I “tag” della Roma antica

“Hic fuit”, ovvero “sono stato qui”, una scritta cui segue spesso una sigla o una firma. I muri di Roma sono stracolmi d’incisioni di questo tipo. Anche su monumenti importanti, oggi patrimonio Unesco. Se non fosse per l’uso del latino, che ci lascia un po’ stupiti, verrebbe da pensare che siano l’opera di qualche irrispettoso writer, che ha lasciato il suo “tag” per segnalare il proprio passaggio. E in effetti, è proprio così. Anche se quel writer che ha istoriato la sua scritta sul muro, è vissuto a volte mille, a volte duemila anni fa.

Già, perché chi pensa che i writer siano un fenomeno contemporaneo e il segno del degrado dei nostri tempi, sbaglia di grosso. Le incisioni sul muro esistono da millenni. Anzi, sono forse il primo segno della civiltà umana: indicano la fine della preistoria e l’inizio della storia, che ha avuto avvio proprio quando si cominciarono ad “istoriare” le cose, cioè a inciderle, a disegnarle, a scriverle, prima sui muri delle caverne e poi su quelli delle città.

E non c’erano certamente solo gli artisti rinomati e i grandi uomini a svolgere questo compito di “incidere nella storia”. Tutti, in fondo, da sempre, vogliamo lasciare un segno del nostro passaggio nel mondo. A partire dai milioni di semplici cittadini, turisti, pellegrini che – nel corso dei suoi quasi tremila anni di vita – attraversarono le vie della Città Eterna.

Fu così che in molti, durante il loro passaggio, hanno lasciato a Roma un ricordo indelebile, un pensiero, una poesia, a volte anche un’offesa o uno sberleffo, creando uno sfregio a diversi monumenti, ma anche regalandoci una preziosissima testimonianza, utile per ricostruire le usanze del passato, per comprendere il modo di pensare di un tempo, a volte anche in modo più efficace dii ciò che è possibile scoprire analizzando i monumenti stessi.

I tag di epoca classica

Nell’antica Roma, scrivere sui muri era un divertimento comune. Ne sono esempio le grande quantità di graffiti trovati negli scavi di Pompei, dove le scritte di questo tipo incise si muri della città, sono centinaia e assomigliano molto a quelle che oggi potremmo trovare nei bagni di un Autogrill, in quanto a sfrontatezza e scurrilità.

Si va dal più tenero “Rufus ama Cornelia”, al più truce “Sollemnes, tu scopi bene”, alle vanterie del tipo “Ho scopato un mucchio di ragazze qui”. E questo linguaggio non era certo un’esclusiva dei pompeiani. Roma, anzi, anche in queste scurrilità, non sfigurava affatto nel suo ruolo di Capitale.

Nel tempio di Iside, un tempo presente nei sotterranei dell’attuale basilica di Santa Sabina sull’Aventino, sono stati scoperti graffiti ad altissimo contenuto sessuale: “Lo ficco in gola a Fausto, Oppio, Rufo”. Oppure richieste esplicite e dirette, come un famoso: “Ti prego, incul…”

Poi, per fortuna, c’erano anche frasi più poetiche, oppure giochi di parole, come quello rinvenuto sotto la basilica di Santa Maria Maggiore, in uno spazio in cui, nel primo secolo dopo Cristo esisteva un’osteria, nella quale i clienti si divertivano a scrivere sui muri frasi un po’ più ricercate, come il palindromo “Roma summus amor”, ovvero Roma, sommo amore.

Oppure frasi votive e religiose, molte delle quali rinvenute nelle Catacombe di San Sebastiano e risalenti al terzo secolo, epoca durante la quale, in quel luogo, era forte il culto per i santi Pietro e Paolo, al punto che qualcuno incise la scritta: “Paule ed Petre petite pro Victore”, cioè Pietro e Paolo intercedete per Vittore.

I tag medievali

Nel medioevo le frasi diventano ancora più sintetiche e concettualmente ancora più simile ai nostri tag. In concomitanza con l’esplosione dei pellegrinaggi, la frase che più spesso si vede graffiata sui muri di chiese e luoghi di pellegrinaggio è “hic fuit”, che significa io sono stato qui, a volte accompagnata da un nome, più raramente da intere frasi o invocazioni.

In epoca più tarda, è curioso il caso della chiesa di Santa Costanza, che, avendo la volta decorata da scene con viti e uva, nel Seicento fu scambiata da alcuni olandesi per un antico tempio del dio Bacco e perciò utilizzata per le proprie bevute, con i nomi dei partecipanti rimasti incisi sul muro.

Non mancano nemmeno le firme d’autore, lasciate impresse su qualche monumento, come ad esempio quella dell’artista Giovan Battista Piranesi, tracciata in modo indelebile all’ingresso del complesso monumentale di Villa Adriana, a Tivoli.

Piccoli segni di un passato vissuto da persone, per molti aspetti, assai simili a noi. Fotografie e squarci sulle società che le hanno prodotte. Ferite fatte, ieri come oggi, sul corpo vivo di tante meraviglie artistiche, ma ieri come oggi, al tempo stesso voci che arrivano a parlarci in modo più autentico e diretto di ciò che si cela nell’animo umano.

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