La spiaggia irraggiungibile

Ma quante volte l’ho raccontata questa storia qua?! Ma almeno tante quante l’ho ascoltata! Io a Ostia ci sono proprio nata, e in anni in cui serviva una certa ostinazione nel partorire ad Ostia, visto che neanche un ospedale c’era. Difatti sono nata alla “clinichetta” e di notte e proprio in una notte in cui il mare era spazzato dal vento, tanto che mia madre se ne ricorda il fragore ad accompagnarla durante il travaglio. 
Amo pensare a questo momento come ad un imprinting perché io il mare lo sento. Non solo devo ascoltarne il rumore, ma ho bisogno di allungarci lo sguardo, respirarci insieme, assaporarne il sale. Anche in questo starsi a sentire serve parecchia ostinazione, la determinazione di chi resiste nonostante lo scempio, gli abusi, le lottizzazioni e i tanti abbandoni istituzionali. Queste spiagge, a due settimane dall’apertura della stagione estiva, sono ormai le evidenti ferite causate dall’incuria e dalla speculazione.

Gli accessi bloccati dai cantieri, che alternano ruspe a degrado, sono il primo impatto cercando di raggiungere la spiaggia, la cui fruizione dovrebbe essere garantita per l’intero anno.

Ormai siamo così abituati alle emergenze e hai tentativi di ripascimento che non fanno altro che peggiorare la situazione della costa, che riusciamo a goderci anche le domeniche vista cantiere.

E se da una parte ci raccontiamo di una spiaggia, quella di Ostia, fatta di sport e divertimento a portata di centro città,

dall’altra, per un lungo tratto tra le stazioni di Castel Fusano e Colombo è del tutto impossibile accedere. Solo un susseguirsi di bar, ristoranti e campi sportivi senza alcun accesso alle spiagge a ai 5 metri di battigia che dovrebbero essere garantiti per tutta la cittadinanza. In questa Roma da bere sembra non esserci più spazio per queste acque.

Molte spiagge tentano di salvare la propria porzione di arenile costruendo barriere a discapito degli arenili attigui, causando un effetto domino di erosione e crolli delle strutture in cemento.

E mentre alcuni stabilimenti affiggono cartelli per interdire gli accessi facendo riferimento ad un’ordinanza della Capitaneria di Porto n. 144/2023, le macerie e detriti restano in acqua ormai da mesi.

Se prima il triste tratto distintivo del mare di Roma era che non lo si poteva vedere, ormai abbiamo raggiunto il tragico risultato di non poterlo più neanche raggiungere, ostaggio delle strutture di cemento che lo occupano.

Anche il paesaggio negli ultimi 40 anni è del tutto cambiato. La sabbia caratteristica della spiaggia di Ostia ha lasciato il posto ad una polverosa rena di cava.

Una mutilazione dopo l’altra hanno totalmente stravolto l’ambiente naturale ed il paesaggio. 

Anche il noto trampolino del Kursaal, stagliato tra baretti e ambienti di servizio, perde la sua verticalità, restituendoci a delle spiagge ormai prive di sabbia.

L’indifferenza e la capacità di adattamento allo scempio hanno reso il litorale romano territorio  da predare e depredare.
Io il mare lo sento, ma con questo mare qua ormai c’è rimasto poco da stare a sentire.

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