Da Mou a DDR-Capitan Futuro

Per una città smagata, super scettica, che a nulla crede, quanto c’ha regalato Mou è tanto, e lo deposita nelle mani di chi viene dopo, a quel Daniele De Rossi che non deve temere inesperienza e voci malevole: deve invece affidarsi alle sue antenne sensibili, a quello che è, perché nessuno vince niente se non combatte con se stesso.

Foto pubblicata sulla pagina Twitter della AS Roma

L’ultimo regalo è in un reel, su Instagram. La scritta recita “Sudore, sangue, lacrime, allegria, tristezza, amoR, fratelli, storia, cuore, eternità”,  mentre scorrono una serie di foto indimenticabili: abbracci e pianti, e lui che corre sotto la Curva, e ancora davanti al Colosseo, il bacio della coppa europea, conquistata dopo tanto, troppo tempo, e poi quando prende per mano  “il Bambino”, quell’Edoardo Bove diventato grande con lui, che lo tira in mezzo al campo come un padre, e ci sono le lacrime, le nostre e le sue, c’è il gruppo stretto e compatto a Budapest in quella vittoria persa, e Dybala che lo stringe, e Mancini che lo solleva, e noi e lui, con quello striscione che sigilla la fine e l’inizio, lì dove il tifo non manca mai, lì c’è scritto: “Gli occhi inebriati di giallorosso, l’anima pervasa dal romanismo…Josè Mourinho romanista a vita! Curva Sud”.

E tutto questo poi per cosa? Per una società che di errori ne ha fatti tanti, e non ha poche lacune, con una gestione facilona, poco consapevole dell’ambiente  e di cosa sia una squadra di calcio; e allora punta a un colpo ad effetto, per risollevare le sorti di un’annata nata storta: si sapeva da prima dell’estate, per esempio, che la Roma aveva bisogno di un centravanti, e Lukaku e arrivato solo dopo l’inizio del campionato, grazie anche al sostegno del nostro; si sa, per esempio, che l’infermeria della squadra è piena, che la difesa è inventata di partita in partita, che Renatino (Sanches) è stato un miraggio, mai diventato realtà…
E allora i Friedkin chiamano furbescamente – senza neanche troppo genio – una gloria intoccabile per ogni romanista, chiamano DDR per mettere fuori Mou, per togliere l’ormai indigesto portoghese e placare i sentimenti volubili del popolo giallorosso; lo fanno con un colpo a sorpresa, inaspettato e in qualche modo spettacolare, quella che noi chiameremmo ‘americanata.

La chiave di Mou non è mai stata il bel gioco, anche se la partita con l’Atalanta smentisce questa affermazione; Mou è stato per la Roma altro, senza dimenticare la valorizzazione dei giocatori della Primavera, i  sold out all’Olimpico post Covid,  i campioni arrivati con una sua telefonata, un titolo europeo vinto dopo 70 anni, uno rubato e uno da giocare, e lascia la Roma a 5 punti dalla quarta in classifica. 

Cosa è stato Mourinho? Tante cose. Alcune però le ha dette bene Matteo Nucci, scrittore che ha Josè ha dedicato un libro di filosofia antica, Il grido di Pan, quando scrive che è riuscito a fare tre cose straordinarie: “La prima da noi è commovente: portare la squadra sotto alla curva dopo una sconfitta e riuscire nella magia di giocatori che applaudono il pubblico e del pubblico che applaude la squadra. La seconda è struggente per chi è abituato all’amarezza che domina a Roma, ovvero quella predisposizione a considerare inutili lo sforzo e la tenacia fino all’ultimo respiro. Mai io avevo visto questa squadra recuperare e ribaltare partite decisive negli ultimi minuti.”. E terzo: “Nel lavoro di questo allenatore che cerca solo impegno e volontà, le fondamenta affondano in una banalità, ossia che fallire si deve per vincere. Solo che la parola deve sempre dire altro. Deve semmai farsi muta. Visto che quello a cui mira è l’impresa anche quando l’impresa è impossibile. Per questo, la partita più bella che io possa ricordare ora è Leverkusen – Roma, semifinale di una coppa mai persa ma persa, partita in cui il cuore di giocatori e spettatori, grazie alla parola del sapiente, è entrato in un’altra dimensione, regalandoci quel tocco di effimero che si fa eterno”.

E allora torniamo all’”ultimo regalo”, a quel reel pubblicato da Mou, che insieme alle foto ha una canzone di sottofondo, Nelle tue mani, cantata da Andrea Boccelli. Il testo della canzone dice:  “In ogni attimo / Tu potrai scegliere / E non dimenticare che / Dipende da te”, perché il sogno si avveri e diventi realtà, “credi in te”, fai crescere “la tua passione”, e sarà lei “tra mille sfide” a guidarti, e “non temere/se resti puro nell’anima. /E anche quando avrai /Qualche incertezza /Sarà il coraggio a decidere / Credi in te”

Per una città smagata, super scettica, che a nulla crede, quanto c’ha regalato Mou è tanto, e lo deposita nelle mani di chi viene dopo, a quel Daniele De Rossi che non deve temere inesperienza e voci malevole: deve invece affidarsi alle sue antenne sensibili, a quello che è, perché nessuno vince niente se non combatte con se stesso. Credici DDR, dipende da te!

 

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