una percezione del problema”. Persino le istituzioni sovranazionali sono preoccupate per questa sottovalutazione. “A settembre – aggiunge Pasquini – la Commissione diritti umani dell’Onu ha verificato lo stato di attuazione dei diritti umani in Italia e ha chiesto al governo di aumentare i contributi affitto. E il governo cosa fa? Li azzera, creando le condizioni di una vera e propria emergenza sociale. Stamattina a Padova un bambino durante una procedura di sfratto è svenuto ed è stato portato al Pronto Soccorso.”

Anche secondo Angelo Fascetti, di Asia Usb, per venire incontro ai giovani di cui la politica si riempie la bocca nei talk show cianciando di “società della meritocrazia”, le ricette sarebbero tante, ad esempio le misure volte a incentivare gli affitti a canone concordato attraverso una modifica della legge 431/98, un aumento delle detrazioni nell’affitto in modo da favorire l’emersione del mercato nero e l’introduzione dell’intermediazione immobiliare pubblica o, infine, le tradizionali politiche di sostegno economico. “Ma si tratta in ogni caso di semplici palliativi. L’unica soluzione radicale realmente efficace è una ridiscussione complessiva del sistema di regolazione del settore che ridimensioni il dogma proprietario che sta stritolando il paese”.

Insomma i tempi in cui in Italia si fregiava di essere l’unico Paese in cui tutti, classe operaia inclusa, potevano diventare proprietari della propria abitazione volgono al termine. E salari bassi, occupazione intermittente e un mercato immobiliare sottratto a qualunque forma di controllo sociale e preda della speculazione sono i potenziali ingredienti di una vera e propria bomba sociale per i decenni a venire, di cui le nuove generazioni potrebbero rappresentare la miccia.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.