Tutto come previsto, tranne l’astensionismo record

Le elezioni regionali sono terminate, il centrodestra (o destracentro, soprattutto) ha vinto e Francesco Rocca sarà il prossimo presidente del Lazio. Era una vittoria annunciata, anche perché la maggioranza uscente, centrosinistra (cioè Pd più partitini alleati) più M5s, è arrivata al voto divisa.

Quello che non era prevedibile (e previsto) era la portata percentuale della vittoria di Rocca, che ha superato il 50%. Ma questo è probabilmente anche un effetto del calo record dell’affluenza, giunta al limite più basso nella storia del voto nel Lazio (e a Roma), e che ha penalizzato soprattutto il centrosinistra, il cosiddetto Terzo Polo e il M5s. Certamente, però, c’è anche un “effetto Meloni”: la visibilità della premier, da poco più di 100 giorni al governo, ha portato Fratelli d’Italia a essere il primo partito e ha spinto tutta la coalizione.

Il Pd ha tenuto, ottenendo il 21%  – nonostante in questa fase sia concentrato soprattutto su se stesso, per le primarie sul nuovo segretario –  mentre il M5s è andato molto sotto le attese, come gli succede spesso nel voto regionale o locale. Anche la lista di Carlo Calenda (e del suo partner in ombra Matteo Renzi) è andata peggio del previsto. Questo però non cambierà a breve i rapporti tra le tre forze politiche: è prevedibile che, in mancanza di novità, la conflittualità-concorrenza continuerà senza sosta fino almeno alle elezioni europee del 2024, nel tentativo di stabilire una supremazia.

La scarsissima affluenza dovrebbe essere oggetto di riflessione di tutte le forze politiche, e soprattutto tra Azione, centrosinistra – non solo il Pd – e M5s. Ma non è detto che sarà così. Perché mentre al referendum chi non vota conta, se non altro per affossare il quesito referendario, in questo caso l’astensione potrebbe al massimo rappresentare un richiamo morale, ma nulla di più. 

In quanto ai tre esponenti principali di questa disfida elettorale, a Francesco Rocca – che viene dall’esperienza in Croce Rossa e che gode di buona considerazione anche fuori dalla sua area politica – tocca dimostrare soprattutto che la destra al governo non taglierà ancora la sanità pubblica né farà saltare i conti, né farà la guerra al Campidoglio in un momento in cui si prepara il Giubileo e la candidatura della città all’Expo 2030 e i rifiuti restano un grosso problema. 

Alessio D’Amato – che in campagna elettorale ha parlato soprattutto del ruolo della giunta di centrosinistra nella lotta al Covid, quando il tema ormai è archiviato di fatto da un pezzo e prevale il desiderio di oblio – si è già dichiarato “capo dell’opposizione”, ma potrà guidare al massimo il Pd in consiglio regionale, ruolo che non dà particolare visibilità, anche se nel Pd sostiene la candidatura a segretario del favorito Stefano Bonaccini, e dunque potrebbe mirare a un qualche ruolo nel partito a Roma. 

Donatella Bianchi, in mancanza di svolte, si avvia invece a fare un tour in consiglio regionale per poi tornare in Rai, come è successo a diversi giornalisti della Radio-tv pubblica che hanno scelto per un po’ la politica.

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