Il ritorno del Boombox: a Roma Tre una mostra su un simbolo dell’hip hop

La mostra prevede l’esposizione di circa un centinaio di radioregistratori d’epoca (1980-1990), oltre a una performance multimediale che si terrà in occasione della giornata di inaugurazione.

Il progenitore della cassa bluetooth? È il ghettoblaster o boombox, il radioregistratore a cassette di dimensioni mega che tra la metà anni Settanta e l’inizio dei Novanta serviva a portare letteralmente la musica per strada. Alimentato di solito da batterie del tipo torcia e dotato spesso, ma non sempre, di doppia piastra – per duplicare le cassette ma anche per improvvisare mix artigianali – è diventato un simbolo dell’hip hop: la base su improvvisare il flow di un pezzo rap, la colonna sonora di un’esibizione di brak dance.
Una roba da boomer? Un pezzo di modernariato, certamente, che è al centro di una mostra a ingresso libero – Boombox and the City. Il radioregistratore nella cultura urbana afroamericana, curata da Adriano Elia e Salvatore Marano –  che si terrà dal 7 al 24 maggio presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre. 

Negli Stati Uniti, è scritto nella presentazione della mostra, il ghettoblaster “diventa il marchio distintivo della cultura hip hop, che racconta la storia dell’inurbamento della cultura popolare nera. Legato a doppio filo alla diffusione del boombox, lo sviluppo del rap rappresenta infatti un importante momento di riappropriazione dello spazio urbano e dell’identità negata in simbiosi con quella dei graffiti, della break dance e della nuova street art”.

Oltre all’esposizione di un centinaio di pezzi d’epoca, la mostra presenta anche la performance Radio Numbers 0.5.5 di HHYBRYDD (alias Marcello Scuderi, che si definisce “Video Poet Video Artist based in Paris”). Quello delle Numbers Station è un tema ancora piuttosto misterioso. Si tratta di stazioni radio che trasmettono in onde corte messaggi cifrati, numeri, lettere, in telegrafia o in fonia in varie lingue, negli ultimi anni hanno iniziato a trasmettere sequenze digitali di bit. Ufficialmente si ignora da chi vengono gestite queste stazioni(particolarmente attive durante gli anni della Guerra Fredda), da dove trasmettono, qual è il contenuto dei messaggi ed a chi sono destinati. La teoria che circola maggiormente è che si tratti di trasmissioni rivolte ad agenti segreti. La performance ruota attorno a una radio che trasmette misteriosi messaggi cifrati realizzati da HHYBRYDD, partendo da materiali audio d’archivio e messaggi in codice. L’artista “immagina di dar voce a un’entità pacificatrice, della quale gli spettatori scopriranno l’identità durante un’esperienza sensoriale della durata di 10 minuti”.

L’inaugurazione della mostra avverrà martedì 7 maggio alle 10.30, in particolare con gli interventi di Adriano Elia (Università Roma Tre), “Tra testo e performance”; di Salvatore Marano (Università di Catania) “Il boombox come icona culturale”; di Sebastiano Nucifora (Università “Mediterranea”, Reggio Calabria), Oggetti a reazione urbana e Maria Paola Guarducci (Università Roma Tre) con Francesca Terrenato (Sapienza – Università di Roma) “Boombox and the township: il Sudafrica”.

La mostra resterà aperta fino al 24 maggio dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19.30, la domenica dalle 10 alle 19.30 presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, in via Gabriello Chiabrera 119 (zona Basilica San Paolo, fermata metro B). Ingresso libero.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.